«Riporterò la Romania in Europa»

I 1 «Riporterò la Romania in Europa» Constantinescu promette riforme e privatizzazioni IL NUOVO PRESIDENTE Lm BUCAREST ~ UOMO che oggi compie 57 anni e diventa il primo leader romeno consacrato dal voto anziché dal sangue è un intellettuale, nel look prima che nel curriculum: occhiali di tartaruga, giacca di tweed, due lauree, in giurisprudenza e geologia, già docente e rettore dell'università di Bucarest, ora «primo Presidente democratico della Romania», come si definisce. Domani Emil Constantinescu entrerà a Palatili Cotroceni, che ospitò le velleità di re Michele e i deliri di Ceausescu. Oggi, però, ci riceve nella sede del suo comitato elettorale: tre stanze al pianterreno di un tetro condominio di Splaiul Independentei, un quartiere popolare di Bucarest, piene di libri e bottiglie di champagne romeno. Presidente, dopo aver brindato lei dovrà applicare l'ambizioso Contratto con la Romania con cui ha vinto le elezioni. Quali sono i primi tre capitoli che affronterà? «Rilanceremo l'agricoltura, concedendo crediti a lungo termine e basso interesse ai contadini cui manchino ancora trattori e altre macchine, creando una Borsa dei prodotti agricoli per sconfiggere gli speculatori e favorendo le associazioni tra proprietari, senza tornare al vecchio modello collettivista. Quindi incentiveremo la piccola e media impresa, abbassando le imposte sugli utili reinvestiti e concentrando le risorse nei settori più redditizi, in grado di reggere la concorrenza con l'estero. Ho poi un piano per ammodernare la grande industria attraverso la cooperazione con gli investitori strategici dell'Occidente. Dobbiamo aumentare la quota di investimenti stranieri in Romania, che è la più bassa dell'Europa centro-orientale. Modificheremo le leggi in modo da garantire la proprietà dei terreni su cui costruiranno gli investitori europei e il rapido rimpatrio degli utili. Cercherò anche nuove intese con le grandi banche». I piccoli imprenditori italiani sono frenati dalla legge romena che limita gli incentivi fiscali agli investimenti superiori ai 50 milioni di dollari. Cosa farà per incoraggiarli? «Sono venuto molte volte in Italia, sono in contatto con la Confindustria e con le associazioni regionali. Conosco le difficoltà degli italiani che investono in Romania, comprese quelle legate alla burocrazia centralizzata e % alla corruzione. Quindi so quel che si deve fare. L'ultima volta, a Milano, un imprenditore mi disse: dopo l'89 dall'Italia sono arrivati da voi prima i mascalzoni, poi gli avventurieri, quindi i piccoli industriali e infine gli investitori strategici. Tranne i primi, tutti gli altri sono utili. I piccoli imprenditori si sono adattati bene alla mentalità romena, che somiglia alla vostra. Anche se puntiamo soprattutto sugli investitori strategici, miglioreremo i rapporti anche con loro». In campagna elettorale lei ha detto di voler rivedere le condizioni d'ingresso della Romania nell'Ue. Ma come entrare in Europa con le mi¬ niere e l'industria siderurgica assistita? E come entrare nella Nato con un esercito sfiduciato e mal pagato? «Sono stato il primo a dire ai romeni la verità: l'Ue e la Nato non sono associazioni benefiche, non accolgono Paesi incapaci di rispettare gli standard economici e sociali. Ho spiegato agli elettori che dovranno soffrire ancora, prima di avvicinarsi alle condizioni di vita occidentali. Le tappe diplomatiche dell'ingresso in Europa sono compiute, ora cominciano i negoziati seri. Il nostro Paese ha grandi risorse naturali e umane, ma è stato governato da incompetenti. Con la ri¬ forma economica che imporrò, in tempi brevi rispetteremo gli standard per l'integrazione». Privatizzare comporterà conseguenze dolorose: chiusure, licenziamenti. Non teme i contraccolpi sociali che negli altri Paesi dell'Est hanno riportato al governo i postcomunisti? «No. Tutti i sindacati mi hanno appoggiato. Segno che i romeni sono pronti a sottoscrivere un nuovo contratto sociale, che pure prevede un prezzo per le riforme, perché sono stanchi di pagare un prezzo ancora più alto per la stagnazione. L'Occidente, però, sappia che impostando i negoziati non ripeteremo gli errori di altri Paesi ex comunisti, che hanno venduto industrie in attivo per liberare il mercato per gli stranieri». Ora che è caduto anche il Muro di Bucarest, è tempo di ricostruire l'identità culturale romena, affrontando gli elementi che il comunismo aveva rimosso: la religione (e ieri sera, dopo la vittoria, lei ha recitato in piazza il Padre nostro); la monarchia (Iliescu l'ha accusata di essere legata a re Michele); l'eredità dei grandi esuli, Cioran, Ionesco, Eliade. Qua! è la sua attitudine verso questi aspetti dell'anima romena? «La ringrazio di cuore per questa domanda. Vede, molti in Occidente guardano solo i dati economici, e considerano la Roma- nia alla stregua dei Paesi sottosviluppati. Ma noi abbiamo una cultura plurisecolare, che la dittatura comunista non è riuscita a distruggere. Siamo un Paese cristiano fin dalle origini, dalla predicazione di Sant'Andrea. La Chiesa romena ha custodito per secoli la nostra identità linguistica e spirituale dall'imperialismo turco e da quello russo. Quanto alla diaspora artistica, cui aggiungerei almeno Brancusi e Culiano, noi siamo pronti a ripartire da lì per tornare sulla scena culturale europea. C'è nel Paese una grande domanda di politica e di cultura. Oggi, con la democrazia romena, comincia la grande rincorsa». A sette anni dalla sua esecuzione, come crede sia percepita dai romeni la figura di Ceausescu? E lei, lo considera un criminale? O un pessimo politico? «E' difficile parlare a nome di un intero popolo: anche nel caso delle più crudeli dittature non c'è mai unanimità, come voi italiani sapete bene. Per me Ceausescu era uri uomo senza cultura, ma di intelligenza e abilità straordinarie, che ha saputo soggiogare non solo il partito, ma ceti più ampi della popolazione, facendo propri alcuni temi-chiave come il nazionalismo. Di fatto, è stato il padre della più pericolosa ideologia della storia, il nazionalcomunismo. Eppure i romeni sono riusciti ad abbatterlo senza appoggi esterni, dopo che i leader occidentali erano scesi con lui a compromessi penosi». E il suo rivale Iliescu? «Un politico molto abile, che avrebbe fatto il bene della Romania negli Anni 70. Ora è troppo tardi. Il suo tempo è finito per sempre». AldoCazzullo