Ma poi Fidel frena

Ma poi Fidel frena 1 DUE VOLTI DEL LEADER Ma poi Fidel frena «Riforme? Sì, però socialiste» OROMA UANDO ero bambino a scuola dai preti non avrei mai potuto immaginare che un giorno sarei stato ricevuto dal Santo Padre. E poi, tutti quei cardinali...». Sono le sei e mezzo della sera e Fidel Castro riceve una cinquantina di giornalisti italiani e stranieri in una sala dell'Holiday Inn, un albergone alla periferia di Roma che per cinque giorni è stato trasformato nel sorvegliatissimo bunker del presidente cubano. Il lider maximo sembra affaticato, non sfoggia la verve dei giorni scorsi. Dice che Cuba non tornerà al capitalismo, che non si fa illusioni sugli Stati Uniti, e critica la sterzata anti-castrista della Spagna. Ma alla vigilia della sua partenza è il colloquio con Papa Wojtyla che domina ancora i suoi pensieri. «Sono commosso ed emozionato per quell'incontro», dice ai giornalisti. «Ho visto un uomo nobile, buono, gentile, in buona salute. E' stato così amabile: abbiamo discusso di ambiente, storia, America Latina. Gli ho spiegato il mio punto di vista sui poveri e sui contadini. E l'ho ringraziato per la sua posizione sull'embargo: lui può fare molto per risolvere i nostri problemi. Lo riceveremo a Cuba con grande rispetto». Castro sostiene che «la piena libertà d'azione non è mai mancata» alla Chiesa cubana. Con la Santa Sede «non ci sono mai stati traumi, solo polemiche. Ora siamo meno distanti, il rapporto è buono e spero che migliori». Rievoca con affetto l'impronta della Chiesa sulla sua prima gioventù. Un giornalista gli fa una domanda sul suo legame con la religione e Castro risponde: «L'insegnamento di Cristo ha molto in comune con le nostre idee socialiste e comuniste». Chi si aspettava, o comunque sperava, in qualche segnale di apertura politica alla fine del sud soggiorno romano è andato deluso. Del resto già domenica scorsa, dal palco della Fao, Castro aveva detto che la Rivoluzione cubana era stata «la grande apertura». E che ogni altra apertura avrebbe solo portato alla controrivoluzione. Nella sala dell'Holiday Inn la sua chiusura sembra ancora più netta. Dice: «A Cuba c'è più pluralismo che in qualsiasi altro Paese». L'isola «non tornerà al capitalismo». E le riforme che egli s'impegna a varare avranno lo scopo di «perfezionare il socialismo». E se gli Stati Uniti togliessero l'embargo contro Cuba? La questione non si pone perché Castro su questo punto rimane pessimista. Dice che Clinton «non è un guerrafondaio» e che la sua rielezione crea condizioni «un po' migliori». Ma poi aggiunge: «Non mi faccio illusioni. Clinton è il frutto della società americana, è frutto di quella politica (guerrafondaia, ndr). E poi sul Congresso pesa la voce di una destra reazionaria e aggressiva. Noi confidiamo nella nostra capacità di lottare e resistere ancora. Siamo come i cristiani dell'antica Roma». Ma è soprattutto contro la Spagna di José Maria Aznar che Castro alza il tono della voce: «Aznar è molto amico dell'estrema destra e degli esuli cubani. A Santiago del Cile mi ha detto che tra noi è come una partita di scacchi: io farò una mossa e lui subito ne farà un'altra. Gli ho spiegato che il destino di un Paese non si gioca su una scacchiera». Andrea di Robilant «Da noi c'e più pluralismo che in qualsiasi altro Paese, non si torna al capitalismo» \ FILETTO DI SAIMONE GRATINATO RISO ALLO CHAMPAGNE SPIGOLA AL SALE FORMAGGI E TORTA DELLA CASA. IL TUTTO ACCOMPAGNATO DA UN VINO ROSSO DENOMINATO «LE PERGOLE». È' QUESTO IL MENU' DEL PRANZO OFFERTO DAL PRESIDENTE CUBANO, ALL'HOTEL COLUMBUS, ~ AD AlCUNI PORPORATI E £ ECCLESIASTICI CHE IN TEMPI Ti DIVERSI AVEVANO VISITATO CUBA ■