Bossi: a marzo si vota per la Padania

Contro la Finanziaria, la Lega porta anche 8 trattori davanti al Duomo: sono i nostri carri armati Contro la Finanziaria, la Lega porta anche 8 trattori davanti al Duomo: sono i nostri carri armati Bossi; a mano si vota per la Padania A Milano 150 mila in piazza. Maroni: siamo un milione MILANO. Rieccoli. E sono tanti, un fiume in piena che attraversa la città incurante della pioggia, fino a piazza Castello, dove nel Risorgimento stava l'ancora odiato Radetzky e adesso c'è la statua di Giuseppe Garibaldi. Simbolo di un'Italia unita che non piace nemmeno un po' perché, lo dice Umberto Bossi dal palco: «Non abbiamo più paura di conquistare la nostra libertà». «Siamo più un milione che mezzo milione», urla nel microfono il segretario. Anche se nessuno può contare al millimetro quante persone stiano in un corteo che passa per oltre un'ora e che si dipana per più di 4 chilometri. Lo fa la Questura. Dice che erano in 30 mila; una stima prudente. Di molto sotto ai 100, forse 150 mila che affollano piazza Castello e sono ancora in via Dante quando Bossi già parla dal palco. A sera l'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni si infuria, sulle stime della Questura: «Manderò un pallottoliere e le registrazioni tv e chiederò che venga sostituito chi ha fatto quei calcoli. Ci hanno sottostimato 10 volte». «Siamo tanti», si contano quelli che stanno sugli 8 trattori che arrivano dai campi di Settala, che aprono il corteo perché sono i «carri armati» della Padania. Sono tantissimi dietro allo striscione verde «Padania libera», portato a mano dallo stato maggiore della Lega, da Bossi, Roberto Maroni, Domenico Cornino, Francesco Speroni, Mario Borghezio, Gipo Farassino. Manca il sindaco Marco Formentini, forse a Strasburgo, ma è davvero l'unica assenza. E poi ancora tanti dietro agli striscioni che vengono da tutto il Nord, Marche comprese. «Jesolo, mare di Padania», c'è scritto su uno a fianco a quello della «Sezione Valle Grana, Cuneo». Poi ci sono gli striscioni dei giovani leghisti, quelli non inquadrati nella Guardia Nazionale Padana, le camicie verdi che sono ovunque. Si va dalla sezione di Seregno intitolata a Bobby Sand, il militante dell'Ira che si è lasciato morire di fame in carcere per l'Irlanda libera, a quella dei «giovani longobardi di Desio». «C'era la coda in autostrada, erano tutti i pullman del Veneto che venivano qui», urlano dal palco. Ma poi, silenzio che parla Umberto Bossi. Chiede che «ammesso che ci sia uno spazio di trattativa, la Costituzione che uscirà dalla bicamerale riconosca l'indipendenza della Padania». E' una richiesta un po' forte, ma il popolo padano non vuole sentire ragioni. Partono i coretti: «Chi non salta, italiano è». E le canzoni: «Abbiamo un sogno nel cuore, bruciare il tricolore». Gli unici tre, esposti per anonima protesta ad altrettanti balconi di piazza Castello, sono inavvicinabili. Ma i nemici veri sono altri. Bossi: «Il Vaticano che teme le conseguenze della perdita dell'egemonia cattolica, la destra che vuole uno Stato forte e il pds e il grande capitale, che vogliono fare piccoli ritocchi con la bicamerale per non cambiare nulla». Ce n'è per il presidente Scalfaro, per «la Pivetta, la Pivotta, quella fi che è come lo zero al cubo» e per il federalismo alla Bassanihi, «che vuol dire una tassa in più e non una tassa in meno». Perché poi il problema è tutto qui, sulla «Roma ladrona che il Nord vuole bastonare». Gli stand volanti propongono il manuale per la disobbedienza fiscale, tema della manifestazione scivolata via sulle questione secessioniste. Due gli inviti: disdire il canone Rai e non pagare le multe sulle quote del latte, «perché il più buono è prodotto in 5 regioni attorno al Po, dove c'è l'erba e l'acqua migliore». Alle 13 il Tg 5 annuncia che in piazza ci sono alcune migliaia di persone. Umberto Bossi parte all'attacco e tira in ballo pure la Rai, «che è un servizio igienico più che un servizio pubblico». E' anche il momento dell'unico svarione in un comizio filato via per 100 minuti. Tema, i giornalisti. Quelli che uno striscione giallo e nero bolla così: «Giornalisti di regime, prossima è la fine». Fa, Bossi: «Dicono che quelli della Lega sono pazzi, ma i pazzi in Russia li man¬ davano nei gulasch». La svista gastronomica - sono le 13 passate - non frena l'irruenza del segretario. «Da quello che ho sentito il governo della Padania ci annuncerà che a marzo ci saranno le elezioni per il parlamento padano. Si voterà anche per il referendun per l'autodeterminazione. Saremo in dieci milioni a farlo», ricorda Umberto Bossi. E poi snocciola le date: il 9 marzo si vota nel Veneto, il 16 in Piemonte, Liguria e Val d'Aosta, il 23 in Lombardia e Trentino. Il ministro padano Pagliarini è perentorio: «L'urico modo è la secessione, la separazione consensuale del Paese». Il suo collega Mario Borghezio è più colorito: «Ai cornuti di Roma, a quelle facce di merda diciamo di cercarsi un altro lavoro. Il Cipputi padano è per la rivolta fiscale». Francesco Speroni, capogruppo a Palazzo Madama: «Noi non sfidiamo la pioggia, sfidiamo lo Stato italiano». Fabio Potetti «Adesso Roma deve trattare La Bicamerale riconosca la nostra indipendenza», Il comizio di Bossi e i leader leghisti al corteo A destra: il questore Marcello Carnimeo