L'ombra del Grande Nemico sui sogni del professor Romano

L'ombra del Grande Nemico sui sogni del professor Romano L'ombra del Grande Nemico sui sogni del professor Romano cordo di cambio entro, la fine del '96, e quindi la condanna ad agganciare l'Urne del '99 non con il Tgv dei grandi d'Europa, ma con la tradotta dei «cugini poveri» di sempre. Di qui le sottili incomprensioni, o i palesi sgambetti. Alimentati, in qualche caso, dai reciproci, ruvidi caratteri. E' il caso del tumultuoso rapporto tra Dini, ai tempi in cui era presidente del Consiglio, e il presidente francese Jacques Chirac. Anche Lambertow, sia pure senza un'inequivocabile determi¬ nazione, pensò da premier a riportare la lira nello Sme: ma lo strappo con la Francia sugli esperimenti nucleari di Mururoa escluse alla radice la possibilità, ove mai questa fosse stata davvero presa in considerazione da parte del governo italiano, di riproporre la questione, senza incappare nel muro di Parigi. Un problema che ha avuto chiaro ben presto anche Prodi: «I rapporti con Chirac sono ottimi sul piano personale - confidava il premier ma pessimi a livello di governi, do¬ po quello che è successo ai tempi di Dini». E una riprova, se mai ve ne fosse bisogno, l'abbiamo avuta con le sortite anti-italiane più recenti dello stesso Chirac: che prima ha sparato a zero contro la lira e la svalutazione competitiva di cui l'Italia ha beneficiato in questi anni, poi ha detto che mai e poi mai il Belpaese ce l'avrebbe fatta ad entrare in Europa con il gruppo di testa. C'entra anche il carattere, il temperamento delle persone, insomma, ma è solo un di più, che si aggiunge e semmai incarognisce solo un po' la questione già di per sè rognosissima: e cioè, appunto, l'«argent». Perché quando in quei giorni di scontro italo-francese si udiva la voce altera di Chirac, nelle sue parole risuonava in realtà quella dei Jacques Calvet della Peugeot, dei Louis Schweitzer della Renault, oltre che di quelle centinaia di migliaia di anonimi ma assatanati «entrepreneurs». Cioè la voce del grande apparato capitalista transalpino e quella dei piccoli imprenditori di provincia, tutti accomunati da un calo dei margini e dalla convinta e automatica attribuzione del medesimo a «les italiens», così ostinatamente furbi e inaffidabili, eppure graziati da un regime di «vacatio» nel cambio scandalosamente favorevole, che ha aperto ricche autostrade ai loro prodotti verso i mercati d'Oltralpe. Un Sistema-Paese ferito che - come si ricorda in questi giorni in Bankitalia trovò persino altrettanto scandalosa la riappacificazione che lo stesso Chirac (voi capite, un leader neogollista!) ebbe pubblicamente con Prodi, al vertice di Napoli, che finì non con le scuse, ma almeno con qualche pacca sulle spalle di Romano da parte del Presidente francese. Ieri, a Palazzo Borchette, Mario Draghi e Pierluigi Ciocca hanno cozzato proprio contro gli avamposti di quel Sistema-Paese. Oggi, a Ciampi, toccherà la stessa sorte. E sarà dura, anche se Carlo Azeglio, stavolta, non si presenta come Amato nel '92: nonostante tutto, l'Italia di oggi è davvero un'altra cosa. Massimo Giannini li presidente della Commissione europea Jacques Santer

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