Un cuore italiano per il clandestino
Napoli, il trapianto all'ospedale Monaldi: l'immigrato ha 25 anni ed era malato da tempo Napoli, il trapianto all'ospedale Monaldi: l'immigrato ha 25 anni ed era malato da tempo Un more italiano per il clandestino I medici salvano un senegalese NAPOLI. Per lo Stato italiano è un clandestino: niente permesso di soggiorno, un lavoro precario e una patria abbandonata per fame. Ma è italiano il cuore che da sabato batte nel petto di Moussà, 25 anni e una grave malattia che stava per costargli la vita. Mentre c'è chi vuole cacciare via tutti gli immigrati senza permesso di soggiorno, un ospedale ha aperto le porte a quel giovane senegalese che stava morendo: un trapianto gli ha ridato un futuro. Ad operare sabato scorso Moussà Diallo, impiantandogli il cuore di una donna suicida a 39 anni, sono stati i chirurghi dell'ospedale Monaldi di Napoli. L'intervento è perfettamente riuscito: i medici non hanno ancora sciolto la prognosi, ma le condizioni del paziente continuano a migliorare. Il trapianto era ormai l'unica via di salvezza per l'immigrato, affetto da anni da una miocardiopatia dilatativa. Due mesi fa è arrivato nel centro di cardiochirurgia ed è stato ricoverato d'urgenza per un edema polmonare ed un grave scompenso cardiaco. Moussà è stato quindi inserito nella lista d'attesa per un trapianto che si è reso possibile prima del previsto. Il cuore che ha ridato la vita al senegalese arrivato a Napoli da clandestino è quello di una donna di Lanciano, in provincia di Chieti, che si è uccisa ingoiando una manciata di barbiturici. Comunicata la disponibilità dell'organo, è stata accertata la compatibilità e la scelta è caduta sull'immigrato. Ad eseguire l'intervento, l'equipe guidata dai cardiochirurghi Maurizio Cotrufo e Fabrizio De Vivo. «Moussà è giunto qui in condizioni gravissime - racconta De Vivo - lo abbiamo ricoverato subito nel reparto di rianimazione, ma se non fosse stato operato d'urgenza e se non avessimo avuto la disponibilità di un cuore compatibile sarebbe sicuramente morto». Come tanti, Moussà non ha in tasca il permesso di soggiorno che significa anche diritto all'assistenza. E come tanti ha vissuto ai margini, arrangiandosi come commesso in uno dei negozi con insegne in italiano e in arabo - alle spalle della stazione centrale. Poi, il trapianto e la speranza che qualcosa possa cambiare. «Il servizio sanitario nazionale - spiega il direttore generale dell'Azienda ospedaliera Monaldi-Cotugno, Domenico Pirozzi - non prevede l'assistenza per chi non è in regola con il permesso di soggiorno. Ma a noi non servono permessi di soggiorno per salvare una vita umana. E così, quando quel giovane è arrivato qui d'urgenza, dopo un rapido consulto medico è stata data via libera all'intervento». I costi del trapianto saranno a carico dell'amministrazione dell'ospedale, dove sono già stati operati nei mesi scorsi due bambini romeni, entrambi cardiopatici. Mariella Cirillo Il direttore dell'Usi «I permessi di soggiorno non contano davanti a una vita in pericolo» Dopo un ricovero d'urgenza due mesi fa il suo nome era entrato nella lista d'attesa Un ospedale di Napoli ha effettuato un trapianto su un senegalese clandestino gravemente malato
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