Qui è il Buon Denaro a fare la politica
Qui è il Buon Denaro a fare la politica Qui è il Buon Denaro a fare la politica LETTERA DALL'AMERICA UTTI quelli che credono in Italia che con Clinton abbia vinto la sinistra come la intendiamo noi, sbagliano. Non perché Clinton sia diventato di destra. Ma perché negli Stati Uniti è stato già consumato il funerale della cadaverica e rabbiosa divisione fra destra e sinistra alla maniera italiana. Un'altra sciocchezza accreditata in Europa è che le Conventions, per il loro aspetto, giocoso e popolare, non siano luoghi della vera politica, ma ridicole americanate (la parola «americanata» è un prodotto fascista ancora molto apprezzato). Falso; oltre ad essere spettacolari e adatte ai bambini, le feste di partito sono il luogo dello scontro politico più alto, in cui si decide quante tasse far pagare, a chi e come spendere il ricavato. Il protagonista della politica è dunque proprio il denaro, inteso come il Buon Denaro fabbricato con il Buon Lavoro: il corrispettivo in banconote della creatività dell'homo fàber americano grazie al quale molti di noi sono vivi, sia fisicamente che moralmente. Nulla, visto dall'America, appare quindi più sciocco della contrapposizione a squadre fra materialismo della banconota e valori superiori dell'anima, questa pretenziosa specialità europea. E' vero semmai il contrario: mai prima d'ora (finita per meriti < americani la /guerra fredda) la."politfCaSsi era potuta rivelare come un visibile luogo per decidere semplicemente in che modo destinare ricchezza a chi non* può produrne perché troppo giovane, troppo vecchio, o malato, o disoccupato per motivi indipendenti dalla sua volontà. Il caso del pensionato-baby qui è considerato altamente immorale, insieme a chi lo protegge. Le due visioni del mondo che si sono affrontate in America non sono riconducibili allo scontro fra buoni e cattivi, che è soltanto l'espressione della nostra puerile sindrome di Peter Pan. La stessa che accecò noi europei quando il dileggiato Ronald Reagan («un mediocre attore!») diventò presidente: campione dell'anticomunismo «forsennato» (agI gettivo togliattiano), Reagan I fu votato in massa proprio dagli operai e dalla sinistra dei «Reagan Democrats». E chiuse per K.O. la partita con il mondo sovietico costringendo i recalcitranti europei a condividere l'imprevista, imbarazzante e indesiderata vittoria morale sul mondo socialista. Il quale, una volta scoperchiato, potè finalmente mostrare il suo autentico prodotto interno lordo. Veramente molto lordo: un formicaio di bugie, delitti, neonazismo, genocidi. Quanti teneri rimpianti e quale letizia provoca ancora in Italia sostenere che gli americani non sono altro che volgari consumisti senza ideali. Clinton dunque ha vinto perché ha offerto non ideali, ma garanzie più realistiche di quelle del suo onorevole ma incapace avversario. Dole ha perso perché non ha saputo né spiegare né vendere il suo sogno americano. La differenza fra i due non è mai consistita nell'essere più «buoni», ma nel decidere come spendere parte della ricchezza prodotta dai cittadini a favore di chi è meno garantito. La filosofia repubblicana sarebbe quella di consegnare inKontantiigòloUragliJs-l sistiti, lasciandoli liberi di scegliersi la migliore scuola e la migliore assicurazione sanitaria. I democratici sono invece per la linea del tutore: amministreremo noi quel denaro e ve lo renderemo sotto forma di servizi. Di qui il dibattito politico: i servizi richiedono costosa e inutile burocrazia (il temuto big government) gridano i repubblicani. Ci impegniamo a farla funzionare in modo che valga il suo costo, rispondono i democratici. E su come rendere più felice e meglio servita la gente comune, i cittadini degli Stati Uniti si dividono e scelgono. A settemila chilometri dall'Italia che sembrano settemila anni luce. Paolo frizzanti inti |
Persone citate: Clinton, Dole, Peter Pan, Ronald Reagan
Luoghi citati: America, Europa, Italia, Stati Uniti
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