Major non accetta la settimana europea

L'Ue impone alle aziende il tetto di 48 ore Major non accetta la settimana europea L'Ue impone alle aziende il tetto di 48 ore Ma la Corte di giustizia comunitaria respinge il ricorso dei britannici STRASBURGO DAL NOSTRO INVIATO Con gran rullar di tamburi il governo britannico del conservatore John Major è sceso ancora una volta sul sentiero di guerra contro l'Europa. Causa delle ostilità è stavolta una direttiva comunitaria che, pur con mille deroghe ed eccezioni, limita la settimana lavorativa a 48 ore e garantisce a tutti quattro settimane di ferie l'anno. Si dirà: e allora? Già, perché in tutta Europa queste conquiste sociali sono da gran tempo date per scontate. In tutta Europa tranne che in Inghilterra, dove Major e i suoi vedono come il fumo agli occhi qualsiasi regolamento sociale, colpevole secondo loro di creare disoccupazione. L'allergia britannica è tale che Londra non ha aderito al .«capitolo sociale» del Trattato di Maastricht. Gli altri 14 soci d'Europa, così, gli hanno rifilato la direttiva come se fosse una questione sanitaria. Major ha fatto ricorso alla Corte di giustizia dell'Unione. E ieri questa gli ha dato torto, aggiungendo una beffa: «Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è condannato alle spese». Ieri il presidente della Commissione europea Jacques Santer ha scritto allora a Major, ingiungendogli di accettare la direttiva «entro il 23 novembre». Londra «deve smetterla con i ricatti», ha aggiunto il commissario agli Affari sociali Padraig Flynn. Ma Major non gli ha dato ascolto e, definita «molto deprimente» la decisione della Corte, ha minacciato di non rispettarla e di boicottare la Conferenza per la riforma del Trattato di Maastricht. «La direttiva è un brutto pezzo di legislazione - ha detto Major -. Non l'accetto. Non è appropriata per il Regno Unito», tanto più che le questioni sociali «vengono risolte meglio tra datore di lavoro e dipendente». La smania regolatrice degli altri europei spiega anzi perché, secondo lui, «da lungo tempo l'Europa stia perdendo in occupazione e competitività». Ma è poi vero? Fino alla metà degli Anni Ottanta il modello «continentale» (salari più alti, orari più bassi e lavoratori meglio preparati) si è mostrato molto più competitivo in termini di conquista di mercati, occupazione e livello di vita rispetto al «modello anglo-sassone» (paghe basse, forza lavoro non specializzata e orario di lavoro lungo). Oggi però le cose sono diverse, e la scuola britannico-americana fa sempre nuovi proseliti. Non tra i laboristi britannici però, che nel Paese sono attualmente maggioritari. Secondo il «ministro ombra» David Blunkett, infatti, Major «sfrutta queste modestissime misure a protezione dei diritti dei lavoratori nella speranza di creare sentimenti anti-europei. Guardiamo in faccia la realtà: come si fa a considerare un'imposizione il fatto di non essere forzati a sgobbare per più di 48 ore alla settimana?». Il problema, britannici a parte, è però un altro. Già a causa della crisi delle mucche pazze Major boicottò i lavori dell'Unione europea. Oggi minaccia di bloccare i lavori della Conferenza inter-governativa per la riforma del Trattato di Maastricht (Cig), lavori che già languono per l'assenza di volontà politica e le divisioni sui punti cruciali: politica estera e difesa comune, nuova struttura istituzionale. Se il premier britannico decidesse davvero di cavalcare la xenofobia, la nuova Europa potrebbe non nascere più. Fabio Squillante

Persone citate: David Blunkett, Fabio Squillante, Jacques Santer, John Major, Padraig Flynn