All'Holiday Moncada Inn di Francesco Grignetti

Cecchini sul tetto Un filtro insuperabile di uomini della sicurezza cubana All'Holiday Moncada Inn L'albergo quartier generale di Fidel LA PICCOLA AVANA ROMA ICEVE il ministro degli Esteri italiano. Riceve delegazioni straniere. Riceve uomini politici, da Bertinotti a D'Alema. Biceve l'omaggio di una folta delegazione giovanile. Sul tavolo ha il giornale del partito, «Granma», che occupa tutta la prima pagina con la convention della Fao e una manifestazione pro-Cuba di giovani romani. Alla porta, le solite guardie armate che lo vegliano da anni. Fidel Castro, insomma, accompagnato da una delegazione di circa cento persone, ha trasformato per tre giorni l'hotel «Holiday Inn» in una nuova Casa Moncada. Nostalgia dell'Avana, si dirà. Ci manca solo qualche comunicato per i giornali, del tipo: «Il Presidente Fidel, comandante in capo, ha ricevuto tizio e caio in visita di cortesia», e l'effetto sarà completo. Ufficialmente si tratta solo di «motivi di sicurezza», caldeggiati dall'ambasciata cubana a Roma. S'è visto nei giorni scorsi di che si tratta: un corteo iper-armato con trenta uomini della guardia presi- deliziale più una cinquantina di agenti speciali della polizia più chissà quanti spioni del Sisde. Le sopracitate «esigenze di sicurezza» hanno fatto declinare ogni invito: Castro si muove per Roma soltanto per andare a Palazzo Chigi, al Caurinale, o in Vaticano. Niente bagni di folla. Racconta Loredana De Petris, assessore all'Ambiente del Comune di Roma, che ieri, un po' emozionata, ha partecipato a un incontro nell'albergo: «Avevamo provato a organizzare una manifestazione in Campidoglio. Ma la Si¬ curezza cubana ha detto di no. Consideravano il Campidoglio indifendibile». Arafat e Clinton ci sono andati. Il comandante Castro, che tanti anni fa camminava stringendo mani per le strade di Washington e New York, ora ha smesso la divisa e non va più in pubblico. L'albergone militarizzato che lo ospita - per ironia del caso fa parte di una catena americana, non scatteranno mica le sanzioni della famigerata legge Helms-Burton contro chi commercia con Cuba? ha ben poco, a dire il vero, di una residenza presidenziale. Dieci piani di stanze in vetrocemento e un largo parcheggio. Lo devono aver scelto perché si trova fuori dalla città, affacciato sull'autostrada Boma-Fiumicino, circondato da prati, campi da golf e qualche palazzina d'uffici. E' una perfetta fortezza con i cecchini sul tetto e le camionette all'ingresso. Sulla porta c'è anche un filtro insuperabile di agenti cubani. I giornalisti li tengono confinati nel parcheggio. C'è, ovviamente, il massimo segreto sul menu, sulla dislocazione delle stanze, sui programmi. Su tutto. i primi ad arrivare, ieri mattina, all'Holiday Inn-Moncada sono stati quelli di Rifondazione comunista. Bertinotti portava in dono una pregiata edizione della «Storia delle Americhe» di Robertson, delizia dei bibliomani, opera in quattro volumi del 1779. Poi è arrivato Massimo D'Alema. Quindi è stata la volta di Lamberto Dini: un'ora di colloqui nell'albergo-residenza, dove non si capisce più chi fosse l'anfitrione e chi l'ospite. Al termine, breve conferenza stampa del ministro. «Castro ha detto che è aperto al dialogo anche sull'argomento dei diritti umani», annuncia Dini. La girandola di colloqui finisce con la mattinata. Fuori, intanto, nel parcheggio, stanno arrivando due o trecento persone che hanno in mano un agognato cartoncino dell'associazione Italia-Cuba per un incontro del pomeriggio. C'è di tutto: giovani e anziani dell'Arci e delle Acli, l'abate priore dei francescani di Assisi, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, l'ex briga¬ tista Alberto Franceschini che desidera «vederlo perché è uno che la rivoluzione l'ha fatta», il capo di gabinetto di Rutelli Pietro Barrerà. Naturalmente non poteva mancare Gianni Mina. E c'erano Paolo Cento e Alfonso Pecoraro Scanio, deputati dei Verdi. Pecoraro, che trova Fidel «un tipo molto simpatico, uno che ti affascina e guardate che io vengo dalle esperienze libertarie e non sono mai stato comunista», racconta che Castro ha fatto un discorso terribilmente lungo, ma interessante, «incentrato sui danni per Cuba dell'embargo e sulla difesa dell'ambiente». Anche qui, raccontano, Fidel Castro ha fatto un accenno alla questione dei diritti umani. Non che qualcuno gliene abbia fatto cenno, per carità. Nessuno tra gh invitati dell'associazione ha sollevato il problema. Ci ha pensato Fidel in persona, ma da par suo. E dunque «il problema non esiste, perché a Cuba non ci sono detenuti politici». Francesco Grignetti Cecchini sul tetto Un filtro insuperabile di uomini della sicurezza cubana