Alla conquista dei Popolari

Alla conquista dei Popolari LE MANOVRE ALCENTRO Alla conquista dei Popolari E' l'ultima sfida fra Prodi e D'Alema SROMA FIDANDO la pioggerellina che tormenta Roma, Lanfranco Turci, uno dei fedelissimi di Massimo D'Alema nel pds, alza gli occhi al cielo e si lancia in un altro esempio di quello che nell'aneddotica di Palazzo è ormai diventato uno stile: il lamento dalemiano o, meglio, l'urlo d'impotenza del pds. «Ci mancava solo - ironizza - che il ministro delle Finanze, il timido e introverso Visco, ci comunicasse la storia di fax degli italiani che lo ringraziano per le tasse... Comunque, la storia non è finita, vedremo sul patto per il lavoro, sulle privatizzazioni, sulla manovra aggiuntiva rdi primavera "se 'quéstegoverno può dar retta solo a Rifondazione...». Segue il silenzio imbarazzato che accompagna le minacce che si fanno senza convinzione. E infine, per evitare di alzare le braccia al cielo in segno di resa, l'uomo di D'Alema racconta qual è l'unica speranza di Botteghe Oscure: «La verità è che la partita si gioca nel congresso del ppi. Se fanno segretario Franco Marini, cioè se passa la linea di chi vuol ricollocare il ppi al centro, di chi vuole aprire il dialogo con Forza Italia, allora i giochi si riaprono. Se, invece, passa la linea dell'ex sinistra de, dell'area dossettiana, allora siamo punto a capo». Ci risiamo, nulla è cambiato: come all'epoca del pentapartito erano i congressi delle maggiori forze di coalizione (quelli della de e del psi) a determinare i veri scossoni, i cambiamenti di linea e le crisi di governo, adesso, nella fase del maggioritario «sgorbio» o «incompiuto», solo le assise dei popolari (e quelle della Quercia) possono rivoluzionare gli equilibri nel primo pentapartito di sinistra, cioè nella coalizione che vede insieme, in continuo litigio, pds, ppi, verdi, Diniani-laici vari e Rifondazione comunista. E come allora c'erano le alleanze trasversali tra la sinistra de e la sinistra socialista, tra Bettino Craxi e Arnaldo Forlani, ora Massimo D'Alema spera nella vittoria dell'area che si raccoglie intorno ai vari Marini, Mancino e De Mita, mentre Romano Prodi e Walter Veltroni - per mantenere la situazione immobile - puntano sul successo di quella corrente che mette insieme Pierluigi Castagnetti, Beaniamino Andreatta, Rosy Bindi e Roberto Pinza, cioè sull'area dell'integralismo prodiano. 0, come ultima chance, nella riconferma di Gerardo Bianco alla segreteria, cioè del personaggio che ancora ieri diceva: «Perché dovrei mazziare Bertinotti se viene sulla mia linea?». Eh sì, se non muta niente in quel triangolo formato da Prodi, Rifondazione comunista e Popolari che lo tiene prigioniero, il segretario del pds potrà ripetere all'infinito i suoi sfoghi contro la politica del governo troppo subordinata a Rifondazione, potrà andare avanti nel balletto di interviste botta e risposta con il premier e il suo «vice», ma le cose non cambieranno. Né D'Alema può giocare tutte le sue carte sull'aiuto di un'area frastagliata e divisa come è quella che si raccoglie intorno a Lamberto Dini, che mette insieme ex socialisti, pattisti e seguaci del ministro degli Esteri. Là dentro finora i calcoli personali e di palazzo hanno preceduto quelli politici senza contare che da settimane lo stesso Dini va a sfogarsi al Quirinale contro la «finanziaria senza capo, né coda» e contro Prodt'che-«ha appaltato Palazzo Chigi a Bertinotti». Tante parole seguite da pochi fatti. Ecco perché non deve meravigliare l'attenzione con cui duellanti del pentapartito di sinistra, Romano Prodi e Massimo D'Alema, seguono in questo momento le vicende dei «quattro gatti» del ppi. Il premier non si stanca di ripetere a tutti i popolari che incontra che si «considera a tutti gli effetti uomo del ppi». E' andato addirittura all'assemblea del gruppo della Camera per dire ai deputati post-dc: «Nessun governo, neppure quelli a guida democristiana, vi ha dato tanto quanto il mio». Mentre i prodiani doc, da Gianclaudio Bressa al¬ lo stesso sottosegretario Arturo Parisi, sono tornati a bussare alla porta di Piazza del Gesù. Prodi, in altre parole, vuole «prodizzare» il ppi, vuole personalizzarlo. Non per nulla il premier tranquillizza i popolari che denunciano l'assenza di visibilità del partito nella coalizione, con queste parole: «Se l'immagine del governo vola, voi ne raccoglierete i frutti». «Una volta - racconta il sottosegretario Ladu - una cosa del genere la tentò Cossiga, ma gli andò male». Il presidente del Consiglio che prima aveva puntato su un suo fedelissimo alla segreteria Giancarlo Lombardi o Pierluigi Castagnetti - visto che l'impresa appare difficile, ora accetterebbe anche una riconferma di Gerardo Bianco. A piazza del Gesù il «premier» vorrebbe un guardiano dell'attuale maggioranza, restio al dialogo con le opposizioni e sospettoso nei confronti della politica di D'Alema. E' naturale che il numero uno della Quercia tifi per qualcun al- tro. «Noi - ripete da due settimane Piero Folena - speriamo in quella parte del ppi che si rifa a Marini, a Ciriaco De Mita. Quella che non vuole ingrossare i ranghi di Rifondazione comunista». Per spingere Prodi a cambiar linea, a far la voce grossa con Bertinotti, D'Alema ha un bisogno vitale che sulla poltrona di piazza del Gesù si sieda un segretario pronto a fargli da sponda. Un personaggio che abbia a cuore il dialogo con l'opposizione come ha fatto ieri Nicola Mancino al Senato e che sia particolarmente attento ai legami del ppi con il suo retroterra elettorale messi a dura prova dalla strana alleanza con Bertinotti. Per farla breve D'Alema ha bisogno di Marini. «Bianco - racconta Gargani - ormai sta con quelli dell'Arel. Prima diceva che non si sarebbe presentato, che non voleva più fare il segretario, ma adesso non lo dice più. 0 noi troviamo un segretario che pensa ai nostri elettori, o andiamo incontro alla morte». Nelle ultime settimane i discorsi di questa anima del ppi si sono fatti molto simili a quelli di D'Alema. Senza stare appresso allo stretto rapporto che lo lega al numero due della Quercia, Marco Minniti, Marini ormai sembra aver abbracciato «in toto» i ragionamenti del segretario pidiessino: «Noi - non si stanca di ripetere dovremmo fare esattamente quello che fa lui se non vogliamo correre il pericolo di sparire». Anche le critiche che questa parte del ppi rivolge «sottovoce» al premier partono dalle stesse premesse di quelle di D'Alema. «Prodi - ripete da mesi quest'ultimo - pensa di essere stato eletto direttamente dagli italiani, ma non è così». «Romano Prodi - ha detto in questi giorni Ciriaco De Mita - si è montato la testa, pensa di essere un presidente del Consiglio eletto dal popolo». E come D'Alema pure quest'anima del ppi nutre dei sospetti sui piani del premier. La settimana scorsa a casa De Mita, l'ex segretario de, Biagio Agnes e Bruno Tabacci sono arrivati addirittura ad immaginare questo scenario: l'attaccamento del professore a Di Pietro nasconderebbe un progetto segreto, se fosse sloggiato in malo modo da Palazzo Chigi Prodi potrebbe essere tentato dall'idea di costituire un movimento insieme all'ex pubblico ministero. oto grande premier Prodi sinistra iriaco De Mita destra Rosy Bindi A sinistra DAIema Qui accanto Marini E il premier pensa a un movimento con Di Pietro Tornano i giochi alla vigilia dei congressi Foto grande il premier Prodi A sinistra Ciriaco De Mita A destra Rosy Bindi

Luoghi citati: Rifondazione, Roma