La retrospettiva
FESTIVAL FESTIVAL CINEMA GIOVANI La retrospettiva GLI Anni Cinquanta in Ungheria furono assai contraddittorii. Gli intellettuali pensarono di poter riformare dal suo interno il comunismo, trasformandolo in un socialismo dal volto umano. Poi a Budapest arrivarono i carriarmati sovietici, e l'appuntamento con l'utopia fu rimandato. Ma nell'era di Kàdàr, il grande normalizzatore, sotto l'apparente fedeltà a Mosca, lettere e arti conobbero una straordinaria primavera. Bisognava rispettare certe regole, eludere o sottintendere alcuni problemi politici, ma per il resto il genio poteva spaziare abbastanza liberamente. In questo fervore creativo, si ritagliò uno spazio straordinario lo studio Béla Balàzs, uno dei sei centri produttivi della cinematografia magiara. Nacque poco dopo il dramma del '56. Con l'obiettivo di lasciare spazio ai giovani, di strappare l'iniziativa dalle mani dei grandi vecchi del cinema magiaro, nati all'inizio del secolo e cresciuti nell'atmosfera imperiale, borghese, poi fascista. "Quindi geneticamente irredimibili. Ma le cose andarono diversamente. Lo Stato allevò una generazione di ribelli geniali. Il Béla Balàzs fu un'istituzione praticamente unica al mondo. Accoglieva e finanziava i giova¬ ni diplomati alla Scuola di Teatro e Cinema. Offriva l'occasione di cimentarsi sul campo, di fare pratica nei vari mestieri della celluloide. I membri si ritrovavano con regolarità, ogni martedì, a discutere del mondo, del cinema, di progetti concreti. Invitando intellettuali di altre discipline. Anche quelli sgraditi al regime. Ogni film aveva garantita un'uscita pubblica. L'onnipotente Aczel, dominatore della cultura per trent'anni, vigilava con un sapiente dosaggio di censura e tolleranza. Ogni tanto ritirava qualche passaporto, ogni tanto faceva strappare qualche pagina di sceneggiatura, ogni tanto permetteva una scena scabrosa per gli ortodossi del comunismo. Perché sapeva che quei film, in Occidente, erano il rnigliore spot pubblicitario per il sedicente regime liberalsocialista. Conquistando critici e Festival, valevano più di mille Trabant per la fabbrica del socialismo reale. E quei registi (tra cui Elek, Gàbor, Huszànk, Szabó, Gaal, Mészàros, fino a Gothar e Body), tra speranze e delusioni, tra metafore e piani sequenza, lasciarono il segno nella storia del cinema. rone (Italia, 1996, 35mm, 80') 14,30 Fuori concorso Close-Up Long Shot (Primo piano Campo lungo) di Mahmoud Chokrollahi e Moslem Mansouri (Francia, 1996, Betacam, 44') sott. it. 16 Nothing is Real - Appunti sul Nirvana di Giuseppe Baresi e Bruno Bigoni (Italia, 1996, Betacam, 42'); Incontro con Giuseppe Baresi, Bruno Bigoni, Stefania Rocca, Maurizio Totti, Gabriele Salvatores 17,30 Concorso l.m. Mes dix-sept ans (I miei diciassette anni) di Philippe Faucon (Francia, 1996, 35mm, 74') sott. Foto: scena di «I disperati diSandor» di Miklós Jancsó
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