Psi, ritratto di famiglia con tele-saluto di Craxi

Psi, ritratto di famiglia con tele-saluto di Craxi Psi, ritratto di famiglia con tele-saluto di Craxi ALL'EROI FE PROMA RIMA scorrono i titoli di testa: la prosa d'altri tempi di sua Eccellenza Filippo Mancuso, le parole aguzze di Luca Josi, le parolacce di Vittorio Sgarbi. Poi, ecco che nella sala dell'hotel Ergii fe di Roma dove si riunisce-la «Giovine Italia» (l'organizzazione «paracraxiana» inventata da Josi), si spengono-,le luci,- e sullo schermo appare l'uomo di Hammamet. In sahariana, seduto dietro una scrivania, con un tagliacarte in mano, che fa roteare come fosse un coltello, Bettino Craxi pronuncia il suo «saluto» all'assemblea, tutto infarcito di «basta» come la lettera di dimissioni che Di Pietro inviò a Prodi. Quel messaggio è intriso di un nemmeno tanto vago senso di morte. Non a caso, inizia con un omaggio ad un «grande presidente», ormai scomparso, Pertini, e prosegue con una carrellata di politici che non ci sono più. Nel tessere le lodi del governo da lui presieduto, infatti, Craxi si esprime così: «Voglio ricordare innanzitutto quelli che se ne sono andati: Donat Cattin, Goria, Spadolini, Visentini. E qualche merito, per ultimo, va anche al sottoscritto». E il sentirlo accomunarsi a quei personaggi lascia a disagio la platea, a cui l'ex leader socialista si rivolge come un presidente del Consiglio in esilio. Tant'è che, calatosi nella parte, non manca di indirizzare un saluto anche al «Santo Padre». Non solo: per congedarsi dai «suoi» militanti che lo applaudono forsennatamente, alza l'indice, mimando il gesto «che i patrioti facevano indicando che l'Italia è una». L'Italia, sì, quella che secondo Craxi è ormai diventata un'«Italietta» per colpa di una «falsa rivoluzione». Ed ecco che finalmente le luci si riaccendono sul migliaio di «fedelissimi». E illuminano Federico, nove anni, la bandiera della «Giovine Italia» al collo. E' il figlio di Stefania Craxi, e per stessa ammissione di sua madre è «uguale al nonno», di cui ha ereditato i tratti del viso e la statura. Oltre che una certa irruenza che lo porta a dire, prendendo a «schienate» un fondale, «adesso faccio cadere questa "casa"». Ma che platea è quella dell'Ergile? Eterogenea. Innanzitutto c'è la famiglia craxiana in senso lato. Ossia Bobo, che dice: «Mio padre deve avere per i socialisti il ruolo di Saragat e non quello di Tanassi». E che poi aggiunge: «Noi dobbiamo fare atto di contrizione, ma non scusarci». E c'è Stefania, ma anche Massimo Pini, il quale si innervosisce quando qualcuno gli chiede come mai sta lì, lui che è passato con An: «Non è vero sbotta - che tutta Alleanza nazionale è giustizialista: c'è pure uno come Maceratini». Poi ci sono l'autista di Craxi, Nicola Manzi, il suo fotografo personale Vittorio Ciccone, Margherita Boniver e Walter De Ninno, braccio destro del defunto amministratore del psi Vincenzo Balzamo. E quest'ultimo è il protagonista di un ffuori programma» con un giornalista del «Manifesto». Stefania Craxi, infatti, stu- fa delle domande dei cronisti (a cui ripete «quest'Italia non mi piace e per me non è facile viverci»), intercetta De Ninno e gli chiede: «Racconta come davi i soldi a Valentino Parlato». L'ex braccio destro di Balzamo non si fa pregare: «Io con Parlato - spiega - ero amico. Dopo la trasmissione in tv con Bettino ci siamo incontrati per parlare di quello che era successo. Lui poi ha rilasciato delle dichiarazioni su questa storia, e io volevo fare una precisazione, ma Craxi mi ha detto di lasciar perdere, perché gli era dispiaciuto inguaiarlo e non voleva che la cosa avesse un seguito». Ed è a questo punto che il giornalista del «Manifesto» interrompe De Ninno per dirgli: «Quei soldi, che sono stati restituiti, erano un prestito perché in quell'anno rischiavamo la chiusura». «Restituiti... ribatte De Ninno - mah... eppoi quello non fu l'unico anno in cui il Manifesto ha corso il pericolo di chiudere... comunque noi davamo i soldi a molti, per esempio a chi era contro il pei, e abbiamo fornito un contributo anche ad un giorna¬ le di destra...». L'imbarazzante «siparietto» si chiude, ma il «Manifesto» di lì a poco tornerà alla ribalta grazie a Sgarbi che dal palco dirà: «Quelli hanno preso i soldi pure da Orazio Bagnasco». In platea, però, non c'è solo la famiglia craxiana. Le telecamere del Tg3, che volevano inquadrare De Ninno, e che si sono ritratte di fronte al contenuto dei suoi discorsi sul «Manifesto», sorprendono l'ex vice-direttore del Tg2 Giuliana Del Bufalo. E in prima fila c'è Nemer Hammad, rappresentante dell'Olp in Italia. Per lui Craxi resta «un grande statista e un grande amico che ha aiutato i palestinesi». «Noi gli siamo ancora amici - aggiunge - perché i veri anùci si vedono nel momento del bisogno». Poco più in là siede Mancuso. Quando interviene la platea si alza in piedi per applaudirlo. L'ex Guardasigilli sembra un po' imbarazzato di trovarsi lì. Però dice anche che lui e Josi hanno un «avversario comune». E non c'è dubbio che si tratta di quello che il promotore della «Giovine Italia» defini¬ sce il «pescivendolo della morale». Ovvero Di Pietro. E infine c'è Sgarbi che dice esattamente ciò che i fedelissimi di Craxi vogliono sentirsi dire. Prima prende in giro l'ex ministro dei Lavori Pubblici: «Penso che non abbia preso una lira - osserva - perché si accontentava di qualche Mercedes». E poi prosegue così: «Cinque anni di rivoluzione per condannare Citaristi, mandare in galera Cusani, e lasciare in libertà Scalfaro, De Mita, Amato e Mancino. Cinque anni di rivoluzione per ritrovarsi con questo trittico: la vacca pazza, la Bindi e la Bocassini...». Ma la vera ovazione Sgarbi la riceve alla fine, quando grida «Craxi è innocente». Poi le luci si spengono e «l'innocente» irrompe sullo schermo con il tagliacarte nella mano destra.... Maria Teresa Meli Lo ascoltano i figli e il nipote Lui «armato» di un tagliacarte dice «basta» e saluta anche il Papa Bettino Craxi sullo schermo dell'Ergife A ds. i figli dell'ex leader psi all'assemblea della «Giovine Italia»

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