E Chicchi forse torna a cosa di Vincenzo Tessandori

Cardino rischia di perdere mezza inchiesta E Chicchi forse torna a cosa Cardino rischia di perdere mezza inchiesta SVOLTA ALLA SPEZIA LA SPEZIA DAL NOSTRO INVIATO Eccolo, Pierfrancesco Pacini Battaglia, «Chicchi» la linguaccia, che non fa misteri dei suoi maneggi e ancor meno di avere in pugno magistrati e vertici fra le forze dell'ordine. In pugno, che poi vuol dire averne segnato i nomi su quello che vien sbrigativamente chiamato «libro paga». Quando racconta tutto questo, parla con l'avvocato Marcello Petrelli, di Roma, lui pure finito sotto inchiesta, qui alla Spezia, e sospeso dalla professione per due mesi, che è il massimo previsto. E agli attenti pm Alberto Cardino e Silvio Franz, il legale, interrogato duro, si affretta a puntualizzare che nomi «Chicchi» non ne ha mai fatti. E poi, c'è sempre il segreto professionale a spiegare certe, come chiamarle?, amnesie. Infine, la linguaccia gli dava l'impressione di essere un po' un millantatore. Sì, anche quella volta che lasciò cadere li nel discorso che avrebbe avuto «un colonnello che m'informa». 0 quell'altra, quando disse che pagava mezzo mondo. Forse questa è la volta buona, forse è vero che «Chicchi» ce la farà ad uscire dal carcere prima che vengano concessi gli airesti domiciliari all'Emo Danesi, che era amico suo, ma alla prova del fuoco, quando si è trovato davanti un giudice dal volto severo, ha raccontato una storia diversa da quella offerta da Pacini Battaglia. Le due difese hanno presentato istanze di scarcerazione: più rapida quella di «Chicchi», che lo ha fatto venerdì; ieri è toccato a quella dell'ex tessera 12. Alla base delle pressanti richieste, la convinzione, radicata nei difensori, che ormai siano sfumate le ragioni per le quali appariva legittimo temere che gli imputati avrebbero approfittato della libertà riconquistata per inquinare le prove o tagliar la corda o magari combinarne qualcuna analoga. Il parere del pubblico ministero è ancora segreto, ma è possibile che una volta di più i giudici per le indagini preliminari Maria Cristina FaUla e Diana Brusacà abbiano già in mente che cosa scrivere nell'ordinanza. Del resto, proprio il gip Failla commentava ieri che sarebbe sgradevole se qualcuno pensasse che la restituzione della libertà avvenisse soltanto dopo la confessione dell'imputato. «Non abbiamo mai accettato l'idea che si esca di galera se si parla». Ma è esattamente ciò che contesta Alessandro Cassiani, difensore di Danesi: «Per quel che ci riguarda stiamo facendo il possibile. Alcune volte, però, devo pensare che al mio cliente non sarà concesso nulla fino a quando non darà risposte soddisfacenti per i magistrati». Come Danesi, che piange ad ogni occasione, pure i legali cercano di toccare le corde dei sentimenti. Aggiunge Cassiani che ci sarebbe un «assurdo accanimento. E' solo un inspiegabile accanimento dei giudici», questa detenzione prolungata. «Questa non è giustizia. Non c'entra nulla con il codice». E ancora: «Vorrei sapere cosa cambia se l'ordine di custodia cautelare fosse sostituito con gli arresti domiciliari. Da settimane andiamo ripetendo che solo l'ami ien- te familiare può giovare ad un uomo con dieci chili in meno e che sembra sempre più un automa». Fatto è che l'inchiesta dà l'impressione di scricchiolare, almeno un po', a dispetto delle accelerate impresse dai pm Cardino & Franz. Perché pendono in Cassazione tre ricorsi per la competenza territoriale dei magistrati di La Spezia. E venerdì 22 novembre, giorno di Santa Cecilia, si deciderà sulla supplica presentata in nome di Necci Lorenzo, re deposto dei treni, dagli avvocati Paola Balducci, Paolo Masseglia e Alfonso M. Stile. Pochi giorni dopo arriveranno i pareri per Danesi e Pacini Battaglia. Se la Cassazione riterrà che la procura della Spezia non è competente e tutto ciò che compiono i suoi magistrati non è più giustificato dall'urgenza, dopo dieci giudici indagati e dirottati a Perugia, potrebbero prendere altre strade pure i tre imputati che tutto sommato in questa indagine sembrano il massimo comim denominatore: Pacini Battaglia, Danesi, Necci. E alla Spezia che cosa rimarrebbe? Coriandoli o poco più. Oppine, qualcosa che finora è stato consi¬ derato come argomento di scarso rilievo o di minor importanza: il filone delle armi, quello che ha già messo nei guai i vertici dell'Otobreda che poi è il marchio più conosciuto dell'italian style nel campo dei cannoni & affini. E a dispetto dell' ottimismo ostentato dagli avvocati della difesa, pare proprio sbagliata la sensazione che i pm Cardino e Franz abbiano mollato anche quell'osso. Al contrario, il tema appassiona molti e anche per questo l'altro giorno è arrivato alla Spezia il sostituto procuratore Bruno Cherchi, di Padova, che dirige un'inchiesta su un traffico che coinvolgerebbe la Romania, la Croazia e il Danubio in quel tratto che venne pattugliato dagli uomini della Guardia di Finanza. Per tre ore e mezzo «Chicchi» ha risposto alle domande del magistrato, nello stesso giorno in cui aveva fronteggiato quasi otto ore di interrogatorio condotto dal cortese Cardino. Cortese ma fermo e instancabile ha sottolineato qualcuno. Ma anche «Chicchi» è uno che non bada alla fatica, come non bada alle parole. Vincenzo Tessandori Il gip: ma non è vero che esce di galera soltanto chi parla Il banchiere italo-svizzero Pier Francesco Pacini Battaglia A destra: il pm Alberto Cardino

Luoghi citati: Croazia, La Spezia, Padova, Perugia, Roma, Romania