Clinton, le rughe della vittoria

Lasciano anche Christopher e Perry, i «liberal» sono delusi della svolta? Lasciano anche Christopher e Perry, i «liberal» sono delusi della svolta? Clinton, le rughe della vittoria Molti collaboratori se ne vanno, il Congresso è ostile WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Contati tutti i voti, è stata una vittoria netta ma non certo un trionfo. Bill Clinton è stato confermato presidente degli Stati Uniti, dopo avere «spazzato» 31 Stati su 50, incolonnando sotto il suo nome 379 voti elettorali contro i 159 conquistati dal suo avversario repubblicano Bob Dole. I suoi collaboratori si erano sbilanciati fino a promettere il superamento della soglia dei 400 voti elettorali. Ma poi il conto dei voti popolari è per Clinton molto meno lusinghiero. Il presidente, che quattro anni fa era stato eletto con solo il 43% dei voti espressi, puntava a superare nettamente, di almeno due punti, la soglia del 50%. Ma ieri il presidente era inchiodato su uno stentato cinquanta per cento non ancora del tutto certo, con Dole al quarantuno per cento. Infine, i repubblicani hanno realizzato l'obiettivo di mantenere il pieno controllo del Congresso. E, nello stesso momento in cui, proclamandosi vittorioso, Clinton ha promesso di «lavorare insieme» al Congresso repubblicano, è stato annunciato uno dei più radicali rimpasti governativi della storia presidenziale. . Prima ancora che Clinton apparisse, martedì sera, davanti alla folla acclamante di Little Rock, Warren Christopher si è presentato nella sua camera d'albergo per confermargli la sua intenzione di lasciare al più presto l'incarico di^Segretario di Stato. N,Qn,è stata una sorpresa, anche se ha colpito la fretta liberatoria con la quale Christopher si è dimesso. Contemporaneamente a lui, ha annunciato l'intenzione di lasciare subito il posto il Segretario per la Difesa William Perry, che come Christopher è sempre apparso debole anche se personalmente stimato. Uno dei principali consiglieri del presidente, George Stephanopoulos aveva già annunciato l'intenzione di passare al settore privato (manager nel mondo dello spettacolo) e ha ripetuto ieri che lascerà subito perché «completamente bruciato». Anche il capo di gabinetto Leon Panetta, l'uomo che forse più di ogni altro ha rimesso in ordine la Casa Bianca dopo i primi disastrosi due anni, se ne tornerà nella sua California, dove si prepara a combattere per la carica di governatore. Se ne vuole andare anche il Segretario per il Lavoro Robert Reich, un grande amico di Clinton, mentre il Segretario per le Abitazioni Henry Cisneros, altro grande amico del presidente, sarà costretto a lasciare perché da tempo coinvolto in uno scandalo riguar- dante un'ex amante. Sempre perché inquisita (viaggi troppo costosi), sarà spedita a casa anche il Segretario per l'Ambiente Hazel O'Leary. Clinton, poi, vorrebbe liberarsi del ministro per la Giustizia Janet Reno, troppo dura con la sua amministrazione, ma non ha il coraggio di farlo perché lei è troppo popolare. I protagonisti del grande esodo appartengono a tre diverse categorie. La prima è quella degli scomodi perché inquisiti e la seconda è quella dei ministri deboli. Ma ce ne è una terza ed è quella di coloro che se ne vanno perché da tempo non più in sintonia con il nuovo Clinton. Clinton, per Stephanopoulos come per Reich, si è spostato troppo a destra e, con il di¬ scorso dell'altra sera, ha manifestato1 l'intenzione 'di voler continuare a tenere un corso molto moderato, forse più moderato del passato. Non si sa ancora con chi Clinton intenda sostituire i dimissionari. E' probabile che il direttore della Cia John Deutch prenda il posto di Perry, e ciò appare normale. Ma non sembra politicamente privo di significato il fatto che Clinton, per sostituire Christopher, pensi, oltre che a Madeleine Albright, anche al generale Colin Powell (sostenitore di Dole) o al senatore repubblicano Richard Lugar. «Le sfide che fronteggiamo aveva detto l'altra sera Clinton a Little Rock - non sono né democratiche né repubblicane. Sono sfide americane». Questo approccio bipartitice-e unitàrio, se irrita fedelissimi clintoniani «liberal» della prima ora, dimostra che il presidente ha raccolto velocemente il messaggio contenuto nel voto. Gli americani vogliono che Casa Bianca e Congresso trovino un terreno comune per fare delle cose, piuttosto che occupare le loro vite con un chiasso inconcludente. Il voto per il Congresso è molto significativo. I repubblicani mentengono una maggioranza di quasi 30 seggi alla Camera e incrementano di almeno un voto la loro precedente maggioranza in Senato. Newt Gingrich, l'artefice della Rivoluzione Conservatrice del '94 che produsse dopo 40 anni la doppia maggioranza repub- blicana, resta un politico impopolare, ma è stato rieletto, conserva il posto di Speaker e, quello che più conta, gli americani hanno promosso, riconfermandolo, il «suo» Congresso. Se Gingrich è diventato impopolare perché forzò il mandato del voto del '94, Clinton deve adesso tenere presente che quel mandato è stato riconfermato: gli americani - i sondaggi lo dicono chiaro - vogliono risanamento finanziario, meno governo, lotta al crimine, difesa della famiglia e, come si dice con un terribile neologismo, «devoluzione» dei poteri centrali agli Stati. Clinton ha mostrato di saperlo in campagna elettorale, non dovrebbe dimenticarlo adesso. Sono stati stabiliti tanti re¬ cord in-queste elezioni. Clinton p>Hmo democratico dopo Franklin Delano Roosevelt, e terzo in questo secolo, a essere rieletto; Clinton primo presidente a essere riconfermato mentre il Congresso va dall'altra parte; i repubblicani capaci per la prima volta dopo 60 anni di mantenere il controllo dell'intero Congresso per due bienni consecutivi. Ma c'è anche un altro record. Al contrario di quello che era sembrato martedì, l'afflusso al voto è stato basso, sicuramente al di sotto del già bassissimo 55% di quattro anni fa. Anzi si profila un record negativo clamoroso: una partecipazione al voto per la prima volta al di sotto del 50%. Paolo Passarmi ri\..E QUELLO PI OGGI ti iiMiir MASSACHUSETTS /"""^ riiaiinciiinr ItlfllNt - /

Luoghi citati: California, Little Rock, Massachusetts, Stati Uniti, Washington