«Mai pagato da Stevanin per uccidere» di M. M.
Killer Verona Killer Verona «Mai pagato da Stevanin per uccidere» COMO. «Pensare che gli ho salvato la vita. Avessi saputo in quali guai poi mi avrebbe messo difficilmente l'avrei aiutato». Parla Francesco Malcangi, 41 anni, sposato, due figli, residente a Cucciago. Del sicario in grado di uccidere una persona non ha proprio niente. Il suo nome è stato fatto da Giuliano Baratella, pregiudicato varesino che temendo di essere scoperto s'è autodenunciato a Maria Grazia Omboni, pm di Verona, rivelando il piano per violentare ed ammazzare Alessandra Vaccari, cronista dell'((Arena», la cui «colpa» sarebbe stata quella di aver spesso scritto sul serial-killer Gianfranco Stevanin, facoltoso agricoltore di Terrazzo, in carcere per aver ucciso cinque donne. Baratella al magistrato veronese ha raccontato di aver fatto da tramite tra il serial-killer e il presunto sicario. «Stevanin, per un certo periodo, compagno di cella, mi ha chiesto se conoscevo qualcuno a cui affidare l'incarico di uccidere la giovane cronista di Verona - ha raccontato Baratella -. Gli ho detto che avevo l'uomo giusto. Uno che sapevo in difficoltà economiche. Un tizio di Cantù che avevo conosciuto in carcere a Varese». Ecco, quindi, il nome di Francesco Malcangi, il sicario che per 25 milioni di lire e una «Volvo 480», il prezzo della vita della giovane giornalista, avrebbe dovuto violentare e uccidere la Vaccari. Nel '95 Francesco Malcangi, incensurato, era stato condannato a due anni di carcere, per aver trasportato un carico di droga. Durante la detenzione a Varese, aveva conosciuto Baratella. «Ma quale sicario? Quello si è inventato tutto. L'unica cosa esatta del suo racconto è il fatto che per 25 giorni siamo stati in cella assieme a Varese». Baratella ha raccontato anche di aver inviato due lettere e un vaglia postale per un milione e mezzo a Malcangi, l'anticipo del compenso pattuito. Ma gli investigatori non ne avrebbero trovato traccia. [m. m.]
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