I sei mesi di un Alieno al potere

I sei mesi di un Alieno al patere UNA LEGGENDA A PORTA PIA I sei mesi di un Alieno al patere 77 suo stile popolare ha scosso il Palazzo EROMA I fu (per ora). Dopo tutto, si trova sui giornali del 5 maggio la lettera con la quale Antonio Di Pietro comunica a Romano Prodi «la mia completa disponibilità all'impegno che mi hai proposto: la direzione del ministero dei Lavori Pubblici. Come sai - proseguiva rientra nei miei programmi un personale impegno in politica...». «Caro Romano» allora, «Sig. Presidente» oggi. In mezzo ci sono sei mesi che a ricordarli per sommi capi nella loro intensità vorticosa, turbolenta, o anche soltanto a rivederseli a brandelli di stampa, per immagini spesso sfocate, per dettagli annidati nella memoria, viene un leggero malditesta, o forse è semplice spaesamento. Comunque si parte già abbastanza «strani»: secondo la precoce leggenda del centrosinistra, infatti, sarebbe una nipote del presidente Prodi, a nome Silvia, ad aver suggerito la collocazione di Di Pietro ai Llpp. Dopo il consiglio della nipote, però, specie di vaticinio parentale a sfondo americaneggiante, c'è subito un inconfondibile e sintomatico rumorio a movimentare la vicenda ministeriale. Uno sbattimento di tacchi: così, ta-tàc, al momento di giurare, un po' anche sull'attenti, si presenta Tonino al presidente Scalfaro. Insomma, a pensarci bene - e anche per come sta andando a finire - tanto la sonagliera militaresca, quanto la «raccomanda» della nipote Silvia (neosposa, oltretutto, come ha informato giorni fa YAdnKronos), facevano ampiamente intuire che l'avventura del ministro Di Pietro avrebbe riservato sorprese e stravaganze come mai fino ad ora, e non solo sul terreno già piuttosto strampalato in partenza, dei media. Attraverso Di Pietro, in realtà, in questi ultimi sei mesi si è potuto soprattutto misurare la vecchiezza e la fine, ormai, di categorie come destra e sinistra. Nessun ministro, prima di lui, ha potuto avere il sostegno, individuale e trasversale, di parlamentari che provenivano da opposti schieramenti. Nessuno, al tempo stesso, ha avuto tanti nemici e tante polemiche come Di Pietro. Come se, oltre allo «scudo protettivo» di cui parla il Foglio, l'ex ministro disponesse di una invisibile calamita attira-nemici che l'altro giorno, per dire, a causa di una battuta («Non sono una ballerina») gli ha attirato i fulmini della Fis-categorie artistiche. E non sarà colpa sua, certo, ma almeno per come è stato seguito giorno dopo giorno, il Di Pietro ministro ha sanzionato anche la fine di un ordine logi¬ co, la distruzione di parametri di spazio e di una gerarchia certa di notizie. Tutto ciò che lo riguardava, in altre parole, è stato degno di nota: l'authority contro la corruzione e le bistecche mangiate in Molise con l'onorevole pidiessino Occhionero; i sospiri del cognato Cimadoro e i contributi ex Gescal; il piano di ristrutturazione finanziaria delle risorse idriche e l'auto-dimezzamento della scorta; i piaceri richiesti da De Mita e l'intervento a favore del king of paparazzi Barillari («Fermi tutti! E' una persona corretta») che scattava una foto a un onorevole in compagnia. Molto difficile, a questo punto, è capire su quali cose «serie» si siano impegnati i LIPp. E perché Di Pietro abbia sentito puzza di bruciato sul Giubileo; e come mai abbia dato l'impressione di cambiare idea (prima no, poi sì) sulla variante di valico. Agli atti rimangono spezzoni, anche significativi, di interventi in Consiglio dei ministri: «Signori miei, me lo dovete dire voi: vi interessa l'occupazione? Vi interessano le grandi opere autostradali? I progetti eccoli qui. Siete convinti? E allora...». E allora forse per il momento si può solo dire che con Di Pietro è nato una specie di stile popolar-istituzionale: un po' rozzo e arrogantello, maleducato e sbrigativo, ma tutto sommato reso legittimo dalle lunghe impotenze del normale tran-tran. Occhiali da sole, appunto, jeans, mani in tasca, voce grossa, barba lunga, consapevole rivolta contro il protocollo, rivendicata autenticità. «Buon pranzo a tutti» grida il ministro in un consesso di diplomatici. «Chi non beve il caffè con me, si strozza» è l'invito che fa agli impiegati nel bar dietro l'ango- lo. Molti dei quali cominciano a coltivare quello strano impasto lessicale a base di «che ci azzecca» e «è chiaro u' concettai)} - ai più ricercati piacendo al contrario il «dipietrese» più incongruo, quello del participio presente «pavoneggiarne» o del sostantivo «fuggitore» (di notizie). Nel frattempo cresce anche una specie di leggenda frugale, anch'essa a riprova della più fatale estraneità ai costumi e ai riti del ceto politico: si nutre di pizza e supplì, beve Coca-cola, Un'immagine che fece scalpore: il ministro Di Pietro si presenta in jeans al Parlamento

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