Mancino: lasciamo lavorare il Cda Ci sono ancora tifoserie in campo di Fabio Martini

Mancino: lasciamo lavorare il Cela Mancino: lasciamo lavorare il Cela Ci sono ancora tifoserie in campo AROMA LLE quattro del pomeriggio nello studio di Nicola Mancino squilla la «linea rossa», quella delle telefonate istituzionali: dall'altra parte c'è Luciano Violante, che vuole concordare gli ultimi dettagli del comunicato dei due presidenti «richiamati» dal Capo dello Stato. Presidente Mancino, nella lettera che ha ricevuto da Scalfaro non legge in controluce una critica a lei e a Violante? «Il Capo dello Stato ha precisato che né lui né noi abbiamo poteri di intervento sulla gestione della Rai. Personalmente, mi sono sempre preoccupato di non coinvolgere le presidenze nell'attività del Cda». Prende le distanze dal Cda? «Il Cda gode della sua autonomia e le mie sono dichiarazioni di principio, non una presa di distanza». Ma le accuse di faziosità rivolte alla nuova Rai arrivano da molte parti... «Siamo solo all'inizio di una nuova gestione e il cambio dei direttori, peraltro parziale, non significa un cambiamento automatico di abitudini, deformazioni. La tifoseria non è stata ancora archiviata...». Tifosi dell'Ulivo? «Tifoseria a tutto campo». Dica la verità, si e pentito di qualche nomina? «Un consiglio di amministrazione aveva bisogno di uomini di cultura - e ce ne sono -; di manager e credo ce ne sia più d'uno -; dì profondi conoscitori del diritto e credo ce ne sia qualcuno; di esperti di editoria, comunicazione e spettacolo e ce ne sono. Ciascuno di loro, nelle proprie attività, ha sempre ricevuto rispetto e stima». Mai un Cda Rai ha ricevuto tante critiche... «Diciamolo: c'è stato fin dall'inizio un pregiudizio verso questo Cda, che è stato subito aggredito. Lasciamolo almeno lavorare». Cosa farete lei e Violante? «Davanti al Parlamento c'è la riforma deu'informazione e non si sfugge davanti a questo dovere ricorrendo a capri espiatori prò tempore. E interpretando il senso del¬ l'autorevole invito del Capo dello Stato mi attiverò perché, attraverso incontri col Cda, col garante per l'editoria, con la commissione di vigilanza, con noi presidenti delle Camere si realizzi quel pluralismo che è la ragione stessa del servizio pubblico». Il commissariamento della Rai è un'ipotesi così astratta? «Non siamo a questo punto e comunque non rientra fra le nostre competenze». Presidente, un giudizio spassionato da utente: ha notato qualche scivolata di faziosità? «Qualcuna certamente. Da una parte e dall'altra. Ma è inevitabile. Chi potrebbe controllare preventivamente un'intervista? Sarebbe legittimo? Se poi le devo dire la verità, la televisione non la vedo molto, io sono soprattutto un ascoltatore della radio. Mi sveglio alle 6,30, mi faccio la barba col primo gr, faccio le trazioni, porto il caffè a mia moglie, sento il notiziario delle 7 e alle 8 meno un quarto entro in Senato». Qualche autorevole giurista obietta sulla legittimità della lettera del Capo dello Stato: lei ha qualche dubbio? «No, non ne ho. Cogliendo infatti il senso della sollecitazione, attiverò tutte le iniziative intese a realizza¬ re il massimo del pluralismo». Presidente Mancino, al Senato si ripeterà l'Aventino della Camera? «E' presto per dirlo. Sulle deleghe non credo che una pregiudiziale secca di ritirarle possa trovare il consenso di tutti i gruppi, così come sarebbe sbagliata una pregiudiziale assoluta di immodificabilità. Naturalmente un presidente di assemblea non può intervenire sul merito, può tentare di avvicinare le distanze ed evitare che si dilatino». C'è una novità: il Polo dice che se resta Prodi, loro non si siedono al tavolo delle riforme... «Resto convinto che una delle ragioni che hanno impedito al Paese di ammodernarsi sia stata la sovrapposizione tra ruolo del governo e quello del Parlamento, che ha anche un ruolo costituente. Per anni il potere di interdizione all'interno della maggioranza è stato un elemento negativo. Voghamo ripetere gli errori del passato? Mi auguro che maggioranza e opposizioni si rendano conto che chiamando in causa il governo, compromettono le possibilità di realizzare le riforme». Un invito che vale per Polo e Ulivo? «Certo, vale per la maggioranza, che non può esercitare veti al proprio interno, e vale per la minoranza, che non può chiedere la caduta del governo finché resta minoranza». Lei è così sicuro che la Bicamerale nascerà? «Sono sempre stato dell'idea che una sovrapposizione di un'assemblea costituente sull'attuale Parlamento indebolirebbe le Camere e rischierebbe di portare all'ennesima fine anticipata della legislatura». Non è uno scenario un po' apocalittico? «No. Mi chiedo: chi ci andrebbe nella Costituente? Se ci andassero uomini di pura dottrina sarebbe un bel laboratorio col rischio dell'astrattezza. Se ci andassero anche i responsabili della forze politiche a quel punto in Parlamento chi ci resterebbe?». Chi resterebbe, Presidente? «Resterebbero personaggi minori. A quel punto il Parlamento è delegittimato. Sì, chi propone la Costituente rischia di ammazzare la legislatura». Tra lei e Violante c'è tutta questa concordia come appare? «Sì, siamo amici da molti anni e c'è reciproca stima». A Violante capita più spesso che a lei di essere criticato per il suo interventismo... «Ognuno si comporta come crede. Se taci o se parli, come ricorda un vecchio ritorneilo, c'è sempre chi è pronto a tirarti le pietre...». Qualcuno sussurra: è già partita la corsa per il Quirinale... «Troppo presto, non sappiamo neanche con quale sistema sarà eletto il nuovo Capo dello Stato». Quando partirà la corsa vera, parteciperà anche lei? «Non sono per niente interessato». Fabio Martini ManCi s «Commissariamento? Ci sono stati casi di faziosità ma non siamo a questo punto» «Non c'è alternativa alla Bicamerale altrimenti si svuoterebbe il Parlamento»

Persone citate: Luciano Violante, Mancino, Nicola Mancino, Prodi, Scalfaro

Luoghi citati: Ulivo