«Quando ci sono prove...»
«Quando ci sono prove*»» «Quando ci sono prove*»» D'Ambrosio: abbiamo lavorato bene IL VICE DI BORRELLI LMILANO A prima reazione di Gerardo D'Ambrosio, è rituale: «Per la procura di Milano e per noi di Mani Pulite, è la conferma che abbiamo lavorato in maniera seria». Ma poi, mentre il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli, alla notizia della prima condanna definitiva per Bettino Craxi, Sergio Cusani, Severino Citaristi e gli altri imputati del processo Eni-Sai, si limita a dichiarare <uni attengo al mio voto di silenzio non faccio nessun commento, anche se non nascondo la mia soddisfazione», D'Ambrosio sceglie proprio questo momento per lanciare un messaggio preciso. Dice: «Questa sentenza è un segnale per tutti gli indagati di Tangentopoli che la giustizia funziona abbastanza, i processi si fanno, il carcere è più che uno spettro. E' inutile quindi sperare nella prescrizione o in una soluzione polìtica. La via d'uscita è una sola: aumentare il ricorso ai riti alternativi». Dottor D'Ambrosio, quali con- seguenze avrà su Mani Pulite questa sentenza? «Cominciamo col dire che questa non è la prima sentenza di Mani Pillile passata in giudicato. Anzi: sono tantissime, alcune centinaia, ma non sono state eseguite perche gli imputati hanno scelto la strada del patteggiamento. Con un'unica eccezione, Walter Armanini che, dopo tre gradi di giudizio, è finito in prigione. Ora anche per gli imputati di Eni-Sai - salvo forse Citaristi per ragioni di salute - hanno davanti il carcere». Non sembra affatto entusiasta. «Non augurerei il carcere a nessuno, come non augurerei a nessuno di finire sotto un'automobile. La le¬ zione di questa vicenda è chiara: se ci sono prove decisive, non vale la pena protestarsi innocenti e andare in dibattimento, è meglio accettare il patteggiamento e beneficiare quindi di condanne meno gravi». Sembra di risentire il pm Di Pietro nel settembre '94 a Cernobbio: "Venite e confessate"... «Ed eviterete il carcere. Si è vero, del resto era questo il senso della proposta che io stesso feci nel luglio '93 al convegno organizzato da Giuseppe Gargani, allora presidente della Commissione giustizia della Camera. Attenzione, dissi, allarghiamo la forbice delle pene tra chi sceglie il rito alternativo e chi sceglie il dibattimento. Nei sistemi di diritto anglosassone, il dibattimento è solo per i casi più controversi o urgenti e chi soccombe viene condannato a pene ben più pesanti perché oltre al reato riconosciuto, gli viene contestata l'aggravante di aver fatto perdere tempo e spendere denaro allo Stato, nonché di aver distolto giudici e pm da altri processi e indagini ben più utili alla collettività. Ma come Di Pietro non sono stato ascoltato». E allora cosa sta succedendo? (A Milano, grazie anche a Mani Pulite, abbiamo una media di ricorso ai riti alternativi del 50 per cento, contro una media nazionale del 24 per cento, eppure negli ultimi tempi, anche da noi, forse come risultato degli attacchi al pool, patteggiamenti e processi abbreviati si sono notevolmente ridotti. Speriamo ora che la sentenza della Cassazione sia un monito per tutti». E per «l'irriducibile» Bettino Craxi, cosa succederà? «Certo una condanna definitiva non è cosa da poco. Non potrà più chiedere di tornare in Italia con gli ordini di custodia revocati. Detto questo, non credo che per lui cambierà molto. Il governo tunisino finora ha fatto poco e non credo che farà niente». Chiara Boria ili Argentine Gerardo D'Ambrosio procuratore aggiunto
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