Un «Cavallo pazzo» per ogni stagione

=1 IL PALAZZO Un «Cavallo pazzo» per ogni stagione L Cavalier Silvio Berlusconi, si sa, piace molto raccontare le barzellette. Ma quella che l'ha veduto co-protagonista insieme ad un buffo «mattoide» di una certa età, l'altro giorno, nel suo comizio a Verona, è una storia vera e forse anche più bella di una barzelletta. Dunque, Berlusconi, ritto sul palco, è al massimo dell'entusiasmo oratorio, aizza e trascina la platea contro il governo, galvanizza la folla contro Prodi. Fa gli occhiacci, solleva le braccia, alza la voce: «Tutti i cittadini - scandisce - devono essere in allarme, pronti a resistere, a re-siste-reeeee...». Ma a quel punto, secondo la cronaca che ha scritto Giovanni Cerniti, c'è questo vecchietto che con perfetto tempismo - pure lui - si alza in piedi, stende il braccio nel saluto romano e si slancia di corsa verso il palco gridando: «Sì! I manganelli sono sempre quelli! Giovinezza! Giovinezza!». Il fatto che proprio in quel comizio Berlusconi abbia sdegnatamente paragonato Prodi a Mussolini non fa che $8ndere la^rèazione deH^m} ziano tifoso ancora più incongrua, in apparenza, e dissonante rispetto agli eccitanti propositi del Cavaliere. In realtà, si può essere perfino grati al vecchietto nostalgico e non solo per l'inconsapevole soffio di umorismo che ha. voluto offrire - gratuitamente, per una volta - alla vita pubblica. E' anche possibile dirgli grazie perché in quel modo folle ha rotto il meccanismo della politica e delle sue mire; e perché grazie alla sua pazza generosità ha comunque svelato qualcosa che non faceva comodo a nessuno. Non si saprà mai -, è chiaro - il suo nome. Non s'è mai saputo, d'altra parte, quello del signore che nel 1978, infiltratosi in chiesa alle spalle di Fanfani, gli tirò per bene le orecchie, immortalato in un'indimenticabile fotografia. Né mai si saprà l'identità dell'«imbrattatore notturno» che nei periodi più intensi di Tangentopoli vagolava per Roma con un maleodorantissimo secchio, diligentemente sporcando di sterco, appunto, i portoni delle varie sedi istituzionali. Ombre ignote, dunque, provenienti da chi sa dove e mandate da chi sa chi. E tuttavia anche di questo loro anonimato si può essere al limite riconoscenti. Dopo tutto, non sono mai mancati, né mai mancheranno i «sacri pazzi», i buffoni selvaggi, le sublimi macchiette che per vie misteriose avvicinano uomini e luoghi del potere, così spezzando o spostando in avanti i confini delle interpretazioni possibili, a volte pure con effetti di salutare smascheramento. Il povero Cavallo PazzoAppignani, in fondo, era uno di loro, o almeno il più noto e - drammaticamente - il più continuativo. Dal\simbolico* fustigatore di Zaccagnini, per il resto, alla persecutrice «duale» di Sgarbi; dall'antipannelliano itinerante con cartellone-sandwich alla signora scarmigliata che irruppe in pigiama in un congresso del psdi («Questa ce l'hanno mandata Craxi e Martelli» commentò l'acuto Cariglia), gli altri «bizzarri» di volta in volta registrati dai media sono loro sì, davvero, «prestati alla politica». Per quel poco che basta a manifestare un qualche barlume di verità, e almeno a chi intenda coglierla. Così, un giorno, l'irrequieto Cossiga, che giusto allora s'appassionava al tema shakespeariano della follia, ebbe un incontro tempestoso con il ballerino (in frac e antennine) di piazza Barberini. Mentre mesi fa, a Napoli, il pio Scalfaro ha visitato una basilica avendo al fianco un finto frate. I limiti del normale, dunque, ma forse anche il brivido della più indecifrabile rivelazione. Filippo Ceccarelli Bill |

Luoghi citati: Napoli, Roma, Verona