L'astronauta e il villano del novelliere Gheddafi

L'astronauta e il villano del novelliere Gheddafi IL COLONNELLO CHE DIVENNE SCRITTORE L'astronauta e il villano del novelliere Gheddafi D PARIGI OPO La Fontaine; Gheddafi. Così parlò Muammar Gheddafi. Il leader libico esordisce in versione favolista con una raccolta che l'editore elvetico Favre distribuirà a giorni in Francia. Una prosa visionaria, poetica, moraleggiante eppur ribelle, non aliena da affabulazioni né prolissità e tuttavia vivida. Pamphlettaro incendiario con un torvo senso dello humour, Gheddafi usa la provocazione come Nerone impugnava la cetra. Apprendiamo così che fece stampare in sovraccopertina sull'originale arabo edito a Tripoli nel '95 un «Pubblicazione fuorilegge» a lettere cubitali. Mica male per l'autocrate dai costumi dittatoriali che il mondo conosce. La favolistica gheddafiana è, anzitutto, politica. Come quelle di Fedro ed Esopo. E non ricorre al teriomorfismo. Prestare agli animali caratteristiche umane è pratica riprovevole secondo il monoteismo islamico: dunque, se ne astiene. Vistose, in compenso, le influenze di Bibbia e Corano. L'oracolare Gheddafi articola volentieri il suo discorso su cadenze profetiche o sapienziali. Fino a una sorprendente - come vedremo - autosacralizzazione. Ultima avvertenza: guardarsi dai paradossi. Il Colonnello vi eccelle, e non solo in campo letterario. Prendiamo l'intervista concessa l'altro ieri a «Le Figaro». Vi si può fra l'altro leggere: «Sono in favore della pace in Medio Oriente e desidero salvare gli Ebrei dalla tomba in cui li hanno rinchiusi. Il mondo intero li detesta. Li si è cacciati un po' da ovunque: Russia, Europa, Etiopia. C'è un vero e proprio complotto inter- Benito Mussolin«Temo e aHa osMussolintrascinato mo la folla nnato poi ne ha il corpo» nazionale per segregarli in un solo Paese. Li invito dunque a ritornarsene a casa loro. Dove? La loro patria è dappertutto: in Libia, in Africa, in Russia e persino in Alaska». Ma veniamo ai testi. Memore del fatto che, secondo la Genesi, fu Caino a fondare la prima città, Muammar Gheddafi si lancia in una lunga apologia del villaggio e in generale dell'esistenza raminga o beduina riservando all'urbanesimo un astio senza remissione. «Eccola, la metropoli: un rullo compressore per triturare i suoi abitanti e un incubo per i costruttori. Ti obbliga a cambiare aspetto, a barattare i tuoi valori e ad adottare una personalità cittadina senza sapore, colore, profumo né senso. Il bambino di città cresce in termini biologici ma sul piano psicologico è un recipiente buono per tutte le inibizioni. Modello dell'essere complesso, è un malato mentale chiuso e regressivo». Laddove nel villaggio «si incoraggia e glorifica lo slancio verso la luce. Non ci sono strade, immondizie, né sconosciuti (...) Tutto è aperto. E l'uomo vive senza complessi. Umanisti, abbiate pietà dell'infanzia. Rifiutatevi di trasformare i vostri figli in sorci che passano di buco in buco, di riparo in riparo, di marciapeiede in marciapiede!». Sembra di ascoltare l'apologo del cane randagio, smagrito ma libero e felice, e di quello che paga la sua opulenza con il guinzaglio o la catena. Curiosa favola, si dirà. Non è che assomigli troppo agli infiammati comizi del suo autore? Allora, eccone un'altra. Doc. S'intitola «Il suicidio del cosmonauta», e sembrerebbe uscire dalle stralunate cronache di Marcoval- do. Narra d'un astronauta obbligato a trovarsi un lavoro terrestre dopo l'ennesima missione spaziale, visto che ormai il suo Paese non può più permettersi spese astronomiche per conquistare un Cosmo peraltro arido di vita e risorse. Lo vediamo allora mettersi in ricerca di una nuova occupazione. Ha studiato per anni la Terra, troverà pure un contadino che l'assuma per coltivarla. Ne ferma uno. E per convincerlo ad affidargli il suo appezzamento gli sciorina le sue cono- scenze. «Ha un volume 1320 volte inferiore a quello di Giove. Partendo dalla sua superficie, raggiungeresti la Luna in 8 anni e 100 giorni camminando, oppure in meno di 5 mesi con un'automobile che viaggi a cento km orari». Ma l'agricoltore cercava qualcuno che avesse conoscenze terra terra sulla Terra. E non lo prende. Disperato e alla fame, il nostro navigatore cosmico finirà per uccidersi. Era americano? La novella non lo dice. In compenso, il tema Usa si affaccia di passaggio nella novella «Scappata all'Inferno». «... Romani, Turchi e Milcani. Non ridete. Se non pronuncio come voi la parola "Americani" con la "r" ma la "1", è perché non conosco né il senso della parola "America", né il nome di chi pretende averla scoperta (Colombo) giacché l'ha fatto un principe arabo». Sempre nel medesimo testo, troviamo una descrizione mitologica del faraonico programma idrico in corso nel deserto tripolitano: «Ho rubato il bastone di Mose e colpito la sabbia senza conoscere nulla di reti fognarie, ingegneria idraulica e canalizzazioni. Ed è sgorgata l'acqua». Tuttavia le folle non sempre sono riconoscenti. «Le amo e le temo insieme (...) Sì affettuose nei momenti di gioia, hanno issato sulle loro braccia Annibale e Pericle, Savonarola, Danton e Robespierre, Mussolini e Nixon. Ma come si rivelano crudeli nell'ora della collera! Le abbiamo viste trascinare il cadavere di Mussolini nelle strade e spedire Danton sulla forca». Montaigne non la pensava troppo diversamente. In ogni caso, che la morte violenta affascini Gheddafi - e non solo la Il bombardamen«La morteo femminabattiamocabbando o Usa su Tripoli è maschio In un caso , nell'altro niamoci» Cia, ansiosa d'infliggergliela con un picaresco raid aereo conclusosi con sanguinosi quanto inutili bombardamenti - lo dimostra il passaggio seguente: «Maschio o femmina, la morte? Solo Allah lo sa. Eppure è necessario determinarne il sesso. Se è maschio, occorre battersi sino allo stremo contro di lei. In caso contrario, abbandonarlesi fino all'ultimo respiro». Fiabe, ma non per bambini. E comunque intrise di riferimenti ideologici. Al punto da farci interrogare sull'uso strumentale di un genere letterario con il quale il Colonnello si prende non poche libertà. Sotto il titolo «Il comunismo è davvero morto» leggiamo, per esempio, a guisa di prefazione: «Assisteremo un giorno quando le genti si accorgeranno di essere state ingannate dal Cristo, crocifisso ma non per riscattare i loro peccati - alla caduta del cristianesimo?». E così prosegue: «Se diciamo che il comunismo non è morto, il motivo è semplice: il comunismo non è ancora nato!!!» O meglio, già vagisce in forma riveduta e corretta nei dettami della Jamahiriyah. Altri squarci sferzanti, quelli in cui Gheddafi ridicolizza l'oscurantismo integralista o tratta da ayatollah i custodi dell'ortodossia marxista. La morale è, come sempre, racchiusa nell'ultima pagina. «Cari conrittadini - ma vista la fobia urbana di Gheddafi sarebbe meglio scrivere compaesani - iscrivetevi ai mathaba, i centri rivoluzionari. Suona l'ora dell'azione». Per concludere, inquietante: «Equanime colui che avverte prima del castigo». Enrico Benedetto Il suo libro esce in Francia: sull'originale edito a Tripoli ha fatto stampare in copertina «Pubblicazione proibita* Un attacco alla vita di città e un elogio alla vita del villaggio «Temo e amo la folla Ha osannato Mussolini poi ne ha trascinato il corpo» «La morte è maschio o femmina? In un caso battiamoci, nell'altro abbandoniamoci» Pili Gheddafi è il popolo là dove «tutto è aperto e senza complessi» Il suo libro esce in Francia: sull'originale edito a Tripoli ha fatto stampare in copertina «Pubblicazione proibita* Un beduino libico: tra i protagonisti del libro di Gheddafi è il popolo del deserto, là dove «tutto è aperto e l'uomo vive senza complessi» Benito Mussolini Il bombardamento Usa su Tripoli