Delitto Augello Un'altra pista

Delitto Augello Un'altra pista Nella sentenza che ha assolto Buonanese Delitto Augello Un'altra pista Per la corte d'assise l'omicidio di Maria Augello, colpita a morte con un coltello la notte fra il 28 e il 29 gennaio 1995, fu volontario e non preterintenzionale come ha ritenuto il pm Giuseppe Fenando nel sostenere l'accusa contro Francesco Buonanese, assolto dagli stessi giudici per quel delitto. Nella motivazione della sentenza la Corte accredita un'altra pista per l'assassinio. «Può dirsi che altri avessero qualche motivo per uccidere l'Augello? I carabinieri e la stessa squadra omicidi della questura - scrive il giudice estensore, Paola Penone ritennero quest'ipotesi assolutamente concreta: già l'ambiente in cui la vicenda si era realizzata portava a mettere in conto l'uso di una violenza omicida. E proprio l'Augello era stata vittima di precedenti aggressioni, legata alla sua doppia veste di prostituta e tossicodipendente; per di più a volte collaborante con le forze dell'ordine e capace anche di truffare i suoi rifornitori di eroina». Maria Augello morì a causa di una massiccia emonagia dovuta «a un'unica ferita del tutto superficiale inferta sul lato sinistro del collo», concluse il dottor Roberto Testi, consulente del pm. L'accusa ne ha ha dedotto che Buonanese la colpì senza accanimento né, tanto meno premeditazione, nella nicchia del garage sotterraneo di via Rattazzi in cui cliente e prostituta si sarebbero appartati per un rapporto orale. La sentenza: «Vi è stato puntamento (e non mero appoggio laterale) del coltello alla gola in una regione notoriamente principe per il passaggio di vasi sanguigni vitali. Né vi è stato alcun movimento improvviso della vittima che potrebbe aver causato l'affondamento non voluto della punta del coltello. Vi è stata invece una vera colluttazione della donna con il suo assassino perché l'Augello ha perso un orecchino (del genere "a buco" e non "a clip") e ha cercato di difendersi, addirittura afferrando la lama con la mano nuda, nel tentativo di evitarne l'affondamento. Una scena, quella che emerge da questi due dati, che esclude totalmente la possibilità che la ragazza fosse inizialmente consenziente a vedersi puntare 0 coltello alla gola (come potrebbe verificarsi in un rapporto sadico consensuale)». Buonanese - violento, riconosciuto colpevole di aver aggredito pochi giorni prima un'altra donna con una forbice - per quella notte si è costruito un alibi non credibile per i giudici: nel pomeriggio un teste, viceversa ritenuto convincente, lo vide in compagnia di Maria Augello sotto i portici di via Nizza. Ma non fu lui ad ammazzarla: lo escludono i test del Dna (sangue, spenna, un capello) e la stessa architettura dell'accusa appoggiatasi sullo dichiarazioni di un confidente della polizia: un «tossico» diventato teste che - si legge nella sentenza - ha progressivamente cercato di rendere compatibili le sue rivelazioni con lo scenario del dehtto. Così si ritorna alle prime indicazioni sul movente dell' omicidio: «Da 4-5 mesi girava nell'ambiente di Porta Nuova la voce che Maria avesse fatto arrestare un tunisino di nome Hamed (27-28 anni, alto 1,80; robusto, con l'occhio sinistro strabico). Maria l'avrebbe fatto arrestare perché costui pretendeva di essere pagato per eroina di scadente qualità; Hamed aveva giurato che gliel'avrebbe fatta pagare. Dopo l'omicidio questo Hamed era sparito». Allora, si individuarono due spacciatori da cui Maria si riforniva, un tunisino e un algerino dal nome incerto (Mahmoud e Sofien), ma non si riuscì né ad identificarli né a rintracciarli. Si capì soltanto che il 29 gennaio erano spariti dal suk della stazione, [al. ga] Francesco Buonanese al momento della assoluzione per l'uccisione della prostituta Maria Augello: ora dalle motivazioni della sentenza emerge la pista della droga