«Muoio di fame, aiutatemi»
Trovato sotto un mucchio di cartoni e stracci, era vittima di una banda di sfruttatori «Muoio di fame, aiutatemi» Trovato sotto un mucchio di cartoni e stracci, era vittima di una banda di sfruttatori Milano, salvato un ragazzo albanese loro poi controllati». I «cugini» sono in realtà i maggiorenni-sfruttatori che prendono in consegna i ragazzini direttamente dalle famiglie e li avviano al «lavoro» in Italia. Ragazzini di 12-13 anni, ma anche più piccoli, 8-9 anni. C'è quindi una complicità delle famiglie stesse? «C'è l'accettazione - risponde Pomodoro - del fatte che vengono in Italia per "lavorare". Ma non si può dire che le famiglie conoscano in partenza lo sfruttamento e le angherie cui i loro figb sono sottoposti». Non ci sarà «complicità», ma il MILANO. Le nove di sera di lunedì: un'autolettiga della «Milano ambulanze» sta facendo un giro lungo le strade attorno alla stazione di Lambrate. Tra due vetture in sosta, un «fagotto» di stracci e cartoni, un ragazzino rannicchiato che tenta come può di ripararsi dal freddo e di riposare. I lettighieri scendono, si avvicinano, lo scuotono. Il ragazzino apre gli occhi e ancora intorpidito mormora solo due parole: «Ho fame». Mangia, il ragazzino. Mangia per la prima volta dopo giorni un pasto completo e caldo. E si riscalda nell'ambulanza e trova finalmente parole e gesti di conforto. E' albanese, ha 13 anni, e la sua storia è simile a quella di tanti ragazzi di quel Paese che vagano nelle strade di Milano, laceri, denutriti. E sfruttati: vittime di autentiche bande organizzate che li usano come mendicanti, come piccoli spacciatori; che li obbligano a prostituirsi. Un fenomeno tanto grave e serio da spingere le autorità a formare un servizio ad hoc: «Abbiamo istituito un gruppo di lavoro che ha base in prefettura - spiega Livia Pomodoro, presidente del tribunale dei minori di Milano - cui partecipano le varie forze di polizia e magistrati, sia minorili che della magistratura ordinaria». Perché se minorenni sono i ragazzi sfruttati, maggiorenni e ben coscienti sono coloro che b sfruttano. Quel ragazzino trovato lunedì sera disteso in via Pacini ha alle spalle una storia simile a tante altre. Che comincia in patria, con la ricerca di un imbarco per l'Italia. Il ragazzino ha raccontato di un viaggio «interminabile» fatto passando attraverso la Grecia e di un altrettanto «interminabile» attraversamento dell'Adriatico fino ad Ancona. Poi l'arrivo a Milano con «mezzi di fortuna»: un po' in treno sfuggendo ai controlli, un po' con passaggi in auto, un po' a piedi. «E' una settimana che non mangio», ha raccontato. Forse un'esagerazione, se presa in senso letterale: il ragazzino, per quanto denutrito, non presentava i segni di una fame tanto lunga e non ha neppure avuto bisogno di un ricovero in ospedale. Ma certo era una settimana, e anche più, che non sapeva cosa fosse un pasto regolare; e ancor meno un bagno caldo; e ancor meno un vestito decente e un tetto sulla testa. Dopo averlo rifocillato e rincuorato, i lettighieri hanno avvertito la polizia che ha preso in consegna il ragazzino. Adesso seguirà la trafila dei suoi connazionali: una breve permanenza in un istituto di accoglienza, mentre si cerca di identificarlo con precisione e poi il rientro in Albania, presso la sua famiglia. «Quello che noi ci prefiggiamo spiega Livia Pomodoro - è far tornare questi ragazzini a casa. E' un lavoro immenso che non dà quasi mai risultati definitivi». Perché? «Perché nella stragrande maggioranza dei casi ritornano qui. Ci sono gruppi organizzati che tengono in piedi questo traffico ed è difficile sconfiggerli. Il caso di questo ragazzino, se è vero il suo racconto, è abbastanza anomalo perché non risulta inserito in gruppi costituiti, con i ragazzini accompagnati in Itaba dai cosiddetti "cugini" e da dato più allarmante resta che questi ragazzini - dopo che l'Italia li ha fatti ritornare in famiglia con l'aiuto del servizio sociale internazionale (che ha un ufficio pure a Tirana) ricompaiono, laceri e malnutriti, lungo le strade di Milano. A mendicare (e peggio) di giorno, a cercare rifugio, di notte, in qualche fabbrica abbandonata o sotto i ponti. Letteralmente: «Ne abbiamo trovati alcuni - racconta Livia Pomodoro coperti da cartoni sotto un ponte dei Navigli. Era estate, ma d'inverno una notte così, cosa può essere per un ragazzino?». [r. m.] Costretto a fare il mendicante ha raccontato di essere stato portato in Italia dopo un viaggio massacrante
Persone citate: Livia Pomodoro, Pomodoro, Ragazzini
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