BULGAKOV nella lente delle spie

«Un borghese malevolo» Spuntano dagli archivi della Lubjanka i rapporti degli agenti segreti BULGAKOV nella lente delle spie EER essere pubblicati basta scrivere di eroi comunisti. Ne bo abbastanza, bisogna scrivere sull'uomo!». «Sono stato molto offeso l'anno scorso con il rifiuto di un visto per l'estero. Sicuramente da quel giorno sono spiato». «Adesso sono un funzionario al quale si paga un salario, non mi si caccia e bisogna che mi accontenti di questo». Sono gli sfoghi privati di Michail Bulgakov. Che qualcuno, nella sua cerchia di amici annotava e riferiva alla pohzia segreta di Stalin, il Ghepeù, quello che successivamente sarebbe diventato il Kgb. Ma Bulgakov lo sapeva e con la sua formidabile ironia, gli aveva affibbiato anche un fantasioso cognome: «Ghepeùchov». Il signor Ghepeùchov (ma in realtà ci furono diversi signori Ghepeùchov) per quattordici anni, dal '22 sino al '36, spiò la vita privata di Bulgakov. L'autore di II Maestro e Margherita rimase per tutto quel tempo «sotto tutela». Gli Organi, così in Russia chiamano i servizi segreti, lo avvolsero come nelle spire di un boa e non lo mollarono più. Nella cerchia dei suoi amici e conoscenti ci fu sempre un «osservatore)). Qualcuno che ascoltavtelsfppuntaya ei riferiva. Ùria spia eira'presente alle uscite pubbliche di Bulgakov, ne registrava le proteste per i suoi lavori non pubblicati o non messi in scena, seguiva le letture dei suoi manoscritti durante riunioni letterarie, ne intercettava le lettere, arrivava a fargli visita a casa e a provocarlo su temi scottanti. E negli archivi del Kgb per sedici anni i rapporti andarono ad ingrossare il dossier segreto dello scrittore insieme ai documenti sequestrati nel '24 in una perquisizione durante la quale gli fu sottratto anche il diario (ritrovato dopo molte peripezie e pubblicato qualche anno fa). Poi per altri cinquant'anni quei rapporti restarono a impolverarsi sugli scaffali della Lubjanka. Ora vengono alla luce e sono pubblicati a Parigi dall'editore Robert Laffont nel volume Les surprises de la Loubianka che ha per sottotitolo «Nuove scoperte negli archivi letterari del Kgb» e di cui è autore il giornalista e romanziere russo Vitali) Shentalinskij. Dalla fine degli Anni 80 Shentalinskij presiede a Mosca la Commissione Federale per l'eredità degli scrittori vittime della repressione, e dai tempi di Gorbaciov è autorizzato a consultare gli archivi letterari del Kgb. Frutto delle sue ricerche è stato un primo volume di documenti pubblicato in Italia da Garzanti col titolo I manoscritti non bruciano. Ora esce questo secondo libro che contiene anche appassionanti capitoli su Marina Cvetaeva e il suo carteggio con Lavrentij Berja per salvare dalla fucilazione il marito Sergej Efron, sulla prigionia e il suicidio alla Lubjanka del terrorista socialrivoluzionario e scrittore Boris Savinkov, sulle persecuzioni e il successivo esilio dei filosofi Berdjaev e Karsavin, su Andrej Belyj, sull'arresto del drammaturgo Nikolaj Erdman e il ritrovamento della sua pièce Ulisse andata in scena negli Anni 20 a Leningrado e che si credeva perduta. Dal lavoro di Shentalinskij emerge dunque che il regime staliniano non soltanto impedì a Michail Bulgakov di esercitare il proprio mestiere (il suo impiego ufficiale era quello di drammaturgo al Teatro d'Arte e poi librettista al Bolshoj, mentre il suo capolavoro II Maestro e Margherita vide la luce solamente molti anni dopo la sua morte); non soltanto tenne sotto la lente delle proprie spie la sua vita giorno per giorno, ma conservò tutto anche dopo la sua morte. La storia comincia, racconta Shentalinskij, quando su una rivista dell'emigrazione russa a Berlino nel 1922 compare l'inserzione un po' presuntuosa di un giovane scrittore russo, Michail Afanasievich Bulgakov, che annuncia l'intenzione di compilare un dizionario biografico completo di tutti gU autori russi contemporanei. Gli Organi si insospettiscono, fanno indagini e scoprono che questo Bu'jakov, nato a Kiev nel 1891, abita al numero dieci sulla Bolshaja Sadovaja. Da allora non mollano più la presa. E lo scritto- xia Fiodorovna Nikitina. (Vicolo Gazetny n.3, telefono 2.14.16) Bulgakov ha letto la sua ultima novella. Il soggetto: un professore espianta il cervello e le ghiandole genitali ad un morto e le trapianta a mi cane, in seguito a ciò quest'ultimo si umanizza. La novella è scritta in un tono ostile, ispirata da un disprezzo mfinito per il regime sovietico: Il professore abita in appartamento di sette stanze. Vive in uno stabile abitato da operai. Una delegazione di operai va a trovarlo e chiede di mettere due stanze a loro disposizione perché lo stabile è sovraffollato. Il professore replica chiedendo un'ottava stanza. Poi prende il telefono e chiama un funzionario influente, Vitalij Vassilievich, al numero 107. Minaccia di non fare più operazioni, di sospendere la pratica medica e di andarsene per sempre a Battimi perché degli operai armati di revolver (cosa che non è vera) vogliono obbligarlo a dormire in cucina e a operare nelle toilette. Vitalj Vassilievich lo rassicura e gli promette mi certificato "d'acciaio" che impedirà a chiunque di toccarlo. Il professore trionfa». (Rapporto numero 110). «La seconda e ultima parte del racconto di Bulgakov Cuore di cane, letta il 21 marzo 1925 durante una sabato dalla Nikitma, ha provocato una forte indignazione degli scrittori comunisti presenti e l'estasi generale di tutti gli altri». (Rapporto numero 122). «L'evento principale sono state le urla di Viktor Shklovskij e di Michail Bulgakov. Il senso dei loro discorsi si può riassumere così: Lo scrittore si annoia e il lettore si annoia, non ha nulla da leggere ed è costretto a nutrirsi di traduzioni. La nostra critica cerca dei nuovi Tolstoj rossi e h alleva nelle incubatrici. (...) Ma la dittatura del proletariato è ancor più pericolosa per lo scrittore proletario che per lo scrittore borghese perché quest'ultimo può guadagnarsi il pane in qualche modo scrivendo per esempio pubblicità per il commercio. (...) Bulgakov afferma che per essere pubblicati "è sufficiente scrivere di eroi in giacca di cuoio, di mitragliatrici e di eroi comunisti. Ne ho abbastanza. Bisogna scrivere sull'uomo"». (Rapporto sull'inteivento di «Durante l'autunno del 1926, contemporaneamente alla chiusura della rivista Rossija [che pubblicava a puntate il romanzo La guardia bianca] sono state compiute numerose perquisizioni. Anche a casa di Bulgakov. E' stato confiscato il suo diario che caratterizza l'autore come una indiscutibile guardia bianca». «Nei circoli letterari si parla molto della pièce di Bulgakov I giorni dei Turbin. La parte antisovietica degli scrittori racconta trionfando che il Glarepertokom [organo di censura dei testi teatrali] ha "lasciato passare" un'opera francamente "bianca"». «Dall'intelhgencija, la pièce è passata aU'orchne del giorno della gente ordinaria, addirittura degli operai... Presso il Teatro d'Arte, una folla di speculatori propone biglietti per I giorni dei Turbin al triplo del prezzo. (Altri rapporti del 1926). «Bulgakov soffre di una sorta di malattia nervosa. Sostiene di non poter neppure uscire solo per strada e lo accompagnano anche a teatro. (...) Si lamenta: "Sono stato molto offeso l'anno scorso per il rifiuto di un visto per l'estero. Sicuramente da quel giorno sono spiato. Volevo ricominciare il mio lavoro letterario con un grande libro di racconti di viaggio. Ora ho addirittura paura ad incommciare a scrivere un romanzo o una novella sulla vita sovietica. Se non è ottimista si affermerà che ha una posizione ostile. E se è un'opera viva, energica, mi si accuserà di conformismo». (Rapporto del 23 maggio 1935). «In una conversazione con amici in casa propria Bulgakov sostiene: "Adesso sono un funzionario al quale si paga un salario, non mi si caccia e bisogna che mi accontenti di questo. (...) Non mi si parla dei miei errori e nessuno mi indica il mio errore principale: a partire dal 1929, 1930 avrei dovuto smettere di scrivere. Assomiglio a una persona che è stata fatta sabre sull'albero della cuccagna unicamente per poterla tirar giù per i pantaloni, con gran divertimento del pubbbco. Ufficialmente non è mai stato vietato nessuno dei miei drammi, ma basta che qualcuno si affacci al teatro e consigli di non recitare più un mio dramma perché sia immediatamente ritirato dal repertorio. (...) Se qualcuno mi dicesse direttamente: Bulgakov non scrivere più nulla, ricordati del tuo mestiere di medico, cura la gente e ti si lascerà tranquillo, glie ne sarei riconoscente. Ma forse sono un idiota. Forse me lo hanno già detto e non l'ho capito"». (Ultimo rapporto del 7 novembre 1936). Una «cronaca» lunga 14 anni con tutti gli sfoghi e le difficoltà dello scrittore Sapeva benissimo di essere osservato: e aveva battezzato il suo sbirro «Ghepeùchov» wmm. Ì k I | 1 % ' i c EH Ipw Michail Bulgakov, al centro, con gli attori impegnati nel suo dramma «I giorni dei Turbin» al Teartro d'Arte di Mosca Bulgakov alla riunione di scrittore nella Sala delle Colonne dei sindacati il 12 febbraio del 1926). Qui accanto Michail Bulgakov, la sua vita per quattordici anni è stata quotidianamente osservata dalle spie di Stalin; sopra, la poetessa Anna Achmatova

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