Azione disciplinare contro Cardino

Il pm: sono sereno, l'inchiesta c'è. D'Agostino interrogato sui 700 milioni pagati da Pacini Il pm: sono sereno, l'inchiesta c'è. D'Agostino interrogato sui 700 milioni pagati da Pacini Azione disciplinare contro Cardino Sott'accusa per i riferimenti ai politici Ilpgdi Cassazione: violazione del riserbo LA SPEZIA DAL NOSTRO INVIATO Trentadue parole, un epitaffio: «Aver fatto dichiarazioni generiche sul coinvolgimento di politici nell'inchiesta della procura della Spezia, cedendo incautamente alle insistenze dei giornalisti e senza valutare le incertezze che queste affermazioni avrebbero provocato nel Paese». Per il pubblico ministero Alberto Cardino, titolare dell'inchiesta «Tangentopoli 2», il giorno si chiude con la notizia che Ferdinando Zucconi Galli Fonseca, procuratore generale della Cassazione, ha avviato nei suoi confronti azione disciplinare per violazione del dovere del riserbo. Sì, quarantott'ore dopo lo scoppio dell'inchiesta, Cardino non seppe resistere al fascino indiscreto della telecamera e per la prima e unica volta esternò, parlò di coinvolgimento di politici, non esclusi ministri in carica. Ora sospira: «Sono tranquillo. Non è corretto fare commenti. L'inchiesta, comunque, c'è». Dopo il tenente colonnello Giuseppe Autuori, capo rimosso del Gico di Firenze, il pubblico ministero è la seconda «vittima» fra gli inquirenti nell'inchiesta. Dal canto suo, il gip Maria Cristina Failla smentisce di avere avuto «atteggiamenti di delusione e stizza» per l'arresto notturno di «Chicchi» e per il problema della competenza fra Perugia e La Spezia. E' stato anche il giorno di Di Pietro. Antonio Di Pietro, ex pm di «Mani pulite» ed ex ministro. Pre- sente da mattino a notte nel brutto palazzo rosa. Non di persona, naturalmente: ma era lui l'oggetto degli interrogatori cui sono stati sottoposti il finanziere Mach di Palmstein e il tenente colonnello dei carabinieri Francesco D'Agostino. E sempre su Di Pietro hanno dissertato il pm Cardino, i sostituti procuratore Antonio Chiapparli e Francesco Piantoni di Brescia, e il maggiore Ignazio Gibilaro, comandante del Gico di Firenze, il gruppo investigativo sulla criminalità organizzata della Guardia di Finanza. Viene chiesto al dottor Chiapparli: Di Pietro è di nuovo indagato? «Non posso dire niente». L'interrogatorio del carabiniere D'Agostino non è stato breve. Accompagnato dal difensore Pietro Nocita era entrato nell'ufficio del pm Silvio Franz, al quinto piano, alle 15,45. L'ufficiale è uno che soppesa le parole. Ai cronisti in attesa davanti al Palazzo aveva risposto per bocca del suo avvocato Pietro Nocita. Lui si era limitato a dire «no» quando gli avevano chiesto se avesse collaborato con Di Pietro. Ma lei, Di Pietro, di recente l'ha incontrato in aeroporto, in Turchia? E il legale era stato rapido nel toglierlo d'impiccio: «Negli aeroporti s'incontrano molte persone». Allora non conferma e non smentisce? Sempre l'avvocato: «Lo dite voi». Ha collaborato con il giudice Pareggio? «Ha collaborato con molti magistrati di molte procure». Ma il più simpatico? «Tut- ti». Su quei settecento milioni, sulle dichiarazioni di Eliana Pensieroso che cosa risponderà? Sempre il difensore: «Non lo so, risponderemo, comunque, ma lo farà lui». Ad attendervi ci sono anche i giudici di Brescia... «Così risponderemo a tutto». Erano le 21 quando D'Agostino è uscito, un po' stropicciato e non di umore smagliante, da Palazzo di Giustizia. Indagato per abuso d'ufficio, doveva chiarire certi dubbi, sorti nella mente dei giudici, per una storia di milioni, settecento per l'esattezza, le cui tracce furono trovate sull'agenda di Pierfrancesco Pacini Battaglia e di cui aveva dato conto Eliana Pensieroso, l'efficiente segretaria di «Chicchi». Milioni a rate, senza interesse: qualcosa di eccessivo anche per le prodighe abitudini dello «gnomo» di Ginevra. Il quale i soldi non li ha mai scialacquati, semmai investiti. E quei settecento sarebbero serviti all'ufficiale per l'acquisto di un appartamento nel cuore vecchio di Roma. Nel suo primo interrogatorio l'Eliana disse che «il maggiore potrebbe essere D'Agostino, non me ne vengono in mente altri. D'Agostino era debitore di Pacini Battaglia in relazione alla vendita di un appartamento». Ecco, l'interrogativo brutale sul quale vorrebbero una risposta i giudici di La Spezia è questo: con settecento milioni è possibile comprare le confidenze di un ufficiale che dovrebbe essere fedele nei secoli all'idea di giustizia? D'Agostino ha lavorato a stretto contatto con Vittorio Paraggio, sostituto procuratore della Repubblica di Roma, che seguiva il filone assai ricco chiamato «indagine sulla cooperazione»: un'inchiesta parallela a quella condotta da Di Pietro a Milano. Cinque ore di botta e risposta teso, poi D'Agostino e il suo legale sono usciti dal cancello posteriore del Palazzo, nascosti dalle tenebre. E forse, stavolta, tutto sommato il carabiniere era soddisfatto. Vincenzo Tessandori E' la seconda «vittima» dopo l'ex capo del Gico A sinistra il tenente colonnello dei carabinieri Francesco D'Agostino e, qui accanto, il pubblico ministero Alberto Cardino