Le baby-operaie sfruttate

Lecce: blitz in una fabbrica abusiva di scarpe, denunciati i titolari Lecce: blitz in una fabbrica abusiva di scarpe, denunciati i titolari te baby-operaie sfruttate Ventimila lire al giorno per 11 ore di lavoro» LECCE. «E poi che cosa c'è di male? Lavoravano». Lavoravano, dicono semplicemente a Lizzanello. Chiuse in un capannone, in campagna, dieci ore al giorno e 2000 lire l'ora, una ventina di ragazze, anche minorenni, lavoravano per produrre scarpe e fare concorrenza all'Albania, ai Paesi dell'Est. Tutto nonnaie. Anziché importarle, le scarpe si esportano. Come fa Antonio Filograna, il re degli industriali calzaturieri, un imprenditore «regolare» che ha creato un impero vendendo i suoi prodotti in America, o come fanno gli imprenditori «pirati» sfruttando le braccia dei senza lavoro. Costano poco, farebbero tutto. Nel calzaturificio fantasma di Lizzanello, in un capannone adiacente a una stalla dove le dipendenti si nascondevano quando sentivano profumo di carabinieri, la produzione cominciava alle 7 del mattino e terminava alle 21. In questo capannone si lavorava anche negli anni scorsi. Cofano, col fratello, gestiva un calzaturificio. Tutto nella norma. Poi gli affari andarono male. L'azienda chiuse. Qualche mese fa, la ripresa della produzione. Ma le porte non si aprivano mai, il rumore delle macchine sarebbe arrivato all'esterno. E qualcuno avrebbe capito. Così non si avvertiva il rumore e neppure l'odore dei prodotti chimici. Una ragazza ha raccontato di essersi sentita male mentre trattava chimicamente una tomaia. Ma è rimasta lì, a lavorare. Allora, che cosa c'è di diverso tra Lizzanello e l'Albania? Forse solo questo: qui tutto sommato siamo in Italia e può capitare che una sera i carabinieri bussino alla porta. E' capitato martedì. Una decina di ragazze sono fuggite nella stalla per non farsi trovare, altre erano appena arrivate a ritirare la paga, altre sei erano lì, a cucire scarpe. Ce n'erano, affastellate in magazzino, seimila paia pronte a essere impacchettate e spedite. Dove, non si sa. Forse in Cina, in Giappone, forse proprio al di là dell'Adriatico. Ora l'azienda è stata messa sotto sequestro. «C'erano giorni in cui - dice una ragazzina di 15 anni che lavorava nel calzaturificio - confezionavamo anche 1200 paia di scarpe. Loro, i padroni, i soldi ce li hanno». Loro, i «padroni», sono stati denunciati per sfruttamento del lavoro minorile: Giancarlo Cofano ha 35 anni, Giuseppe Luigi Contaldo ne ha 52. Si dichiarano presidente e vicepresidente della cooperativa di giovani «Alba». Potrebbero essere anche responsabili di violazione delle norme di sicurezza. «Loro, i padroni - continua la ragazzina - ci dicevano di scappare nella stalla se fosse arrivato qualcuno». Soldi, pochi. «Ventimila lire al giorno. Dalle 7 alle 4 di pomeriggio. Per lo straordinario, 1950 lire l'ora. Il sabato, lavoro fino alle 15 per 10 mila lire. Se lavoravi tutto il mese, potevi prendere 450 mila lire. Io qui dovevo venirci. Mi mandavano i miei genitori». Tonio Attilio

Persone citate: Antonio Filograna, Cofano, Giancarlo Cofano, Giuseppe Luigi Contaldo, Soldi