Si ammazzano per non fare il militare

Sarebbero dovuti partire ieri per la naja in Liguria e a Barletta. Uno si impicca, l'altro si butta sotto il treno Si ammazzano per non fare il militare Sarebbero dovuti partire ieri per la naja in Liguria e a Barletta. Uno si impicca, l'altro si butta sotto il treno A Lecce e Cosenza: non volevano lasciare le famiglie LECCE. Due ragazzi, due suicidi. Tutti e due terrorizzati dall'idea di partire per la naja. E' successo a Monteroni di Lecce, dove un ragazzo si è buttato sotto un treno, ed è successo a Fuscaldo, in provincia di Cosenza, dove un altro ragazzo si è impiccato a un albero. Il primo sarebbe dovuto partire ieri mattina per fare il servizio militare in un paese della Liguria, ma non sopportando l'idea di allontanarsi da casa ha deciso di farla finita: nelle prime ore dell'altro ieri, il macchinista del treno regionale Lecce-Bari ha visto un giovane uscire all'improvviso da un cespuglio sul ciglio della massicciata e buttarsi sotto il convoglio. Evitare l'impatto è stato impossibile. Secondo il racconto dei genitori, il figlio, che aveva 20 anni, aveva ottenuto per due anni il rinvio per motivi di studio e pensava di non dover più fare il servizio militare. Ma quando, pochi giorni fa, è arrivata la cartolina precetto, si è spaventato, secondo la testimonianza degli amici: «Si è rinchiuso in se stesso e parlava poco. Certo, questa chiamata proprio non se l'aspettava». Convinto di aver ormai ottenuto l'esonero, aveva cominciato a lavorare con il padre in un'officina meccanica. E invece è arrivata la chiamata alle armi, una prospettiva alla quale la sua «fragile personalità» - com'è stata definita da alcuni amici - non ha retto. Simile la vicenda dell'altro giovane suicida, ventunenne, a Fuscaldo: il suo corpo è stato trovato impiccato a un albero, a una cinquantina di metri da casa. Anche lui avrebbe dovuto partire ieri mattina, destinazione Barletta, per frequentare il Car - il Centro addestramento re- clute - dell'Esercito. Descritto dai genitori e dagli amici come «un ragazzo tranquillo, brillante e pieno di vita, senza particolari problemi», era stato assalito da un cruccio che lo tormentava: la partenza per il servizio militare. Il giovane è uscito di casa l'altro ieri sera, dicendo che avrebbe raggiunto il fratello in pizzeria. Ma nel locale non si è mai fatto vedere. E' stato solo ieri mattina che il padre, notando l'assenza del figlio, lo ha cercato. Nel garage ha notato un taglierino e un coltello, entrambi sporchi di sangue. L'uomo è uscito per andare a denunciare la scomparsa ai carabineri, ma la sua attenzione è stata richiama¬ ta dalla presenza della polizia nel campo vicino la sua abitazione: si è avvicinato e ha visto il cadavere del figlio che era stato trovato pochi minuti prima da un giovane. Due suicidi che hanno spinto Falco Accame, presidente dell'«Associazione assistenza parenti vittime del servizio di leva», e Massimo Paolicelli, portavoce dell'«Associazione obiettori nonviolenti», a denunciare quello che hanno definito «il grave disagio che si registra nelle caserme». La questione - per loro non è quella della riduzione del periodo di leva, «ma di cambiare radicalmente le condizioni di vita dei soldati». [r. cri.] Dai genitori la stessa spiegazione: per i due ragazzi la cartolina precetto era diventata un'ossessione IL MAL DI VIVERE IN CASERMA INUMERÒ Or SUICIDI) 1993 35 1992 29 1991 21 1990 15 1989 32 1985 38 1981 15 1980 27 Fonte: Associazione assistenza parenti vittime del servizi di leva Trentacinque giovani si sono uccisi nel '93 durante il periodo del servizio di leva

Persone citate: Falco Accame, Massimo Paolicelli