«Il mio bisturi guidato dalla musica classica»

«Il mio bisturi guidalo dallo musica classica» «Il mio bisturi guidalo dallo musica classica» IL CHIRURGO DEL LEADER AMOSCA vederlo assomiglia a un diplomatico o a un alto funzionario, piuttosto che a un chirurgo. Sei lingue parlate liberamente, gesti eleganti e pieni di dignità, mani curate, occhi attenti, voce ben impostata e rassicurante, un modo di esprimersi gentile ed evasivo. Ma quando è apparso ieri pomeriggio, uscito dalla sala operatoria, Renat Akchurin, il chirurgo del Cremlino, aveva perso tutto il suo portamento elegante. Le sue occhiaie e gli angoli della bocca piegati in giù parlavano chiaro: è stata dura. Per uno dei migliori specialisti di cardiochirurgia russi la giornata di ieri è stata forse la più difficile della sua carriera. Una carriera già tempestata di successi per questo professore cinquantenne di origine tartara, definito dai suoi colleghi «un asso». La sua bravura - e le sue doti diplomatiche - avevano già convinto ad affidarsi nelle sue mani personaggi come il premier russo Viktor Cernomyrdin e il vicepremier (ed ex pupillo di Eltsin) Oleg Lobov, ai quali Akchurin aveva praticato dei bypass che sono stati per lui - soprattutto nel caso del vivace ed energico Cernomyrdin - la migliore pubblicità. Ma il primo momento di gloria, forse perfino più grande di quello di ieri, Akchurin l'ha conosciuto nel 1983, quando, a capo di un'equipe di microchirurghi, ha portato a termine con successo un intervento entrato nei manuali di medicina: aveva riattaccato a una bambina di 6 anni, Oksana, il braccio, staccato dal morso di un orso durante una tragica visita allo zoo. Akchurin è infatti specializzato in microchirurgia vascolare e i suoi colleghi dicono che fa miracoli attaccando dita e piedi. Ed è stata la sua bravura che ha spinto Evghenij Chazov, ex medico di Breznev e Andropov, a invitarlo nel suo centro cardiologico come capo del reparto di cardiochirurgia. Era la fine degli Anni 70, la parola «bypass» era appena entrata nel vocabolario dei luminari russi e Chazov aveva mandato Akchurin a Houston, da Michael DeBakey, a imparare la nuova tecnica. Oggi il patriarca della cardiologia americana lo definisce uno dei suoi migliori allievi e dice che, dopo due anni di apprendistato sotto la sua guida, non ha più nulla da imparare. A Mosca Akchurin pratica in media un bypass al giorno. Meno degli altri specialisti russi, ma in compenso usa una tecnica unica al mondo: invece delle solite lenti di ingrandimento che i cardiochirurghi si infilano e che ingrandiscono gli oggetti di 3-4 volte, il chirurgo di Eltsin si infila sulla testa un attrezzo speciale confezionato apposta per lui in una fabbrica di Kazan e che lo fa sembrare un marziano. E' un miscroscopio vero e proprio, fornito anche di una potente lampada che gli permette di vedere bene anche i vasi più sottili. Naturalmente, usa anche b'Sturi speciali, anche questi prodotti a Kazan, sottilissimi e affilatissimi, che gli permettono cuciture di appena uno-due millimetri. Molti colleghi invidiosi l'hanno criticato per questo, accusando Akchurin di voler semplicemente distinguersi dagli altri, ma i risultati della riabilitazione dei pazienti del professore parlano per lui: le microscopiche ferite si rimarginano molto più rapidamente e senza trau¬ mi. Cortese come sempre, ieri Akchurin non si è scordato di ringraziare la sua équipe di dodici persone che lavora con lui da parecchi anni e che lo adora. La sua assistente Elena, che gli sta a fianco nella sala operatoria da ben 16, ne parla con un'ammirazione sconfinata: «E' sempre gentile e non alza mai la voce. Se l'operazione procede senza incidenti chiacchiera piacevolmente e lavorare con lui è molto bello». Uomo di gusti raffinati, in sala operatoria ascolta musica classica (solo però se l'operazione è meticolosa, ma di routine). Recentemente si è appassionato a Luciano Pavarotti, ma per l'intervento di Eltsin ha preferito una «dolce musica classica» per concentrarsi meglio. E quando gli hanno chiesto se era stato difficile operare il presidente, ha risposto: «Ho cercato di non pensarci. Mi sono detto: è solo un mio paziente». [a. z.] «Durante l'intervento ho scelto di mettere come sottofondo brani molto dolci» «Per superare la tensione mi ripetevo: fai fìnta che sia un paziente qualunque»

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