Kwasniewski: sì all'aborto La mia Polonia sarà laica

«Con i cattolici potremo collaborare per eliminare le cause del fenomeno Ma forse adesso non potrò più incontrare INTERVISTA I/EX COMUNISTA CHE HA BATTUTO LECH WALESA Il presidente firma a Varsavia la controversa legge Kwasniewski: sì all'aborto La mia Polonia sarà laica AVARSAVIA LEKSANDER Kwasniewski ha preso ieri la decisione più difficile da quando, il novembre scorso, è diventato presidente della Polonia spodestando Lech Walesa: ha firmato la nuova legge sull'aborto, una legge assai più liberale di quella precedente che dopo voti e veti tra Camera e Senato era stata definitivamente approvata il mese scorso dal Parlamento. Kwasniewski, che ha fondato il partito erede di quello comunista, sa che la firma gli costerà cara nei suoi rapporti con l'episcopato polacco, già incrinati da dispute su un concordato firmato ma non ancora ratificato dal Parlamento. «La Chiesa in Polonia - dice - attraversa un periodo difficile, di adattamento alla nuova realtà: c'è una nuova democrazia, c'è il mercato libero, ci sono giornali non più controllati, ci sono modelli di comportamento importati dall'Occidente, tutti fenomeni destabilizzanti per il mondo cattolico. Il mio compito è garantire uno Stato laico e neutrale». Ma se l'anno prossimo, com'è possibile, perderete le elezioni la legge sull'aborto tornerà al rigore di prima. Questa continua altalena non è dannosa per il Paese? «La legge potrà cambiare ma senza tornare agli eccessi del passato, quando l'aborto era concesso solo in caso di stupro, grave deformazione del feto o pericolo per la vita della madre. Il Paese sta maturando. Ma il problema va impostato diversamente: cosa fare per eliminare le cause che portano all'aborto, per migliorare la situazione economica delle famiglie, per sviluppare l'educazione sessuale, per rendere più accessibili i mezzi anticoncezionali. Certo, la dottrina ci divide dalla Chiesa, ma sulle iniziative pratiche potremmo proprio collaborare per eliminare questo fenomeno. In ogni caso sono convinto che fra qualche anno l'aborto non sarà più un tema che spacca il Paese a metà come è attualmente». Rimane il fatto che dopo la firma della legge, le probabilità di un suo incontro con il Papa si sono attenuate. «Questo può essere vero per quan- to riguarda un mio viaggio a Roma, ma in ogni caso lo incontrerò quando verrà in Polonia il maggio prossimo. Tengo molto a questo incontro e vorrei non fosse solo di cortesia ma servisse a discutere i problemi del Paese». Aleksander Kwasniewski appare a suo agio negli ampi saloni del grande e neorinascimentale palazzo presidenziale su una delle più belle strade di Varsavia, la Krakowskie Przedmiescie. A 42 anni, è fra i più giovani capi di Stato sulla scena politica di oggi. «Quando c'è un'accelerazione della storia come di questi tempi, emergono i giovani che assimilano più rapidamente i cambiamenti, come Clinton, Stojanov in Bulgaria, e fra poco Blair in Inghilterra che ha qualche mese più di me. E' un momento unico, importantissimo per la Polonia, un Paese che dopo 50 anni di grigiore si sviluppa rapidamente, sta per entrare in Europa, nella Nato, che può essere un ponte tra Est e Ovest. Si figuri che Varsavia è oggi il secondo cantiere in Europa dopo Berlino! Ma è tutta questione di 5 minuti. Perdere l'occasione sarebbe un errore irrimediabile e non scusabile». Ma di quei 50 anni di grigiore lei, nell'ultimo perìodo, è stato uno dei protagonisti. «Tutti, o quasi, facevamo parte di quel sistema. Io sono nato nel '54, dopo la morte di Stalin, sono maturato negli Anni 70, l'epoca di Gierek che ha aperto la Polonia verso l'esterno. Ho avuto la fortuna di viaggiare, di conoscere l'Italia, la Germania, gli Stati Uniti e ho capito che se la Polonia voleva assomigliare a quei Paesi doveva cambiare sistema. Devo ammetterlo, non ho avuto la visione né il coraggio dei grandi oppositori di Solidarnosc, i Michnik, i Kuron che hanno creduto e capito che si poteva sconfiggere l'Unione Sovietica ed il mondo di Yalta. A me allora sembrava impossibile, mi bastava cercare di riformare il sistema ed è quello che ho fatto. D'altra parte senza i riformatori, questa nuova visione sarebbe potuta nascere nella sofferenza e nel sangue. Noi abbiamo attutito la transizione. E' anche vero che senza quei visionari che ponevano obiettivi che sembravano irraggiungibili, i nostri progetti riformatori sarebbero sprofondati nell'inerzia e nella burocrazia del partito comunista di allora. Si può dire che ci siamo aiutati a vicenda». Lei ha nominato Michnik, Kuron, ma non Walesa, il suo predecessore che è stato il creatore di Solidarnosc. C'è ancora ruggine fra di voi? «Lo aggiungo volentieri alla Usta. Gli altri erano i teorici, lui ha certo avuto un grande ruolo nella storia». Ma l'ha visto ultimamente? «Mai. L'ultima volta fu in campagna elettorale quando a conclusione del dibattito televisivo offrì di darmi il piede invece della mano. Non mi ha fatto gli auguri, non è venuto alla cerimonia del giuramento, non ha collaborato nel trasferimento dei poteri. Io sarei stato fejice di ascoltare i suoi consigli, le sue esperienze. Lui si è comportato diversamente, e me ne dispiace. Io ritengo che persone così in vista debbano essere modelli di comportamento; e poi quando c'è in gioco un interesse superiore, del Paese, bisogna sempre collaborare». Come spiega che in un Paese al 90% cattolico i post comunisti detengano tutte le leve del potere? «Il crollo del comunismo ha creato illusioni e poi gravi conseguenze sociali. Nel 1989 è stata respinta l'utopia del socialismo reale, quattro anni dopo la gente ha detto no all'utopia successiva, quella del liberalismo irreale, del libero mercato ad oltranza. Ma ad ogni elezione il pendolo ha un'oscillazione minore. L'anno prossimo si voterà più sui programmi e le persone che sulle ideologie e gli elementi portanti della politica attuale saranno mantenuti. La differenza verterà sugli accenti. Se la sinistra oggi è al potere, devo confessare che lo considero merito mio, perché noi ab¬ biamo capito prima quello che oggi capiscono anche gli altri: che per essere efficaci in politica bisogna unirsi. La mia coalizione, l'Alleanza della Sinistra Democratica, è stata il primo alberello d'olivo, piantato già nel '91 : non un'alleanza elettorale, ma di elettori, nella convinzione che persone con idee diverse possono collaborare per un unico ideale. La destra non aveva saputo leggere così bene i sentimenti ed i bisogni dei polacchi». Ma adesso il pendolo, a giudicare dalle elezioni in Lituania, in Bulgaria, e in Romania sembra di nuovo tornare indietro. Questo la preoccupa? «Anche in questo caso sono oscillazioni sempre minori e alla fine prevarranno le tendenze social-democratiche che mediano fra quanto c'è di positivo nel libero mercato e nella politica sociale. Prendiamo la Bulgaria: è vero che ha vinto Stojanov, un presidente di destra che è anche amico mio, ma la sinistra mantiene il controllo del Parlamento». Quando lei è stato eletto, si temeva che come ex comunista avrebbe frenato il cammino della Polonia verso la Nato. Così non è stato. Ma nei suoi colloqui con i leaders dell'Occidente ha mai notato qualche sospetto, qualche reticenza, una mancanza di fiducia? ((Assolutamente no. Al contrario ho vissuto esperienze che mi hanno sorpreso in senso opposto. Quando per esempio il presidente Scalfaro è venuto a Varsavia mi ha detto d'essere contento che avevo vinto le elezioni perché nell'insieme lo riteneva positivo per l'equilibrio della Polonia. No, non ho mai avuto quel problema a cui lei accenna. Penso che i leaders che incontro siano gente normale che ragiona così: è stato eletto, vediamo che tipo è, poi giudicheremo. E sinceramente l'esame ritengo di averlo passato: in questo primo anno la crescita economica è costante, la stabilità democratica è garantita, siamo andati avanti sulla strada della Nato e dell'Europa. E poi, ho vinto le elezioni con il 52% dei voti ed oggi il 65% dei polacchi dice che mi preferisce a Lech Walesa. Mi dispiace per lui!». JasGawronskì «Con i cattolici potremo collaborare per eliminare le cause del fenomeno Ma forse adesso non potrò più incontrare il Papa a Roma» la controversa legge all'aborto sarà laica sembra ddietro. Qu«Anche in quzioni semprevarranno le tcratiche che in senso oesempio il venuto a Vd'essere conle elezioni priteneva podella Poloniato quel prob