«Donne dei clan ribellatevi all'odio»

| Filippa Inzerillo sceglie il perdono: «Riina? Un figlio di Dio che ha sbagliato» | Filippa Inzerillo sceglie il perdono: «Riina? Un figlio di Dio che ha sbagliato» «Donne dei don ribellatevi all'odio» La conversione della vedova del boss PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Educate i figli all'amore». Lo dice Filippa Inzerillo, vedova da 15 anni del costruttore edile-boss Totuccio, alle altre donne della mafia. E le invita a ribellarsi. «Rompete le catene. Tornate alla vita. Lasciate che Palermo rifiorisca sotto una nuova luce nel segno dell'amore di Dio». Parla come un'autentica religiosa e, dopo tanti lutti e atrocità, forse lo è diventata sul serio. Nella villa a tre piani nel cuore della borgata Passo di Rigano, circondata da un gentile palmizio che fa ricordare di essere in pieno Mediterraneo, oggi si stenta a trovare le tracce di un passato neppure tanto lontano. In quella che fu la casa delle congiure mafiose, adesso è un incessante raccogliersi in preghiera con la guida spirituale di un sacerdote famoso in Sicilia, padre Matteo La Grua, il capo dei carismatici di Palermo, ma soprattutto esorcista autorizzato dalla gerarchia ecclesiastica a scacciare il diavolo. Tra autentici bagni di bontà e orazioni per lunghe ore della giornata, Filippa Inzerillo rivolta al cielo ringrazia: «Dio mi ha concesso la grazia del perdono», afferma e ricorda la tragedia della sua famiglia. L'assassinio 1' 11 maggio del 1981 di suo marito a due settimane da quello del capo della mafia palermitana Stefano Bontade, il suo migliore amico. E in alcuni mesi l'armata dei corleonesi di Totò Riina (Luciano Liggio minato dalla tubercolosi ossea e in carcere era già fuori giuoco) sferrò altri feroci attacchi al clan Bontade-Inzerillo. Così fu sequestrato e ucciso il figlio sedicenne di Inzerillo, Giuseppe, che la madre ricorda ora con gli occhi umidi di pianto e sussurri di quel dolore che non cesserà mai. Pino Greco «Scarpuzzedda» amputò un braccio al ragazzo urlandogli: «Così senza quella mano non potrai mai spa¬ rare a Riina». Il corpo mutilato di Giuseppe non fu mai rinvenuto. Uno dei molti casi di «lupara bianca». E nel vortice insanguinato della guerra di mafia scatenata agli inizi degli Anni 80 dal clan dei corleonesi che di lì a poco avrebbe espugnato Palermo morirono anche due fratelli, uno zio, un cugino di Totuccio Inzerillo. Ora al «Giornale di Sicilia» che ha dedicato un ampio reportage a questa donna fiera e forte, Filippa Inzerillo ha confidato tutta la sua angoscia. E anche tutte le sue speranze perché finalmente si cambi. «Grazie al nostro apostolato - afferma - tutta la borgata ha assunto un volto umano e cristiano. Vengono qui a cantare e lodare il Signore. Non vi sono più intrallazzi, non si infrange la legge e non si consumano vendette personali che hanno fatto tante vittime. Ora qui esistono solo i comandamenti di Dio». E Filippa Inzerillo parla di «rivoluzione dello spirito», prosegue con le mani | giunte prima di allargare le braccia: «Ho capito anzitutto che dovevo cancellare il rancore che mi portavo dentro». E chi, se non Totò Riina, il destinatario principale dell'odio e dell'ansia di vendetta che Filippa Inzerillo ha deciso di soffocare? «Lo perdono. Per me non è un nemico. Il mio è stato un calvario, sì, ma lo perdono. Runa la belva? No, non bisogna usare questo nome perché facendolo si commette un'altra violenza. Non esistono belve fra gli uomini. Riina è un figlio di Dio che ha sbagliato. Ha lo spirito malato e dovrebbe pentirsi non dico davanti ai magistrati, ma davanti al Signore prima che sia troppo tardi». «Finalmente una bella notizia», è il commento del procuratore aggiunto della Repubblica di Palermo Guido Lo Forte. Per lui quella di Filippa Inzerillo è una presa di coscienza straordinaria. Antonio Ravidà Padre Matteo La Grua: ha assistito la vedova del boss

Luoghi citati: Palermo, Sicilia