L'ambigua Italia del libero mercato

F NOMI E COGNOMI L'ambigua Italia del libero mercato IBI» -I1É1I NVOCARE il mercato, o dolersi del fatto che non esista, è un esercizio lodevole, ma purtroppo quasi inutile. L'Italia, infatti, nonostante tutti i suoi sforzi è quel Paese in cui alla fine degli Anni 40 si riempivano le piazze di manifestanti che agitavano in cielo una forca, dalla quale pendeva il pupazzone di pezza rosso e nero, con la lingua di fuori, di Epicanno Corbino, uno dei primi ed esecrati fautori dell'economia liberale. Poco importa se in quegli stessi anni gli Stati Uniti perfezionavano una legislazione Antitrust già avanzatissima: l'Italia era così. E, per tanti versi, non è poi tanto cambiata. La denuncia del presidente dell'Autorità garante della concorrenza sulla questione del prezzo dei carburanti è, alla fine, l'amara presa d'atto del fallimento di una liberalizzazione. Ma è anche, al di là di questo, un precedente istruttivo ed utile a ponderare le opportunità (poche) e i rischi (tanti) che si possono celare nelle future liberalizzazioni dei servizi, a partire dalle telecomunicazioni e dall'energia. La storia più recente, le opzioni di politica industriale e le scelte aziendali confermano infatti le persistenti ambiguità della «via italiana» al mercato. Ma basta ricordarne un paio. Restiamo nell'area petrolifera: chi non ricorda l'annoso, controverso problema del monopolio naturale dell'Eni in Val Padana, sul quale si sono avvitati per un anno il dibattito parlamentare e la procedura privatizzatoria del colosso guidato da Franco Bernabò? Bene, dopo la lunga querelle il governo Prodi si è deciso infine a sopprimere questo jus vitalizio e a cancellare l'esclusiva, ma nel decreto legislativo ha pensato bene di non aprire troppo le porte della Val Padana al mercato, e ha piazzato subito un catenaccio, e cioè una concessione ventennale attribuita all'Agip, braccio operativo del colosso petrolifero, in quella stessa zona. Il motivo è comprensibile: si trattava di non arrecare danni patrimoniali all'Eni, soprattutto in vista del suo collocamento, per gli investimenti che nel frattempo l'Agip aveva già avviato con gli impianti di trivellazione in Val Padana. Ma il dubbio resta: è una liberalizzazione, questa? Dall'energia alle telecomunicazioni. Senza tornare sulla vexata quaestio del cablaggio, rischia di verificarsi un caso di liberalizzazione di facciata anche sul versante della telefonia cellulare. Caduto il monopolio di Tim e entrato il secondo gestore Omnitel, ora si fa un gran parlare delle enormi possiI bilità offerte al mercato con I il bando di gara per il terzo gestore. In realtà da quello che si capisce si tratta di un'altra mezza presa in giro: perché in Italia, per come stanno andando avanti le cose, di spazio industriale per un terzo gigante dei telefonini rischia di non essercene mai. Nonostante ci sia già un bando di gara previsto per il 1997. Attualmente, infatti, nei cellulari convivono due tecnologie diverse: c'è il «Tacs», quello sul quale ha prosperato Tim, e c'è il «Gsm», il telefonino europeo, dal quale è partita Omnitel, cioè il secondo gestore, appartenente al gruppo Olivetti. Ora, l'ingresso del terzo gestore dovrebbe coincidere con il lancio di una nuova tecnologia, cioè il «1800», destinata ad affiancare prima e a sostituire poi la precedente. Ma basta vedere quello che nel frattempo sta succedendo per capire che difficilmente qualche altro gruppo industriale, Tim e Omnitel a parte, riuscirà a sfruttare questa opportunità. Tim infatti ha già la garanzia d'accesso al «1800», assicuratagli dopo la gara per il secondo gestore, e oltre tutto è già tecnologicamente pronta. Omnitel, a sua volta, potrà entrare nel nuovo «business» senza pagare alcun «ingresso», e si sta mettendo a sua volta in carreggiata. Nel frattempo, era stata prevista l'estinzione della «vecchia» tecnologia Tacs, ma Tim, che ci ha investito e che vi mantiene buona parte dei suoi utenti, ha già ottenuto di fatto una proroga, rispetto alla scadenza già comoda del 2003. Insomma, il mercato dei telefonini è già saturo. La prova indiretta l'ha fornita Mediaset, terzo gestore «naturale» che piuttosto che imbarcarsi in un'avventura dagli esiti ancora poco chiari, sta studiando progetti col secondo gestore Omnitel. Sono liberalizzazioni, queste? E' mercato, questo? Amato avrà il suo da fare. Anche se è il primo a sapere che non bastano gli Angeli Custodi, né lo Stato dall'alto, ad «imporre» il mercato e il benessere che con esso si diffonde. Perché si ricorda l'antica e purtroppo un po' utopica lezione di un altro grande economista liberale: «Una volta - diceva Luigi Einaudi - c'era un ministero che provvedeva egregiamente alla bisogna: quel ministero si chiamava prezzo». Affassimo Giannini ìnj

Persone citate: Corbino, Franco Bernabò, Giannini, Luigi Einaudi

Luoghi citati: Cognomi, Italia, Nomi, Stati Uniti