Gli aiuti, guardare e non toccare di Mimmo Candito

Gli aiuti, guardare e non toccare Gli aiuti, guardare e non toccare 7/ leader ribelle blocca la distribuzione LA FRONTIERA DELLA TRAGEDIA JGOMA EAN-LOUIS ti ferma, e si tocca la pancia. «Sono affamato», dice. In macchina tu hai qualcosa, un poco di roba portata qui dall'altra parte della frontiera per farti sopravvivere: due cartoni d'acqua, una ventina di scatole di biscotti, dieci o quindici scatolette di carne (ma già l'incertezza sul numero è raccapricciante, quando pensi alla fame che c'è qui attorno a te), e poi anche fazzoletti di carta, disinfettanti, qualche aspirina. Allora tu finghi nel cofano, tenendo però il coperchio mezzo chiuso, e poi allunghi al ragazzo nero un po' di biscotti e un po' di carne. E gli sorridi, che altro puoi fare. Ma qualcuno da lontano deve averti visto, o forse la fame gli ha fatto sentire da laggiù l'odore dei biscotti, o la carne. E arrivano ruggendo, prima dieci, poi subito cento, poi tutti in un'onda nera che sembra un fiume che s'ingrossa urlando e torcendosi. Non sono ancora i morti-vivi della foresta; questa è, semplicemente, la gente di Goma. Ma la fame non fa differenze. L'assalto disperato alla macchina che ora porta dentro di sé un tesoro è ugualmente furioso, e generale. Non ti resta che scappare, se vuoi salvarti la pelle e anche le tue vettovaglie. Questa è la vita a Goma, oggi; questa è oggi la vita nel Kiwu, la terra dove da due settimane un milione di profughi vaga disperatamente nella foresta, senza più cibo ormai, senza acqua, senza sapere nemmeno dove andare o cosa fare. Tutto il mondo è in angoscia, giornali e televisioni raccontano di quest'esodo disperato verso la morte, l'Onu e i governi più potenti tengono riunioni infinite; ma i giorni passano vuoti, e ancora non un solo grammo di cibo è stato allungato verso quelle mani tese nell'aria. La scena più orrenda è quella che stiamo vivendo qui da due giorni, da quando cioè il gruppo armato che ha preso il controllo del Kiwu ha riaperto la frontiera con il Ruan¬ da: da quello stesso momento, i sette camion di medicine e di ricostituenti che arrivavano con il primo convoglio della speranza sono parcheggiati nel piccolo stadio di Goma, un Campetto d'erba cintato da un muro di pietra nera. Sono passati due giorni, e i camion se ne stanno sempre lì, fermi, immobili nell'erba, con il loro carico ancora perfettamente impacchettato, come se si trattasse di una snervante pratica della burocrazia e non^di un'emergenza che, ogni minuto, decide della vita e della morte di qualcuno. Fuori dallo stadio, al primo sorgere del sole una piccola folla si raccoglie, silenziosa, e aspetta. Nessuno ha detto nulla, nessuno ha dato annunci ufficiali o ha anticipato notizie, eppure il piccolo popolo della speranza si stringe fuori dal cancel¬ lo, e aspetta. Loro sanno, è un appuntamento che non ha bisogno di chiamate dirette. Il giorno se ne va, e nessuno si muove. Quando arriva la notte, e ormai scatta il coprifuoco, la piccola folla silenziosa comincia ad allontanarsi, sempre muta. E ad aspettarsi la nuova alba. E anche ieri, infatti, è continuato il braccio di ferro tra il capo dei guerriglieri e i rappresentanti degli organismi intemazionali, Onu e Unione europea. Kabila, il leader ribelle, vuole un riconoscimento dell'autorità di fatto che si è guadagnata con le armi; e perciò chiede un dialogo diretto - da pari a pari - prima di autorizzare qualsiasi distribuzione di cibo o medicinali. Onu e Ue temono, invece, di cadere in una trappola accettando di riconoscere il potere formale dei ribelli ma sen¬ za poi avere garanzie concrete sulla distribuzione, cioè sulla modalità, sulla scelta dei destinatari, sul controllo dei flussi di aiuti. Di fronte alla disperazione di questa difficile scelta - se privilegiare l'intransigenza dei princìpi, oppure l'urgenza della crisi - i tre ministri europei si sono anche divisi tra di loro; e ci sono stati momenti di tensione. Alla fine una linea comune è stata decisa, ma la ricucitura si è mostrata difficile. Emma Bonino e i ministri irlandese e olandese sono consapevoli dell'urgenza della loro missione, sentono le pressioni dell'opinione pubblica; sanno che ogni minuto costa nuovi morti. Non è stato facile scegliere la linea dura. Tanto più che le poche notizie certe si vanno ora facendo sempre più drammatiche: il colera - che in questa regione è un morbo in condizione endemica, latente su tutto il territorio - ha una conferma ufficiale. A Miunga, a qualche centinaio di chilometri a Ovest di Goma, i morti sono già 360. Un centinaio di malati sono in fase estrema, e non ci sono latrine, non c'è acqua, non c'è nemmeno l'ombra di un qualsiasi farmaco. L'allarme è arrivato anche qui, in città, dove l'acqua manca spesso, manca spesso anche l'elettricità, manca ogni disinfettante, manca ogni possibile rifornimento o prevenzione. La spirale rischia di farsi incontrollabile, due anni fa qui morirono di colera 80 mila profughi, e nessuno ha dimenticato lo spettacolo orrendo dei cadaveri abbandonati per strada. I medici delle organizzazioni non governative che lavorano qui da due anni, e che erano dovuti scappare all'esplosione della guerra, quindici giorni fa, ora premono per lanciare un appello ancora più urgente, un richiamo ancora più forte e ultimativo alla coscienza del mondo. Ieri, i satelliti sono anche riusciti a individuare la prima forte concentrazione di profughi nel fitto della foresta, e l'impossibilità di intervenire immediatamente rende ancora più tragica l'impotenza che la tecnologia con le sue sofisticate strumentazioni rivela ai nostri occhi di testimoni senza potere. Il gioco che si sta facendo sulla pelle di un milione di morti viventi (ma erano un milione due settimane fa, e ora quanti sono i sopravvissuti?) è spaventoso, agghiacciante. E si gioca anche lo spettacolo della fame, per ricattare più efficacemente i poteri politici: così ieri è stata autorizzata una piccola distribuzione di pacchi di biscotti, in modo che l'occhio vorace delle telecamere riportasse nelle case di tutto il mondo nuove immagini di dispera; zione, l'assalto frenetico degli affamati al camion del Programma alimentare mondiale. Mimmo Candito I camion con cibo, latte e farmaci sono fermi allo stadio di Goma Intorno c'è una folla disperata I guerriglieri decisi a approfittare dell'occasione per ottenere un riconoscimento internazionale

Persone citate: Emma Bonino, Goma, Kabila, Ruan

Luoghi citati: Miunga