«Berlinguer credeva nella dc» di Antonella Rampino

IL CASO «Berlinguer credeva nella de» D'Alema:per sottrarre l'Italia a Craxi COMUNISMO IERI E OGGI SROMA E Enrico Berlinguer si fosse trovato a dialogare politicamente con dei maccartisti, la storia del pei sarebbe stata diversa». Comincia così, con una provocatoria autodifesa di Guido Bodrato, ex notabile della sinistra democristiana, la presentazione del libro «Da Togliatti a D'Alema» di Giuseppe Chiarante, uno di quei comunisti che, come Aldo Tortorella, hanno scelto di restare nel pds, e nel suo direttivo, rappresentando però una voce di opposizione interna. Provocazione avallata con franchezza e sincerità anche dagli altri relatori, a cominciare da Eugenio Scalfari, nel lungo dibattito al villino dell'editore Laterza ai Parioli. Un dibattito su Gramsci, Togliatti e Berlinguer: non c'è stato tempo perché qualcuno dicesse la sua su D'Alema. Che, alla fine, si è rifiutato ovviamente di assolvere il compito di autogiudicarsi, ma si è di fatto attribuito, chissà quanto involontariamente, il merito ,di aver superato il suo leader storico. Dopo Bodrato, è stato Aldo Tortorella a lanciare un altro sasso nello stagno: «Berlinguer, che pure si ispirava più a Gramsci che a Togliatti, era incapace di valutare i nuovi fenomeni della cultura politica, e di vedere con chiarezza le modificazioni dell'economia, dello Stato, della società soprattutto». Una difficoltà, aggiunge polemico Tortorella che è seduto proprio accanto a Massimo D'Alema, che da Berlinguer arriva ai dirigenti del pds in carica oggi. Ed è stato Eugenio Scalfari, in un lungo intervento a sottolineare che il limite era nell'uomo Berlinguer: «Enrico, di cui a un certo punto ero diventato amico, pur non essendo io comunista, era sessuofobo. Per lui era quasi impossibile affrontare temi come la sessualità, la fede, il costume, senza sentirsi in imbarazzo. Un limite grave, per il leader di un partito che si proponeva come la guida dèi rinnovamento». Tortorella, fra le righe, ha anche rimproverato a D'Alema «una certa frettolosità a precipitarsi nel mag¬ gioritario, in un Paese come il nostro, nel quale tutto è stato pensato in funzione del proporzionale». Tra le righe della Storia, e di quella di uno dei due grandi partiti popolari italiani, «i due pilastri di un ponte che ha portato l'Italia a sopportare la gigantesca trasformazione che la modernità comporta», come ha detto Scalfari, si è affacciata prepotente l'attualità: la questione morale, che allora era il cardine della «diversità comunista», e che oggi è centrale per tutti. Berlinguer «era consapevole che chi aveva occupato le* istituzioni^ ìè aveva poi piegate alla volontà degli occupanti, sottraendole ai cittadini, e che la classe dirigènte riproduceva la propria immoralità attraverso il sistema della cooptazione», secondo Scalfari, per il quale nel pei stava «nascendo un'anima dorotea». D'Alema non ha raccolto. E' andato oltre: ha descritto i limiti del vecchio partito comunista, «finito con Achille Occhetto». Anzitutto, «l'incapacità ad elaborare una visione dello sviluppo economico che non fosse figlia della cultura della crisi del capitalismo». E poi, a sorpresa, ha puntato il dito sul «legame mai cancellato con l'esperienza comunista». «Vedi Eugenio», ha esordito D'Alema, «né nel '79, né nell'81 il pei si separò veramente dall'Urss. Furono, momenti di rottura, certo, ma pesava su di noi l'idea che quella società fosse riformabile, che seguendo l'esèmpio nostro e di altri partiti comunisti europei, anche il socialismo reale potesse riformarsi». Ancora a sorpresa, l'unica cosa che in coscienza D'Alema si sente di rimproverare a Berlinguer è «non aver capito che lo choc petrolifero del '73 apriva la strada alla nuova, straordinaria rivoluzione tecnologica». Insomma, Berlinguer non ebbe l'acutezza del Gramsci di «Americanismo e frontismo», che capì come il crollo di Wall Street del 1929 aprisse una nuova stagione vitale per il capitalismo. Ancora più sorprendente, l'ultima annotazione di Massimo D'Alema: «Guardate, io ne sono stato testimone, quando Berlinguer decise di andare all'opposizione lo fece pensando che con la de ci si potesse ancora alleare. Lo fece nel tentativo di togliere il Paese dalla morsa del craxismqj Per Berlinguer, l'accordo con la de era tutto». Antonella Rampino Enrico Berlinguer

Luoghi citati: Italia, Urss