«Mio marito è stato ucciso» di Giovanni Bianconi

«Mio marito è stato ucciso» «Mio marito è stato ucciso» La denuncia della vedova del maresciallo Petrosino: riaprite l'indagine // carabiniere indagava su Mach e Pacini ROMA. Finora anche la signora Ornella, vedova del maresciallo dei carabinieri Aniello Petrosino, aveva creduto alla tragedia. Ma adesso le è nato dentro più di un sospetto, e vuole che la magistratura indaghi sulla morte di suo marito, su un incidente stradale che forse pensa la donna - non è stato una fatalità, ma potrebbe essere collegato nientemeno che con lo scandalo della cooperazione internazionale riesumato dall'inchiesta della Spezia su Pierfrancesco Pacini Battaglia e la sua lobby. Aniellc Petrosino, maresciallo dell'Arma, ha perso la vita la sera del 18 febbraio scorso, una domenica, in un incidente sulla via Salaria, tra Passo Corese e Monterotondo. La sua auto, una Lancia Thema, uscì improvvisamente di strada, saltò la corsia e andò a schiantarsi contro un albero; Petrosino morì sul colpo, sua moglie Omelia rimase ferita come pure i figli del sottufficiale, due gemelli di 4 anni e una bambina di 7. Un'inchiesta giudiziaria su quella morte già c'è stata, condotta dal sostituto procuratore presso la pretura Giuseppe De Falco, ma s'è conclusa con l'archiviazione. Adesso, dopo aver letto sui giornali quello di cui si stava occupando il marito, la signora Ornella ne vuole un'altra. Già, perché il maresciallo Petrosino era uno dei collaboratori dell'ex pubblico ministero di Roma, oggi procuratore di Voghera, Vittorio Paraggio. S'è occupato del dossier sequestrato nell'appartamento parigino dove fu arrestato Ferdinando Mach di Palmstein, ma probabilmente sapeva qualcosa anche della misteriosa vicenda grazie alla quale Pacini Battaglia uscì indenne dall'inchiesta sugli scandali della cooperazione. Di qui i sospetti della signora, che nell'esposto inviato alla Procura di Roma ricorda, ora, alcuni particolari del giorno dell'incidente. Per esempio, sostiene Ornella Petrosino, quella domenica, prima di tornare a Roma dal Monte Terminillo, il maresciallo incontrò due persone che secondo lei erano suoi colleghi, i quali gli consigliarono di cambiare percorso per rientrare nella capitale. La vedova ricorda anche che sul luogo dell'incidente non furono rilevati segni di frenata, e lei esclude che il marito sia stato colpito da improvvisa sonnolenza o malore. E riferisce che sul cadavere del maresciallo non fu effettuata l'autopsia, prima di includere un ultimo particolare: la donna sostiene di non trovare più l'agenda di Petrosino del 1996. La Procura di Roma, che ora dovrà decidere come muoversi dopo l'esposto presentato dalla signora Petrosino, aveva incluso il nome del maresciallo morto nella relazione inviata qualche settimana fa alla Procura della Spezia. Ai tempi dell'inchiesta di Paraggio, infatti, era stato proprio il sottufficiale ad accompagnare altri ufficiali di polizia giudiziaria, inviati dal pm di Brescia Salamone, per cercare in archivio il dossier su Antonio Di Pietro sequestrato a Mach di Palmstein. Stando a quanto è stato ricostruito, di fronte all'ipotesi che di quel dossier mancassero alcune parti, Petrosino rispose che se qualcosa era scomparso, era scomparso a Parigi, e non a Roma. Come dire che se c'era un mistero su quelle carte, bisognava svelarlo all'origine, e non negli archivi della Procura romana. Sulla posizione di Petrosino, dall'inchiesta spezzina non è emerso nulla. Ma forse il maresciallo avrebbe potuto dire qualcosa anche sull'altra stranezza dell'inchiesta di Paraggio, il presunto invio (negato dall'ex pm Di Pietro) degli atti su Pacini a Milano. Finora è stato trovato solo il fax con un verbale spedito da Paraggio a Di Pietro, ma non l'intero fascicolo che l'ex pm di Roma avrebbe trasmesso tramite la polizia giudiziaria. Giovanni Bianconi Il finanziere Ferdinando Mach di Palmstein arrestato a Parigi ora è in carcere a Roma