«Caro Rauti tu non hai tradito» di Antonella RampinoIrene Pivetti
«Ho sentito il richiamo della coscienza». La Fiamma: allora resta con noi «Ho sentito il richiamo della coscienza». La Fiamma: allora resta con noi «Caro Rauti, tu non hai tradito» La Mussolini ai missini: io come Di Pietro CHIANCIANO TERME DAL NOSTRO INVIATO «Ho sentito il richiamo della coscienza. Essere tra voi, oggi, tra la gente che non ha tradito, che non ha rinnegato i padri». Viene giù il teatro, o meglio sarebbe dire il centro congressi, quando Alessandra Mussolini entra in scena. Anche perché fuori piove a dirotto. Baci, abbracci, e tante mani che la tirano per la giacchetta di quel sobrio tailleur grigio, preludio all'invito che poi, lei assente, le farà Rauti: la esorterà a «tornare a casa» - il leader - assicurandole «un posto adeguato al suo nome, al suo prestigio e alle sue capacità». A un passo, e poi si rifugerà nel loggione a masticare chewing-gum, la non più emozionabile Maria Scicolone. Non applaude nemmeno, la sorella di Sofia Loren, evidentemente avvezza alla baldanza, e al coraggio, della figlia. Perché in effetti esordire rievocando «chi non ha tradito» proprio al congresso dei missini residui, al primo appuntamento di ciò che resta del partito che per decenni portò la firma di Giorgio Almirante, è un bell'ardire. «E potevi pensarci prima», si sente rispondere Mussolini dalla platea. La quale è composta tutta, rigorosamente, in doppiopetto, come del resto i leader del palco, Pino Rauti, Staiti di Cuddia, il principe Sforza Ruspoli, ma vagolano qua e là baldi giovani del servizio d'ordine che sembrano usciti da un film americano, tipo «Terminator», e dicono chiaro e tondo che, fosse per loro, i giornalisti nemmeno dovrebbero entrare. Una battuta, naturalmente. Ma quando Alessandra arriva, scortata e difesa come il capo di un Paese affluente in un vertice del Terzo mondo, la sala ha applausi e brusii. «Credevo di potenni fidare di Fini, di Fiuggi. E invece loro oggi rinnegano un movimento che ha fatto col sangue la storia più nobile della nazione» incalza Mussolini dal palco, sedando per un attimo gli animi. Poi descrive com'è finita la Bolognina dei fascisti: «Cinismo, amore del potere, indifferenza alla gente: An ha abortito i propositi di Fiuggi. Mi sono sforzata di far capire gli errori, e gli errori erano ogni giorno più gravi. Ho tentato di dar voce a quelli che nel partito non ne avevano, ai militanti sempre più delusi». Un tasto delicato, quello della democrazia interna ai partiti. E anche per quel che riguarda la Fiamma tricolore, se, ben fuori dalla sede del congresso, si distribuiscono emendamenti al¬ le tesi del direttivo che, dentro, non si vedono tra le mani di nessuno. Mussolini continua il proprio intervento e lancia parole d'ordine care alla sinistra, coniugare uguaglianza e libero mercato. E arriva a paragonare se stessa a Di Pietro: «Ho avuto giornate amare, molto dure, di sofferenza, prima di arrivare a dire "basta", come Di Pietro». Qui i commenti si fanno più espliciti: «Begli opportunisti tutti e due». Mussolini, che parla a braccio, non si sgomenta: Fini è arrivato a deideologizzare la destra, possibile che il seminario sulla destra liberale lo abbia dovuto fare Lucio Colletti? E poi tira fuori le unghie: «Il mio allontanamento è funzionale alla creazione di un partito unico del Polo. Anche perché Fini ha permesso che Rifondazione comunista andasse al governo, e questa gliela faranno pagare». E attacca U Polo per manifesta incapacità: «Ma quale Aventino, l'opposizione si fa in Parlamento, specialmente dopo che si sono portate 600 mila persone in piazza». E dire che per Fini erano un milione. Ma ce n'è anche per Tatarella, l'unico che ha qualcosa da dire, ma che purtroppo parla pugliese stretto. Antonella Rampino Alessandra Mussolini sul palco del congresso della Fiamma Tricolore A destra: Irene Pivetti
Luoghi citati: Chianciano Terme, Fiuggi, Staiti
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