Poste, i Bpt 14 anni dopo

Poste, i Bpt 14 anni dopo Poste, i Bpt 14 anni dopo Mi interessano i Buoni postali fruttiferi della nuova serie R ( 1/1 /9S). Ma, alla mia richiesta d'acquisto, all'ufficio postale mi sono sentita rispondere che nessun Buono a termine dura più di 12 anni (quando triplica), poiché in seguito non maturano più interessi. Evidentemente ho frainteso la risposta da lei data a un lettore di «Tuttosoldi», il 4 dicembre '95. Può spiegarmelo più chiaramente, visto che mi sembrava un impiego interessante, questo tipo di «prodotto», un impiego quasi «forzoso» perché intoccabile fino alla scadenza (nel proprio interesse). T. Romualdi - Milano «TI vero, oppure, forse, dovrei rispondere: era vero. Perchè, proprio / in questi giorni, un decreto mterministeriale Tesoro-Poste «allunga» i tempi per il raddoppio e la triplicazione delle somme investite nei Buoni postali a termine, dopo il 29 ottobre '96, ri I spettivamente da 8 anni a 9 anni e 6 mesi, e da 12 anni a 14 anni. Questo significa che, al netto della ritenuta del 12,50 per cento (che viene calcolata al momento del ritiro), il tasso scende, per i due periodi considerati, dall'8,17 al 6,875% (con un «taglio» dell' 1,334) e dall'8,79 al 7,493% (l'I,297 in meno). Si è verificata, in sostanza, l'eventualità che anche per questi Bpt (per i Buoni fruttiferi, invece, rimangono invariati) i rendimenti si adeguassero alla riduzione generale dei rendimenti dei titoli di Stato, in atto ormai da vari anni. Ciò rientra nel quadro generale dello sforzo in atto per attuare le «condizioni di Maastricht», necessarie per fare parte dall' 1/1/99 (salvo sempre eventuali proroghe) dell'Unione monetaria europea e della moneta unica, l'Euro. Eventualità, peraltro, che ho sempre preso in considerazione: l'ultima volta su «Tuttosoldi» del 28 ottobre scorso, quando, rispondendo a un «laureando» sul come investire i suoi risparmi, gli suggerivo, tra l'altro i Buoni postali a termine. Aggiungevo: «Se l'amico Maurizio fosse d'accordo, gli consiglierei, però, di farlo presto; i rendimenti del risparmio postale sono stati aggiornati 1' 1/11/96, è vero, ma nulla esclude che possano essere «aggiornati» (cioè ridotti), nuovamente, dato il calo dei rendimenti in corso per tutti i titoli di Stato». E il risparmio postale concorre, per quasi il 10%, a coprire il «debito pubblico», i cui interessi, complessivamente prossimi ai 190 mila miliardi di lire annui, costituiscono la vera «palla al piede» del nostro Paese. La «cartolarizzazione» paga o non paga i bolli? Faccio riferimento alla famigerata «cartolarizzazione» dei titoli di credito, in base all'esistenza della quale si paga, o meno, secondo le banche, l'imposta di bollo sugli estratti conto bancari. Sono cliente di due grandi istituti di credito: il primo non riconosce il principio della «non cartolarizzazione» e pago 49.500 lire all'anno per l'imposta di bollo sui miei titoli immessi in un deposito amministrato; il secondo, invece, non me la fa pagare. R. Lodigiani - Novara La «cartolarizzazione» è la stampa materiale dei titoli. Sembra che il lettore abbia sottoscritto titoli emessi dai due istituti di credito dove egli ha i relativi depositi amministrati, e che i titoli gli stessi istituti non li abbiano stampati. Ma siccome, per legge, le obbligazioni devono essere stampate, in un istituto la «non cartolariizzazione» è considerata un semplice rinvio della stampa (Bot e Ctz non sono obbligazioni, per loro la stampa non è prevista), e per l'altro istituto no. Comunque il Fisco pretende, in ogni caso, l'imposta di bollo. E uno dei due istituti considera il deposito amministrato come tale, e fa pagare al cliente le 49.500 lire

Persone citate: Romualdi

Luoghi citati: Milano, Novara