Pubblicità la crisi è alle spalle di Valeria Sacchi

Per Malgara, presidente dell'Upa, gli investimenti supereranno i 21.560 miliardi Per Malgara, presidente dell'Upa, gli investimenti supereranno i 21.560 miliardi Pubblicità/ la crisi è alle spalle Cresciuto del 6,6per cento ilfatturato del '96 MILANO. «Il mercato della pubblicità si è lasciato alle spalle il periodo brutto in modo netto. Il 1996 vede una crescita del 6,6% degli investimenti pubblicitari, e io scommetto che nel 1997 il trend continuerà agli stessi ritmi di quest'anno. E attenzione, quando i numeri sono molto grandi, ogni punto in più fa una grande differenza». Questo dice Giulio Malgara, presidente dell'Upa, e sprizza gioia da tutti i pori. «Ve l'avevo detto» aggiunge «lo dico da tempo che la pubblicità sarebbe tornata a produrre ricchezza». La ripresa è testimoniata, nero su bianco, da una ricerca Intermatrix-Astra che l'Upa ha commissionato e che Enrico Finzi presenta ad un affollatissimo parterre di pubblicitari. Rivelano i dati che nel 1996 il totale degli investimenti pubblicitari supererà i 21.560 miliardi (21.235 nel 1995), una crescita del 6,6% nominale ( + 2,6% al netto dell'inflazione) che vede la voce «quotidiani» migliorare del 6,7%, la televisione del 7%. Tuttavia il futuro sembra meno brillante. Sulla base delle previsioni macroeconomiche, Finzi preconizza un rallentamento al 4,9% nel 1997 e una nuova ripresa al 5,7% nel 1998. Una trend dunque più «contenuto», anche se in costante ascesa. «Nel 1996 stiamo andando meglio» conferma l'amministratore delegato di Publikompass Dario Dal Zotto «Ma è una crescita con luci e ombre, nel senso che non è ugualmente diffusa tra le varie tipologie pubblicitarie. Va bene la pubblicità nazionale e vanno meglio le grandi testate nazionali, ma cresce pochissimo la pubblicità locale, e quindi soffrono le testate locali. Inoltre, questa crescita non sarà ripetuta nel 1997». Dal Zotto, insomma, è allineato più sulle caute previsioni di Finzi che sull'ottimismo di Malgara. La sofferenza della pubblicità locale è strettamente legata al non decollo dei consumi, alle ridotte capacità di spesa che, insieme alle «preoccupazioni per un futuro vissuto a breve come incerto», inducono Finzi alla prudenza. Una prudenza che Malgara non condivide, sicuro che quel +4,9% che Finzi ipotizza per il 1997, «sarà superiore di almeno un punto» Tuttavia, l'impressione è che per la pubblicità i tempi bui siano ormai alle spalle e questo grazie al fatto che nuovi protagonisti si affacciano al mercato. Sono, ad esempio, gli utenti che arrivano a seguito della deregulation (Tim e Omnitel con i telefonini), sono le aree della cultura, del tempo libero, del turismo, della scuola. Sono il grande mondo dei servizi finanziari legati alla gestione del risparmio, della previdenza, che coinvolgono banche, assicurazioni, fondi e gestori. Una zona, quest'ultima, in fortissima espansione, e che trova soprattutto nella carta stampata il segmento ottimale. Le stime dicono che nel 1997 i «servizi» peseranno nella torta pubblicitaria per il 30%. Ed è soprattutto nel concetto di «servizio» che trovano fondamento le linee di sviluppo del mercato. Un concetto allargato anche ai vecchi utenti tradizionali, che spazia dalle nuove forme della distribuzione alla stessa natura dei prodotti, quando essi contengano formule che rispondono a nuove esigenze del consumatore. Come il risotto pronto in busta, il cibo per cani, le carni precotte. Insomma, anche la marca «è alla riscossa». Dopo aver tirato i remi in barca, scoraggiati dalla crisi e dalla concorrenza dell'hard discount, i produttori di beni di largo consumo hanno ripreso a puntare sull'investimento pubblicitario. «Effettivamente io credo nel riaffermarsi delle grandi marche» osserva Marco Testa, padrone della grande agenzia omonima. «Incalzate dall'hard discount, le marche hanno dovuto riadeguare i loro listini ed i loro prezzi, innovare i prodotti. Sono ritornate a puntare sulla comunicazione e i risultati sono stati positivi, i loro prodotti hanno riconquistato le posizioni degli anni migliori. Si temeva che la comunicazione pubblicitaria avesse esaurito la sua forza di convincimento, ma non è così». Sulle prospettive, Testa è più cauto: «Il mercato non è più in crisi perché si è saputo rinnovare. Tuttavia non sono del tutto ottimista. Il 1996 è stato migliore rispetto alle previsioni, ma siamo ben lontani dagli anni del boom, e per il 1997 si temono nuove riduzioni. Il mercato non è più in crisi, ma poi bisogna che ci sia la gente che compra». Valeria Sacchi

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