La parabola malinconica di Bettino, il tele-monarca di Filippo Ceccarelli

UN APPELLO DRAMMATICO La parabola malinconica di Bettino, il tele-monarca UN APPELLO DRAMMATICO PROMA RIMA è andato letteralmente a ruba, il tele-Craxi tunisino conteso fra Raiuno e Raidue, quindi, con la dovuta collaborazione di mezza classe politica, ha aperto uno di quei casi che valgono cento spot pubblicitari. Gratis, con tempestiva manifestazione d'intolleranza e l'opportuna coda di suspense. Così, adesso, vai a sapere se si rivedrà o meno il noto faccione, se si potranno riascoltare le tipiche pause rotte e quegli inconfondibili mugolìi. E però, anche al di là della resa televisiva dell'intervistando, per forza di eventi e potenza d'immagini è difficile che «il ritorno dì Craxi» non sia, alla fine, una trasmissione un po' triste. Il che, com'è ovvio, non basta ad invocare alcuna censura. Ma qualche innocua riserva estetica ed emotiva, quella sì. Lo stato di latitanza c'entra fino a un certo punto. C'entra di più, semmai, la memoria di quel che è stato Craxi: nella televisione e per la televisione. La tristezza, perciò sentimento istruttivo, comunque - sta nella parabola esistenziale di chi, già signore della tv, celebrato fino all'idolatria e alla perdita del Sé, è ora costretto a servirsi del mezzo per un drammatico, forse anche disperato messaggio. Che nemmeno gli vogliono consentire. E ancora i ricordi, ma su una dimensione più immediata, visiva, rischiano di rendere crudele lo spettacolo di stasera. Ci sono memorie mute, immagini fulminanti impresse in fondo alla mente, e al cuore, che metteranno a confronto il potente di ieri con il malato di oggi. Perché il corpo che si potrebbe vedere non è più, anzi è quasi il contrario del corpo che è apparso per anni in tv: sano, grande, pieno di energia. E questa è un'emozione tanto naturale quanto da lasciare sgomenti. Gli diranno, magari: «Come sta?». Glielo chiesero pure nel marzo del 1989, all'inizio di una Tribuna politica. Craxi volle addirittura informare gli italiani di aver smesso di fumare. «Ha faticato molto?» gli chiese la giornalista Giambuzzi. «No, basta essere convinti». E sorrise con l'aria soddisfatta. Poi, in realtà, riprese a fumare come un turco, più o meno clandestinamente. Ma al tempo di quella specie di sfida salutista le confessioni facevano effetto. E solo lui se le poteva permettere. Infatti Craxi è stato davvero il primo a rivoluzionare il linguaggio della politica e quello televisivo (pur senza comprendere, da «pioniere», che non sempre po¬ polarità e audience coincidono con il consenso). Craxi ha modernizzato la comunicazione. Di nessun altro l'occhio magico ha ingrandito l'identità come di Craxi. In tv, a Mixer («E così abbiamo liquidato anche questa storia della staffetta»), volle rompere seriamente con la de. Sempre in tv, con calcolata, scortese e spettacolare arroganza («Questo vallo a dire a tuo nonno») maltrattò un giornalista comunista. E ancora in tv si trovò a recitare il numero telefonico della lottizzazione (643.111), corrispondente a quello dei consiglieri Rai. Quindi volentieri si prestò a recitare al supermarket con Minoli; o da solo, un po' civettuolo, aggiustandosi il fiore sulla giacca: «Forse un garofano starebbe bene anche a voi». Forse. Era davvero bravo, Bettino, in tv. Ma gli aedi lo gasava- no con un entusiasmo decisamente parodistico. C'è un prezioso volumetto del 1987, II caso Craxi, del sociologo Staterà, in cui si dà conto del successo televisivo presidenziale secondo i seguenti termini: «Tenacia e franchezza del linguaggio, imponenza autorevole del look e ruvidezza dei modi; neppure nuoce, alla lunga, il suo farsi come sbrigativo, spiccio nelle forme, comprensibile nelle costruzioni delle frasi, limpido negli obiettivi di medio e lungo periodo, controllatamente iroso con gli avversari, impaziente con chi la fa lunga e complica le cose...». Quando Craxi si recava negli studi Rai per qualche Tribuna politica, l'attendevano i craxiani aziendali divisi in sotto-tribù litigiosissime («intiniani», «martelliani», «piniani», «manchiani», «sodanini» e così via) con scene di cortigianeria da basso impero. Dalle tv berlusconiane, d'altra parte, veniva festeggiato con servizi che stavano tra il cineLuce del littorio e la Settimana Incom dei democristiani. Però, siccome evidentemente non bastavano le celebrazioni a Caprera, le rievocazioni garibaldine, gli sceneggiati sui preti risorgimentali, il craxismo volle farsi la sua tv privata. E con la Gbr di Anja Pieroni costruì un grottesco e costosissimo (come s'è visto poi) monumento a se stesso. Ma la tv brucia e consuma, anche. Così, l'ultimo ricordo di tele-Craxi, prima della catastrofe, è un lungometraggio elettorale affidato a una regista americana. C'era anche un vecchio e simpatico amico di Bettino, tra i testimonial, seduto al pianoforte. «Sarà, ma all'elettore viene più voglia di votare Berlusconi di quell'affaticata comparsa di Craxi» scrisse profetico Emanuele Pirella. Era il 1992. Già l'anno dopo, per far ridere, il sosia Zerbinati dovette cambiare personaggio. Filippo Ceccarelli Dalla celebrazione sul piccolo schermo alle immagini mute di un uomo malato L'ex leader psi in Tunisia Qui sotto Ania Pieroni L'ex leader psi in Tunisia Qui sotto Ania Pieroni

Luoghi citati: Mixer, Tunisia