LA BORGHESIA SMARRITA di Barbara Spinelli

Ottocentomila (500 mila per la polizia) contro le tasse. Attacco al Tg3: tv di regime. Napoli, Rifondazione marcia per il lavoro LA BORGHESIA SMARRITA BISOGNA veramente ignorare quel che sta accadendo nelle classi medie d'Occidente per stupirsi, come ha fatto il ministro delle Finanze Visco in un'intervista a questo giornale, delle rivolte fiscali che si estendono ormai anche alle piazze d'Italia. Bisogna non saper nulla del nuovo senso di insicurezza, che ovunque in Europa tormenta borghesi ancor ieri tranquilli, fiduciosi nel progresso: questa borghesia teme oggi la propria declassazione, teme di perdere certezze, e scende in piazza per difenderle con risentimento, delusione. Per la prima volta dal dopoguerra ha un rapporto spasmodico con il tempo, che non consente più quieti cammini ma obbliga a correre, ed è pieno di incognite. Dirigenti come Prodi o Juppé hanno indubbiamente coraggio, e fanno bene a ricordare che occorre tempo per apprezzarlo. Ma i ceti medi non hanno più tempo, e questa è la novità. Il fìsco continua a esser per loro pesante, mentre si sfilaccia la protezione dello Stato sociale: per questo basta una tassa minima in più, per far perder la pazienza. Per la prima volta il borghese tranquillo vede spezzarsi la stessa idea che si era fatto della storia: quest'ultima non è più lineare ma labirintica, come spiega l'economista Jacques Anali in un suo libro recente {Strade di saggezza: Trattato del labirinto, Fayard '96). Chirac disse una volta che l'ascensore sociale si era rotto in Francia: erano subitaneamente diminuite le speranze di ascesa, per intere categorie. Per la prima volta i padri non potevano dire ai figli: avrai un avvenire migliore del mio. Perfino nel troppo esaltato modello Usa la promozione sociale che fondava il mito americano si è bloccata: Business Week ha scritto che la promozione è più diffìcile che in Europa, nonostante mobilità e flessibilità. Un altro economista francese, Lipietz, ricorre alla metafora della clessidra: come granelli di sabbia, le classi popolari scivolano verso il basso, e disperatamente i ceti medi cercano di attaccarsi alle pareti superiori, per non sprofondare anch'esse (Alain Lipietz: La società nella clessidra, Gallimard '96). Di tutto questo i politici sentono parlare, ma forse pensano si tratti di discorsi astratti, esagerati. Guardano le rivolte che si moltiplicano nelle città francesi, contro le nuove imposte locali, e non fanno paragoni. Ricordano vagamente l'immane rivolta contro le élites, un anno fa in Francia, e hanno già dimenticato i suoi significati. Vedono solo l'uso politico che Alleanza nazionale o Berlusconi vogliono fare di questa grandissima manifestazione riuscita. Hanno già visto sfilare i cortei anti-tasse di Torino, hanno visto i leghisti reclamare Padanie indipendenti, pur di sfuggire allo Stato esattore: ma il paralizzante stato di stupore continua. A volte fanno pensare ai re deboli di Francia, prima della Rivoluzione, che ricevevano i cabiers de doléances e non erano tuttavia capaci di decifrare il senso delle suppliche. I politici guardano e pensano già a chiudere la parentesi, conversando tra partiti. Dice ancora Visco, nell'intervista di sabato Ma Stampa: «La storia dell'Occidente lo dimostra: i governi di centro sinistra hanno agito ovunque per tutelare il ceto medio, quelli di destra per distruggerlo». Il ministro sa che non è vero, che la storia non dimostra questo. Chiunque conosca un poco la Germania o la Fran- Barbara Spinelli CONTINUA A PAG. 8 PRIMA COLONNA

Persone citate: Alain Lipietz, Berlusconi, Chirac, Jacques Anali, Lipietz, Prodi, Stampa, Visco

Luoghi citati: Europa, Francia, Germania, Italia, Torino