Bielorussia strage rinviata

Firmato l'accordo voluto dai russi ma manca la ratifica del Parlamento Firmato l'accordo voluto dai russi ma manca la ratifica del Parlamento Bielorussia, strage rinviata Fragile tregua tra deputati e presidente REPORTAGE LE SCHEGGE DELL'IMPERO SOVIETICO MINSK DAL NOSTRO INVIATO «Vuole una sintesi giornalistica? Eccola: la dittatura in Bielorussia salvata dalla democrazia russa». Lo scrittore Vassil Bykov si stringe nelle spalle con un'aria rassegnata. La notte è stata tempestosa e inquieta, piena di misteri e riunioni, di voci incalzanti e di smentite precipitose. Gli atterraggi di aerei nomenclaturistici si erano succeduti in serata. Prima erano arrivati Ghennadij Selezniov ed Egor Stroev, presidenti delle due camere del Parlamento russo; poi nientemeno che Viktor Cernomyrdin, il premier. Luci accese nel Parlamento e nella residenza presidenziale. Da una parte i due russi si incontravano con il loro omologo bielorusso, Semion Sharezkij. Destini fin troppo incrociati: tutti e tre comunisti allora, tutti e tre ai vertici di parlamenti democratici adesso, e tutti e tre, in fondo, comunisti anche ora, sebbene due su tre sotto sigle un po' più ambigue (Selezniov non ha cambiato neanche l'etichetta). Cernomyrdin incontra il presidente Alexandr Lukascenko. Ma le due missioni sono in realtà una sola. Da Mosca è arrivata l'intera direzione russa, quasi al completo, con un obiettivo comune: impedire che la contrapposizione tra presidente e Parlamento bielorusso si accentri trasformandosi in scontro aperto, con l'uso della forza. Ma non è impresa facile. Per tre ore, da una parte e dall'altra, si fa opera di convinzione separata. Nel vicolo Voiskovoj si tratta di neutralizzare Lukascenko, mentre in piazza Nezalenashi bisogna bloccare i deputati. A mezzanotte in punto telefonate si intrecciano, rapidi accordi si stipulano. I tre dei parlamenti vanno alla residenza dei due rappresentanti degli esecutivi. E qui comincia la maratona più dura: solo dopo altre sei ore e mezzo si troverà un compromesso. Ma non è ancora finita perché nella notte il Parlamento non ha ratificato l'accordo, che richiedeva i due terzi di sì e invece ha avuto meno di cento voti a favore sui 199 complessivi. Una nuova votazione è rinviata a martedì. Il compromesso (se verrà ratificato martedì) è semplice, in apparenza. Lukascenko aveva fatto una grande concessione: aveva rinunciato a considerare vincolante il risultato del referendum (per cambiare la Costituzione a suo vantaggio) che lui stesso ha voluto, indetto, organizzato, finanziato e il cui esito - favorevole per lui, si intende era scontato fin dall'inizio. In cambio Sharezkij gh aveva concesso l'interruzione della procedura di impeachment: solo un mezzo regalo perché Lukascenko sa bene che, anche se la Corte Costituzionale decidesse che sì, il presidente ha violato ripetutamente la Costituzione, l'impeachment non passerebbe mai in un Parlamento dove non esistono i due terzi necessari. Anche perché dei 260 deputati che dovrebbero comporlo solo 199 sono già stati eletti, Dio solo sa come, e gli altri 61 non lo sono mai stati (dove avrebbero sicuramente vinto gli oppositori) perché Lukascenko ha ordinato che le elezioni dovevano essere invalidate. Ma dopo che il Parlamento non ha ratificato il compromesso, il presidente ha deciso a sua volta di non sentirsene vincolato e nella notte ha annunciato che l'esito del suo referendum torna ad essere vincolante. Tutto torna nell'incertezza ma di sicuro c'è che finora la trattativa ha evitato la guerra civile. Comunque i russi si sono comportati come l'arbitro che rinvia l'incontro per impraticabilità del campo. Chi vince si sa già. Nel frattempo si nomina una Assemlea Costituzionale - si fa per dire paritaria: 50 deputati al presidente, 50 designati dal Soviet Supremo in base alle sue frazioni. Lukascenko la presiede e il suo voto non sarà neppure necessario perché, nella metà riservata al Parlamento, il presidente troverà di certo un bel gruppo di sostenitori. Per giunta l'Assemblea Costituzionale dovrà tenere conto della «ubera volontà» espressa dai cittadini nel referendum. Che plebiscitariamente darà ragione al presidente, anche perché basta tenere accesa la radio o la tv per sentire e vedere soltanto Lukascenko, le sue ragioni, la sua saggezza. Sharezkij firma, Lukascenko firma. E fa sapere, minaccioso, che se i deputati non ratificheranno, lui prenderà per buono il risultato del referendum di domenica. Poi tutti a dormire. E la mattina i primi due deputati che incrocio, il comunista Chukin, e il liberale Dobrovolskij, appaiono uniti nella lotta contro l'intesa della notte. Per Semion Sharezkij comincia il calvario: convincere i suoi che non li ha traditi. Un tira e molla che dura tutta la giornata. Intanto la Corte Costituziona rinvia riunione e decisione sull'impeachment. E alla fine il Parlamento accetta in via di principio il compromesso pro¬ posto da Mosca. Vassil Bykov, il più importante scrittore bielorusso vivente, si alza dalla sua poltrona un po' lisa, nella sua casa molto sovietica, per mostrarmi una cosa nera che sta sulla sua scrivania: «Vede? Questa è una cimice. L'ho trovata ieri nel mio telefono». I servizi segreti di Lukascenko non perdonano i sostenitori del Fronte popolare: «Ecco! L'integrazione tra i Kgb l'hanno già fatta. E la privatizzazione in Bielorussia la fanno i co- lossi russi, comprandosi, come la Lukoil, per un tozzo di pane, le nostre raffinerie, le nostre fabbriche di trattori e di automobili. Adesso si parla di privatizzare le ferrovie bielorusse. E sappiamo già chi sarà l'acquirente: i russi». Ma lei, gli chiedo, è contro l'integrazione? «Macché! Io voterei a favore con tutte e due le mani, se la Russia fosse un Paese democratico. Ma lassù dominano di nuovo spinte imperiali. Avevo sperato. Niente da fare, qualcuno l'ha già detto, è una questione genetica...» Chissà. Un gruppo di studenti, incontrati a pranzo in un caffè, distribuisce la sua indifferenza in parti uguali tra presidente e Parlamento. Il tassista non ha dubbi, sta con Lukascenko: «Forse un dittatore ci vuole, per un po' di tempo». Auguri. Ma bisogna andare in campagna per trovare la massa di sostenitori della nostalgia verso l'Urss, cioè di Lukascenko, che quella nostalgia ha saputo interpretare meglio di tutti, anche dei comunisti e degli agrari che per questo lo odiano: perchè li ha bruciati sul tempo. Il suo difetto - per alcuni dei suoi ammiratori moscoviti - è che Alexandr Gheorghievich è troppo scopertamente autoritario, impresentabile come partner di una futura Federazione russo-bielorussa. Per altri è troppo zelante nel denunciare la fine dell'Unione Sovietica come atto delittuoso e nel voler ripristinare troppo in fretta e troppo brutalmente due tasselli dell'ex impero: è quello che vogliono anche loro, ma senza guastare i rapporti con gli americani. I «democratici» russi hanno invece mandato a Minsk Galina Starovoitova, la quale sta con il Soviet Supremo, questa volta. Cioè, invertendo le sue posizioni del 1993, sta dalla parte dei potenziali cannoneggiati e contro il probabile cannoneggiatore. Con la stessa motivazione di Vassil Bykov, che è la meno popolare tra tutte, sia a Minsk che a Mosca: no alla fusione tra i due Stati. Più 0 meno come la pensano a Kiev, a Vilnius, a Varsavia e a Washington. E' un'altra scuola di pensiero. Minsk sta dando due cattivi esempi ai popoli dell'ex Unione Sovietica. In primo luogo pretende di far girare all'indietro l'orologio della storia. In secondo luogo, sarebbe una palla al piede per la Russia, ormai lanciata verso il mercato. Ali! Questa Bielarus' ancora così ostinatamente comunista. Alexandr Lukascenko si accomoda sulla sua poltrona. «Come economista è un dilettante, come uomo di potere è un virtuoso», dice Vassil Bykov. Difficile essere nella sua testa, ma Lukascenko è giovane, ha una salute di ferro. In una futura federazione con la Russia si troverebbe al vertice supremo di un grande Paese, con l'aureola di colui che è stato il suo creatore più conseguente, con una grande popolarità tra 1 nostalgici di ogni latitudine. Forte di una spregiudicatezza che gli ha permesso di rimettere in piedi uno Stato di polizia e un potere che sconfina nella più aperta criminalità. Il che non guasta come biglietto da visita per le mafie moscovite. Insomma, la sua ambizione può essere più vasta dei confini di Minsk. Giulietto Chiesa L'opposizione comunista e liberale si era detta pronta a concedere uno stop al processo di impeachment Dopo il voto mancato Lukascenko reagisce «Il referendum sulla mia Costituzione sarà vincolante» mpraticavince si sa i nomina u al ati dal Soe alle sue la presierà neppunella metà to, il prerto un bel blea Costiere conto » espressa ferendum. te darà rae, anche accesa la re e vedere le sue raukascenko minaccioso, ratificheL'integrazione tra i Kgb l'hanno già fatta. E la privatizzazione in Bielorussia la fanno i co- Il premier russo Viktor Cernomyrdin ha mediato con successo fra il presidente e il Parlamento della Bielorussia