Così Silvio finì tra gli sposi

AVVENTURA IN DOPPIOPETTO Così Silvio finì tra gli sposi Troppa folla, i leader cercano scampo AVVENTURA IN DOPPIOPETTO SROMA ONO le sei della sera e nella sala banchetti di palazzo Brancaccio la signora Paola Del Buono, in raso bianco, sta festeggiando il suo matrimonio. Col calice in mano si gira distrattamente et voilà: anziché il viso del marito si trova davanti Silvio Berlusconi. Proprio lui, mica il sosia. La sposa ha un fremito negli occhi, ma non il Cavaliere: «Auguri, signora!». Dietro Berlusconi, gli agenti della scorta e poi via via Fini, Buttiglione, Casini, Mastella... «Auguri...». E la signora Del Buono: «Grazie, ma da dove venite?». Già, perché quell'irruzione nel banchetto, quella scenetta alla Woody Alien, è un fuori programma. Un imprevisto. Un imprevisto che ha avuto inizio qualche minuto prima. Per i capi del Polo il bagno di folla è stato choccante: Berlusconi e Fini sono stati abbracciati, spinti e sospinti dall'affetto dei manifestanti. Una straordinaria onda di entusiasmo che per qualche minuto si trasforma in una «mischia» rugbystica, con terribili strattonate che fanno oscillare il Cavaliere in doppio petto. E così, dopo aver percorso 300 metri, i capi del Polo decidono di lasciare il corteo. E senza dirlo a nessuno, si rifugiano al coperto. Sotto il tetto più bello e più vicino: le salette rococò di palazzo Brancaccio, dove di solito si consumano i ricevimenti della Roma «bene». E lì dentro, Silvio e i suoi amici restano chiusi per quasi due ore di fila. A guardare la televisione, a bersi un thè, a guardar sfilare il corteo da una finestra. Come Berlinguer in una delle più belle vignette di Forattini. Dunque, la «prima volta» di Silvio Berlusconi in piazza è stata diversa da come la re- già l'aveva immaginata. Venerdì sera Berlusconi era andato a dormire molto tardi. Fino alle due e mezzo di notte era restato nella sua casa di via del Plebiscito a parlare di politica con Letta, Pisanu, La Loggia, Rebuffa, Bonaiuti. Un Berlusconi molto determinato, «indignato», «proprio come appare in comizio», racconta chi gli ha parlato in queste ore a tu per tu. Poi, quattro ore di sonno e ieri mattina sveglia alle sette, colazione molto sobria (thè, fette biscottate), ancora chiacchiere di politica, la preparazione del discorso, la telefonata al generale Giannattasio, il pranzo essenziale (rigatoni al pomodoro, verdura lessa e torta di mele). E finalmente la «vestizione». Nessuna sorpresa: è pronto il doppio petto grigio di Caraceni, la cravatta blu a pois bianchi, le scarpe nere. E sul viso una leggerissima passata di fondo tinta. Poco prima delle quattro Berlusconi è pronto. Si può partire. E qui comincia l'avventura. L'appuntamento con Fini, Casini, Mastella e Buttiglione è all'hotel D'Azeglio, in via Cavour. Ma c'è un contrattempo: il nerboruto servizio d'ordine di An è saltato, perché un centinaio di ragazzotti - tra cui diversi ex picchiatori - sono stati depistati altrove e così l'ingresso dell'hotel si trasforma in una bolgia con pochi precedenti nella storia italiana dei deliri attorno ai leader. Ma Berlusconi ancora non lo sa e così, appena sceso dalla sua Thema, anziché infilarsi subito nell'albergo, si dirige verso un muro di manifestanti. aAho', ma n'do' va quello?», urlano i ragazzi del servizio d'ordine. Berlusconi si accorge immediatamente che un passo in più potrebbe costargli caro, fa dietrofront e si infila nella hall dell'albergo. E qui, lontano da occhi e da orecchi indiscreti, Berlusconi dà le disposizioni agli altri leader. «Allora, per primo parlo io. Poi tu Buttiglione, poi Pierferdinando e poi chiude Fini». E ancora: «Su Prodi non rispondiamo con i giornalisti, facciamo parlare i fatti...». Tutti d'accordo? Nessuno obietta e si può finalmente uscire allo scoperto, mischiarsi nel corteo. Prima di mettere il naso fuori, Berlusconi incrocia una Daniela Fini in gran forma: «Presidente la trovo bene!». E Berlusconi, ridendo: «Lei è simpaticamente bugiarda!». E' l'ultima risata perché fuori, lungo via Cavour, la folla pressa, vuole'vedere da vicino i leader. E poi ci sono i fotografi, gli operatori televisivi, i cronisti, tutti vogliono guardare da vicino. Una bolgia memorabile, con spinte, pestoni, urla. Berlusconi, lì in mezzo, è visibilmente preoccupato. Ogni tanto fa «ciao ciao» con la mano destra, ma il suo viso si è scurito. «Tanta gente, forse un po' troppa...», confesserà più tardi a un collaboratore, quasi avesse ragione mamma Rosa che da Milano ha fatto sapere: «E' la prima volta che Silvio va in piazza. Non si mai, temo per la sua vita...». Ma Berlusconi è sempre Berlusconi e superato il panico iniziale sul suo viso trova spazio un vago sorriso, ma pur sempre un sorriso. Casini, nel suo pullover di Il Cavaliere salta «per non diventare comunista» e fa i complimenti a Daniela Fini

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