Berlusconi: anche i senatori fuori dall'aula

A Milano, tra il plauso dei fedelissimi Il Polo replica sulla finanziaria. Prodi: disertare la Camera era un errore, perseverare diabolico Berlusconi: anche i senatori fuori dall'aula A Milano, tra il plauso dei fedelissimi MILANO. Una mano è per il microfono e l'altra mira la platea, l'indice puntato sull'Apostolo preso a caso: «Guai a te se non sarai in sintonia con il Potere!». Al Teatro Nuovo, i manifesti del Polo coprono quelli dello spettacolo di Arturo Brachetti, «il Trasformista». Silvio Berlusconi, dal palco, rimette i panni del Messia e per gli apostoli ha tante parabole e la buona novella. Che facciamo al Senato? invoca uno. «La nostra posizione non potrà essere diversa, non vogliamo alcuna responsabilità nei confronti della Finanziaria!». Dunque senatori del Polo fuori dall'aula al momento del voto. Nessun ripensamento. Nessuna trattativa. Anche qui, come l'altra settimana a Verona, arriva con «Gianfranco, Pierferdinando e Rocco». Ma qui, al Nuovo di Piazza San Babila, Berlusconi si sente a casa. E mille sulle poltroncine rosse si comportano come fosse davvero «il Silvio», uno di loro. Commentano ad alta voce, e se lui dice Rosy Bindi c'è una signora che grida «Troia!». Lo interrompono, e se lui attacca la par condicio e le elezioni perse c'è uno che sbraita «E' colpa di Mentana!» e un altro urla «Manda via Costanzo!». Quando i toni sono gravi, solenni, la mano sul cuore, «siamo di fronte all'emergenza», c'è chi scatta con un «Silvio non mollare!». E Berlusconi non molla. Solo sulle riforme, come Fini mezz'ora prima, non è bellicoso: «Continuano a chiamarci, e noi diciamo che ancora oggi siamo convinti di questa esigenza che 10 per primo ho indicato come necessaria!». Ma è un attimo, come una piccola interruzione in un immenso blob del Polo che va alla guerra con un Messia milanese che chiama apostoli i mille milanesi del Nuovo e altrettanti che sono fuori a prendere pioggia. Adesso punta 11 dito sull'apostolo che chiama «patrimoniale» la Tassa sull'Europa. «La patrimoniale è dietro l'angolo!», è la certezza scandita dal palco. Gianfranco, Pierferdinando e Rocco parlano in ordine alfabetico e di voti. Fini diffida il governo: «nessuno pensi» di imbavagliare il Polo «soltanto perché in un ramo del Parlamento si vuole dar corso ad una ristrutturazione del sistema televisivo per colpire un imprenditore». Insomma, giù le mani da Silvio e dalle sue tv. Pierferdinando, per l'applauso, deve gareggiare con Rocco. Bella partita. Casini battezza la vecchia TeleKabul in TeleProdi e racconta l'incubo di sabato sera davanti al tg: «Un dittatore come Fidel Castro ricevuto con tutti gli onori a Palazzo Chigi e al Quirinale! Ci vorrebbe più dignità istituzionale, più coscienza democratica, più rispetto...». Buttiglione, il filosofo, rimembra frasi del Ventennio e dice che «Prodi vuol spezzare le reni all'Italia», annuncia la nascita di una nuova componente del Polo, «il Pdu, Partito delusi del- l'Ulivo» e chiude in gloria. Prodi? «Un utile idiota in un governo da vecchio Fronte Popola-re!». Applausi in parità. Le batterie del Polo continuano a colpire e il Messia parla agli apostoli. Berlusconi recita la giaculatoria sulla magistratura: «Molte procure non sono strumento di giustizia, ma di lotta politica!» . Sono tutti bugiardi, come Goebbels. Sono tutti controllati dall'Ulivo: dal Csm alla Corte Costituzionale, alle Questure, Prefetture, Provveditorati agli Studi, giornali e tv di Stato: «La stampa è cieca per convenienza o paura, tutti gli editori sono sotto scopa da parte di "quella" magistratura». E' il Regime. La platea rumoreggia e interrompe: «E' una dittatura!». E lui, battendo il tempo con la mano: «Libertà!». Che si sveglino gli elettori della Lega e pure i cattolici e moderati dell'Ulivo: «Questi vogliono il Gregge, si dissocino!». Finito il comizio ci sarebbe un corteo, ma pare che quelli della Lega siano proprio tanti e allora meglio evitare. Berlusconi passa la domenica in villa, a Macherio. A chi lo chiama risponde che la guerra continua: «Al momento non vedo possibilità di dialogo. L'ho detto: non potremo che reagire adeguatamente di fronte ad estremi pericoli ed estremi mali. Se non ci sono segnali precisi per affrontare le tre emergenze Fisco, Giustizia e Libertà, non se ne parla». Nemmeno di bicamerale e riforme. «Perseverare è diabolico», è stato lo stringato commento del presidente del Consiglio Romano Prodi alla decisione del Polo di disertare il dibattito sulla finanziaria anche al Senato. «Avevo già detto che disertare l'aula della Camera era un errore, se ora il Polo diserterà anche l'aula del Senato non posso che ripetermi: perseverare è diabolico». Prodi ha poi ribadito che da parte del governo «c'è la volontà di sentire le proposte del polo: il 22% degli emendamenti accolti dalla Camera erano stati presentati dal Polo, ciò dimostra che siamo aperti a questo e lo saremo anche al Senato», [g. cer.] ILL. LI H llr ■ 8m 1(1

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