Fine della «specie protetta»

Fine della «specie protetta» Fine della «specie protetta» La California cancella le quote per i neri LOS ANGELES NOSTRO SERVIZIO Se è vero che la California fa da apripista al resto del Paese, nei prossimi anni dovremo allora attenderci un'America se non più razzista certamente meno sensibile ai problemi delle donne e delle minoranze etniche e razziali. Con una maggioranza di 56 a 44 gli elettori californiani hanno infatti approvato il passaggio della «Proposition 209», una proposta referendaria che intende eliminare i programmi di «Affirmative action» tesi ad offrire un trattamento preferenziale a chi appartiene a questi gruppi. Nati negli Anni 70, i programmi di «Affirmative action» sono stati tradizionalmente appoggiati sia dai democratici sia dai repubblicani. Lo stesso Bob Dole, che ha usato la «209» nel vano tentativo di strappare a Bill Clinton i 54 voti elettorali offerti dalla California, fino ad alcuni mesi fa li ha sempre favoriti. Ma i sostenitori della «209», avvantaggiati da un rapporto di 8 a 1 nella raccolta di denaro, hanno avuto successo nel presentare questi programmi come un sistema che combatte la discriminazione con la «dtecriminazione alla rovescia», come una legge che impedisce ai bianchi con pari qualifiche di accedere alle università o di diventare pompieri. «Non possiamo sempre guardare gli errori del passato attraverso lo specchietto retrovisore - ha dichiarato Ward Connerly, il costruttore edile afroamericano che ha guidato la «209» alla vittoria -, dobbiamo cercare nuove opportunità attraverso il parabrezza anteriore». Il passaggio della «209» non significa che con oggi i programmi di «(Affirmative action» in California giungano a termine. Come la «187», la proposta approvata nel 1994 che intendeva eliminare ogni tipo di assistenza per gli immigrati illegali, la «209» ha dietro Pete Wilson, il governatore che ha costruito la propria fortuna Sì anche in Arizona alla legalizzazione della marijuana per motivi medici. Tra i promotori il finanziere Soros politica spingendo temi che dividono la popolazione. «Potremo offrire opportunità non solo ad alcuni californiani, ma a tutti i californiani», ha ricordato Wilson subito dopo aver appreso i risultati. Ma come la «187», anche la «209» rischia di venire paralizzata o annacquata dai tribunali. Nei prossimi giorni, il fronte del no alla «209» intende infatti mettere alla prova la sua costituzionalità, e Kathy Spillar, una delle coordinatrici, ha già preannunciato: «Questo è solo l'inizio di una battaglia che avrà ramificazioni sul piano nazionale». Con la «209», i californiani hanno anche approvato la «215», la proposta che legalizza l'uso della marijuana per ragioni mediche. «Finalmente la gente che soffre potrà usarla senza temere di finire in prigione», sostiene David Fratello, portavoce dell'iniziativa. Ma anche in questo caso gli elettori californiani avranno difficilmente l'ultima parola. Da Bill Clinton a Bob Dole, dalle autorità mediche a quelle di polizia, l'establishment si è schierato in massa contro la «215»: temono che apra la strada alla legalizzazione della marijuana non solo per chi soffre di Aids, di cancro o di altre malattie terminali, ma per chiunque vuole semplicemente farsi uno spinello. «Un vero disastro», sostiene Don Lungren, il procuratore generale della California che, un mese fa, è stato deriso per una settimana da Gary Trudeau nella sua striscia «Doonesbury». Grazie all'aiuto del finanziere George Soros, che ha dedicato alla causa oltre 1 milione di dollari, una proposta simile alla «215» è stata approvata anche in Arizona. Ma i sostenitori della «215» come quelli della «209» non intendono fermarsi qui. Appena appresi i risultati vittoriosi, Bill Zimmermann, coordinatore della proposta pro-marijuan? "n California, ha dichiarato: «La battaglia non è finiu Jjbiamo altri 48 Stati». Lorenzo Sona Sì anche in Arizona alla legalizzazione della marijuana per motivi medici. Tra i promotori il finanziere Soros