Vince Constantinescu «Addio Romania rossa»

Secondo i primi exit poli ha battuto Iliescu Secondo i primi exit poli ha battuto Iliescu Vince Constantinescu Addio Romania rossa» « BUCAREST DAL NOSTRO INVIATO «Daaaa», sì, urla Mihai, funzionario del ministero dell'Agricoltura, che era qui la notte del 21 dicembre dell'89, quando si accese il moto contro Ceausescu. «Da», esplode Adrian, studente al sesto anno di medicina, che qui è venuto il 14 giugno del '90, quando Iliescu mandò i minatori a bastonare gli studenti in rivolta. «Da», grida anche Carmen, casalinga, che in piazza dell'Università era passata solo per fare la spesa al centro commerciale sotterraneo, ma è felice lo stesso, perché la radio ha appena annunciato che secondo gli exitpolis Ion Iliescu, il «tiran» postcomunista che per sette anni ha regnato sulla Romania, è stato battuto (46 contro 54%) dal liberale Emil Constantinescu, nuovo Presidente e protagonista della prima svolta incruenta della storia romena. «Questa notte si compie la Rivoluzione dell'89 - dice in lacrime Mihai, il funzionario -. Quello era stato un colpo di Stato, per liberare da Ceausescu il partito, non il popolo. Solo ora stiamo vivendo la nostra rivoluzione di velluto, solo ora il comunismo è finito davvero». «Questa è la notte della vendetta. E quello è il balcone della libertà», urla Adrian, lo studente, indicando la balaustra al primo piano dell'Università, da dove, durante i 54 giorni dell'insurrezione della primavera '90 contro i «révénants» del comunismo, gli studenti leggevano le loro invettive contro Iliescu e i versi del poeta nazionale Mihai Eminescu, e da dove ora si è appena affacciato il vincitore. «Victorie», scandisce la folla, che impugna i segni della rivolta contro Ceausescu - le bandiere romene con un foro al posto del logo della Repubblica socialista, i garofani rossi -, fa tintinnare le chiavi, simbolo di Convenzione democratica, il partito del nuovo Presidente, e intona il coro di dileggio che sette anni fa rivolgeva al Conducator, «Ale ale ale ale, Iliescu nu mai é», Iliescu non c'è più. Il canto sale gioioso ma terribile, il romeno è una lingua «che suona selvaggia», come diceva Cioran, che si sentiva imprigionato dal francese «come da una camicia di forza». Ora la folla tace, ascolta. «Non è la mia vittoria - grida Constantinescu -, ma la vittoria di milioni di romeni che nell'89 hanno avuto la volontà di cambiare, e poi la pazienza di attendere altri sette anni, fino ad ora. E' la vittoria dei milioni di oppressi dalla dittatura comunista, che li ha schiacciati ma non li ha perduti. E' la vittoria dei nostri padri e dei nostri bambini». Il Presidente si interrompe: non è l'emozione: manca la corrente. Sotto il balcone, Adrian lo studente ride, Carmen la casalinga applaude, Mihai il funzionario abbraccia sua moglie e continua a piangere. «Stanotte, dopo 45 anni passati dietro la cortina di ferro e sette sotto la cappa della transizione, la Romania torna tra le nazioni civili, riprende il posto che le spetta in Europa, si riaffaccia alla storia». Dai bulevard arriva il clacson di migliaia di auto, in piazza scendono decine di migliaia di romeni, le famiglie con nonni, nipoti e cani, i docenti dell'università incravattati che brindano con sampanie al loro collega (qui Constantinescu ha insegnato geologia ed è stato rettore), i ragazzi che bevono birra dalle bottiglie, gli zingari, in Romania particolarmente odiati perché ricchi, ma stasera tutti abbracciano tutti, anche gli ungheresi che hanno riversato il loro 7% di voti su Constantinescu, e nessuno pensa che il vantaggio decretato dagli exit-polis è lieve, e, anche se Iliescu ha già riconosciuto la sconfitta, il rischio di svegliarsi domani con una sorpresa è esiguo ma non nullo. Constantinescu leva le braccia al cielo e chiama al suo fianco un pope, che recita il Padre Nostro. La folla si inginocchia e lo accompagna. Sul palazzo di fronte è scritto a grandi lettere «monarhia salveaza Romania»: Dio e il re, rimossi durante il mezzo secolo comunista, hanno segnato l'intera campagna del nuovo Presidente, simboli della ribellione al totalitarismo e di un'identià culturale da ricostruire più che oggetti di fede autentica. Ieri si è pregato per Constantinescu in tutte le biserica.le piccole basiliche che il Conducator Ceausescu ha nascosto nei cortili, soffocato con i suoi palazzi, ma non ha potuto ab¬ battere per la resistenza silenziosa di queste vecchiette che sono rimaste in piedi per le tre ore della messa, hanno annuito quando il popa ha chiesto a Dio di «porre fine della notte bolscevica», si sono prostrate e segnate furiosamente, all'uscita hanno gettato cento lei al mendicante che come san Rocco denuda la gamba piagata e si sono fermate nel nartece a aggiungere la propria candela alle tante che ardono per i «vii» e per i «morti». Sono tante le vittime da ricordare oggi, nel giorno in cui il Muro cade anche a Bucarest: gli intellettuali fucilati da Gheorghiu-Dej, gli studenti bastonati dai minatori di Iliescu, i ragazzi bersagliati dai cecchini di Ceausescu. Qualcuno piange anche lui, il Conducator processato in piedi, con il cappotto addosso, fucilato con 180 colpi, tanto odiato che dovettero estrarre a sorte fra centinaia di volontari i tre del plotone d'esecuzione, e uno di loro non attese neppure il «fuoco!» per scaricargli il mitra nella schiena. Ieri mattina centinaia di romeni hanno portato fiori sulla sua tomba, dove fino a sei mesi fa c'era una croce di legno con la scritta «necunoscutule», ignoto. Hanno votato tutti Constantinescu, in odio al traditore Iliescu, e forse molti di loro sono qui, tra l'Università e il Tea¬ tini National, dove il loro Conducator aveva sempre l'intera galleria riservata, anche se non veniva mai, mentre in platea i sudditi applaudivano freneticamente, per riscaldarsi. AldoCazzullo Il leader democratico Emil Constantinescu ha vinto le presidenziali romene

Luoghi citati: Bucarest, Europa, Romania