Il ring spezza il mito di Tyson

Las Vegas: al primo vero incontro dopo il carcere, il pugile ha capito di non essere più il n. 1 Las Vegas: al primo vero incontro dopo il carcere, il pugile ha capito di non essere più il n. 1 Il ring spezza il mito di Tyson Battuto da Holyfield che lo mette anche al tappeto k p& k Mike Tyson e Evander Holyfield nelle fasi che hanno p& preceduto l'incontro Tra loro c'è Don .11 ig manager di «Iron Mike» Sotto Tyson al tappeto LAS VEGAS. Gli ultimi due campionati del mondo di Tyson erano durati otto minuti e 39 secondi: in tutto, meno di tre round. Troppo poco: neppure il tempo di cominciare a divertirsi. L'altra notte, a Las Vegas, davanti ad oltre sedicimila tifosi (e a milioni di telespettatori), si è divertito solo Holyfield, che contro tutti i pronostici ha vinto: ko tecnico all'undicesima ripresa. I pochi che hanno avuto il coraggio di scommettere su di lui si sono arricchiti: per ogni dollaro puntato, ne hanno messi in tasca otto. Holyfield (undici milioni di dollari di borsa contro i trenta del suo rivale) ha fatto crollare l'unico vero mito rimasto nella boxe ed ha anche eguagliato il record di Muhammad Ali, conquistando per la terza volta il titolo dei pesi massimi, versione Wba. Eppure, alla vigilia, ci credeva soltanto lui. «Non ho paura di Tyson - aveva detto Holyfield -, ho paura soltanto di Dio: ma Dio è dalla mia parte, perché io sono migliore di Tyson. E so come batterlo». E non erano parole di uno sbruffone, dette soprattutto per far coraggio a se stesso. Holyfield, dopo cinque round equilibrati, ha messo a terra il suo grande rivale nel sesto, che ha segnato la svolta in suo favore; gli ha inferto una ferita all'occhio sinistro nello stesso round; gli ha creato grosse difficoltà nel decimo e l'ha messo definitivamente fuori gioco con una serie di nove colpi nell'undicesimo. «Non sono il tipo che cerca LO hanno esibito come il semidio feroce che fu prima del delitto. Prima della caduta. Prima della galera. Ed è uscito come un pupazzo disossato, il corpo umiliato, la matassa aggrovigliata dei nervi che fuggiva attraverso il sguardo emorragico, la mente arresa, sorpresa e smarrita. Sembrava uno che le avesse prese dai teppisti, ma che fosse riuscito a mettere in salvo il biglietto vincente della lotteria: miliardi da portare via con la carriola, insieme ai rottami di una reputazione penosa e miserevole. Così dunque ieri, nel grande mattatoio di Las Vegas, dopo altri terribili esercizi sacrificali che hanno inondato le televisioni di sangue, muco e dolore rappreso, sono stati portati al ring e giustiziati l'immagine, il mito, la memoria stessa di Mike Tyson. Tyson il terminatore è dunque morto. Al suo posto è rimasto un clone, un fantoccio tranquillo da oggi avviato all'ingrasso e alla lotta contro i parassiti che puntano alla sua borsa. Il giorno dopo l'incontro, questo successore di se stesso ha salutato con rispetto il suo avversario come un messo del fato liberatore e gli ha stretto la mano. Sembrava sollevato. Senza rancore. Il fato aveva assunto le sembianze terribilmente bonarie di Evander Holyfield, negrone dinoccolato e religioso, creatura semplice formata da fasce muscolari mobili come serpenti boa. Uno che officia i suoi pugni come benedizioni in nome di Dio, che sempre loda. Mike Tyson aveva occhi tristi da lumaca già alla terza ripresa, perché era già chiaro il suo destino. Quello di un pugile finito. E le braghe nere gli calavano sull'inguine, costretto com'era a contrarsi nel dolore perdendo volume. Così, Mike è stato umiliato, il mito della sua onnipotenza messo al tappeto. Alla fine portava nello sguardo aveva E' stato umiliato ma dopo la sconfìtta ha dato l'impressione di essere sollevato quasi fosse uscito da un incantesimo scuse. Holyfield ha fatto un buon combattimento, ha meritato il titolo. Ma adesso voglio la rivincita», ha commentato Tyson, visibilmente provato dopo la sua seconda storica sconfitta. L'unico precedente risaliva all' 11 febbraio del '90, quando fu battuto a Tokyo da Buster Douglas. E i quattro match disputati dopo essere uscito dal carcere, Mike se li era aggiudicati senza sforzo, combattendo complessivamente meno di otto riprese. Sembrava imbattibile. Non lo era. E a farlo ruzzolare dal trono è stato proprio il suo nemico numero uno, quello che lo aveva definito «uno stupratore, un bullo penoso». Al termine dell'incontro il manager di Tyson, Don King, ha lanciato un monito: «Non date Mike per finito. Organizzeremo la più grande rivincita della storia del pugilato». Il 15 marzo prossimo Tyson si batterà contro Michael Moorer, che sempre ieri notte a Las Vegas ha sconfitto Francois Botha per ko tecnico alla dodicesima ripresa e ha conservato il titolo Ibf. Poi si comincerà a pensare ad una nuova sfida miliardaria tra i due grandi rivali. Per Holyfield (34 anni e un passato con problemi cardiaci) quella contro Tyson è stata la 33a vittoria, la 24a per ko, contro tre sconfitte. Iron Mike (30 anni) ha collezionato 45 successi, 39 per ko, e ha subito soltanto due sconfitte. Contro Holyfield, quella che gli brucia di più. E vuole vendicarsi hi fretta. [r. spo.] Il campione uscente appare un clone del semidio feroce che è stato Lo sfidante lo cancella dal ring con pugni pesanti e parole di preghiera SESTO ROUND. Incomincia la fase critica per Tyson. Holyfield mette a segno un gancio sinistro e «Iron Mike» finisce al tappeto e subisce il conteggio per 8 secondi. Alla ripresa, Holyfield lo incalza e Tyson riporta una ferita all'arcata sopraccigliare sinistra UNDICESIMO ROUND. Bastano 37 secondi a Holyfield per risolvere un match ormai segnato e conquistare il titolo di campione del mondo. Tyson non reagisce più ai colpi dello sfidante e l'arbitro giustamente interviene proclamando il knock out tecnico

Luoghi citati: Las, Las Vegas, Sesto, Tokyo