Cinecittà va all'asta la fabbrica dei sogni

Si decide entro FU novembre, c'è chi teme la nascita di una «Telecittà» Si decide entro FU novembre, c'è chi teme la nascita di una «Telecittà» Cinecittà: va all'asta la fabbrica dei sogni ROMA. L' 11 novembre si conoscerà l'avvenire di Cinecittà. C'è chi teme che dal nuovo anno la «fabbrica dei sogni» possa trasformarsi in Telecittà. D'altra parte già adesso, varcando l'ingresso del complesso del Tuscolano, si ha la sensazione di entrare in una moga struttura televisiva. A destra ci sono cartelli che ti conducono negli studios affittati dalla Rai per le sue trasmissioni televisive («Lima Park», «SuperQuark» e «Più sani, più belli») e a sinistra, invece, si va negli studios occupati dalle produzioni Mediaset: «Linda e il brigadiere», «Buona domenica» di Maurizio Costanzo e Fiorello, e i programmi «Tira &• Molla» e «Beato tra le donne» allestiti da Paolo Bonolis. In questi giorni attorno a Cinecittà si sta concretizzando il piano di ristrutturazione dell'Ente Cinema, che non piace al mondo cinematografico italiano, ma che il ministero del Tesoro ha approvato condividendo l'impostazione della holding del Gruppo Cinematografico Pubblico, proprietaria dei terreni e degli studios del complesso del Tuscolano. Entro la prossima settimana dovranno pervenire alla banca d'affari Rothschild le offerte dei partner privati interessati ad entrare nella nuova società che dovrà gestire in futuro i teatri di posa più famosi d'Europa negli Anni Cinquanta. E' previsto che l'Ente Cinema scorpori le sue attività e crei - in compartecipazione con i privati - una società «Cinecittà Servizi» per la gestione degli studios e degli impianti tecnici. Nella nuova società l'Ente Cinema conserverà il 25 per cento delle azioni e il restante 75 per cento verrà diviso tra gli azionisti privati in modo che nessuno possa avere una maggioranza superiore a quella detenuta dalla «capo-gruppo» pubblica. «Non si tratta di privatizzare Cinecittà - sottolinea Giovanni Grazzini, presidente dell'Ente Cinema - ma semplicemente di affittare per qualche anno ai privati i servizi con la speranza che incrementino il fatturato fecondo lavorare di più gli studios». L'arrivo dei privati, nel progetto del governo, dovrebbe preludere al rilancio della «fabbrica dei sogni» che ha visto nascere il grande cinema di Fellini, Rossellini, Visconti, De Sica. «Vorrei che i teatri di Cinecittà diventassero di nuovo la città del cinema», ha detto recentemente Walter Veltroni al «Financial Times». Finora a farsi avanti, ritirando r«information memorandum», sono state una ventina di società. Dapprincipio l'affare sembrava interessante anche per i produttori italiani di «chiara fama», ma poi c'è stata una improvvisa marcia indietro. «Operazioni come queste sono soltanto delle rogne - afferma Vittorio Cecchi Gori - perché la gestione deve essere affidata ad un solo operatore: quando si è in tanti si fa soltanto confusione». «Lo Stato - ribatte Franco Lucchesi, amministratore dell'Ente Cinema - non può consegnare ad un solo privato una struttura che è patrimonio di tutti». E adesso sarebbero rimasti in corsa soltanto ima cordata di piccoli produttori cinematografici e prestigiose protagoniste del panorama televisivo: dalla Rai a Mediaset, dalla francese Canal Plus, che ha recentemente assorbito Telepiù, all'inglese Granada. Contro la privatizzazione, anche parziale di Cinecittà, sono insorte nelle ultime settimane le associazioni degli autori e i sindacati. Gli oppositori del «piano», approvato dal Tesoro, sostengono che dopo le recenti esperienze si rende necessario il trasferimento del controllo del Gruppo cinema¬ tografico pubblico dal ministero del Tesoro al dipartimento dello Spettacolo in attesa della ricostituzione del ministero per le Attività Culturali come c'è in Francia. «Chi auspica, come il ministro Veltroni, che gli Studios di Cinecittà ridiventino la città del cinema - osserva Carmine Cianfarani, presidente dell'associazione delle industrie cinematografiche potrebbe vederli, in tempi brevi, trasformati in studi prevalentemente televisivi». Ernesto Baldo Cinecittà: «casa» del cinema o della televisione?

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