Il cinema? E' nato da una lanterna

c A Torino una grande mostra ripercorre quattro secoli di visioni e stupori Il cinema? E' nato da una lanterna Dai «mondi niovi» ai rivali dei fratelli Lumière G- TORINO IRAVANO con cassette chiamate in veneto «mondo movo» con «dentro lontananze le prospettive», chiedevano un soldo e trovavano molti curiosi (come annota lo scrittore veneziano Gaetano Zompimi. Appartenevano a quella genia di imbonitori che, tra '600 e '700, migravano per borghi, improvvisando spettacoli ottici. A questo universo che ha preceduto e preparato il cinematografo, il Museo del Cinema di Torino dedica l'affascinante mostra La magia dell'immagine. Organizzata con successo à Lisbona, l'esposizione approda ora alla Promotrice delle Bel¬ le Arti, arricchita di allestimenti spettacolari per «rivivere in modo globale le suggestioni delle antiche visioni». Si inaugura oggi, (e si aprirà domani al pubblico), in coincidenza con la prima proiezione cinematografica torinese (il 7 novembre 1896, in via Po, nell'ex ospizio della Carità) e durerà fino al prossimo 31 marzo. Cinquecento oggetti, provenienti dalla collezione di Adriana Prolo, e da quella Barnes. Una cavalcata attraverso scatole ottiche e teatri d'ombre; vetri colorati e stampe; prassinoscopi, zoetropi, polemoscopi, caleidoscopi, cosmorami. D catalogo, curato da Paolo Bei-tetto e Donata Pesenti Compagnoni (per Electa), fornisce la guida scientifica per seguire la lunga marcia d'avvicinamento a Hollywood. Negli oli secenteschi di Gamberini e Graneri, vediamo il prototipo dello spettatore antico. Sono soprattutto donne, chinate, con l'occhio incollato voyeuristicamente al forellino della scatola magica. I pargoli svolazzano, i mariti sghignaz- zano intorno ad asmi e ceste. Mentre là dentro, in quel gioco di luci e ombre, specchi e disegni, si muovono immagini horror (scheletri con falce e clessidra, anime che ardono tra le fiamme dell'inferno), si viaggia per città e geografie lontane. Il cinema nacque così. Tre secoli prima dell'invenzione brevettata dai Lumière. Nelle campagne, nelle oasi polverose dei boschi, nelle piazze chiassose delle fiere. Sgorgò dalle ricerche di scienziati che studiavano l'occhio e la luce. Secondo Langlois, affonda le radici nel Seicento, con l'opera del padre gesuita Kircher che descriveva la camera oscura, l'immagine reversibile, le lanterne magiche in possesso dei monarchi. Verso la fine del Settecento, s'aggirarono per l'Europa strani perso¬ naggi, che facevano apparire simulacri di spettri alla maniera dei Rosacroce. Alcuni pretendevano solo di stupire, altri sostenevano di avere legami intimi con l'aldilà. Le loro «lanterne nebulose», nascoste, proiettavano immagini nel buio, su colonne di fumo, tra effetti speciali e sonori. Tra questi venditori di mirabolanze, si segnalò il fisico e aeronauta belga Robertson «il fantasmagore». Imperversò nella Francia post-rivoluzionaria, desiderosa di riscoprire la meraviglia, il buio, dopo il forzato trionfo della religione dei Lumi. Per aumentare la suggestione, allestì spettacoli in un ex convento di cappuccini, sconsacra¬ to, sopra le tombe della regina Luisa, della marchesa di Pompadour. Ma c'era anche chi usava il fantastoscopio per educare il volgo. Come l'ottico inglese Philip Carpenter. Che produsse «vetri da proiezione» con soggetti dalla botanica, dalla storia naturale, dall'astronomia, per aumentare la conoscenza. Nell'Ottocento, era del dinamismo, si cerca di animare le immagini. Tra i geni irregolari c'è Emile Reynaud che brevetta una serie di prassinoscopi sempre più sofisticati. Alla fine ottiene una macchina che proietta, grazie a un prisma, immagini in movimento su uno specchio incorniciato, simile a un piccolo schermo. Gli spettacoli sono comici, drammatici, pantomime, accompagnati dal pianoforte. Riscuotono enorme successo, costringono Reynaud a turni massacranti (tutti i giorni al Museo delle Cere Grévin, per parecchi anni) per escogitare tecniche, e produrre sempre nuove bande disegnate. Fu breve, però, la vita felice. Il neonato cine¬ matografo, sebbene bianco e nero, sebbene riproducesse semplici spezzoni di realtà, mise in crisi il «teatro ottico» e lo costrinse a chiudere nel 1900. Reynaud scivolò nella depressione e nella foiba. Un giorno, preso da furia disperata, distrusse a colpi d'ascia la sua creatura, buttando nella Senna le bande disegnate. Un olocausto di ingegno e lavoro, sull'altare del cinema. Che muoveva i primi passi nei kinetoscopi di Edison, nelle ricerche sul movimento di Muybridge, nella cronofotografia di Marey e Demeny. Bruno Ventavo!! Vetro per lanterna magica

Luoghi citati: Europa, Francia, Hollywood, Lisbona, Torino