Anche Brecht ha fatto spot di Emanuele NovazioFranco Lucentini

il caso. Scrittori e pubblicità: uno studioso tedesco indaga negli archivi il caso. Scrittori e pubblicità: uno studioso tedesco indaga negli archivi Anche Brecht ha fatto spot E Wedekind esaltava il brodo Maggi BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Abbiamo / sei cilindri e 30 cavalli di potenza. / Pesiamo: 22 quintali. / La distanza fra avantreno e posteriore: / Tre metri. / In curva, come fossimo incollati grazie ad un adesivo. / Il nostro motore: / una spada pensante». Forse perché sedotto dall'affinità fra reclame e rivolta, o perché affascinato dalla somiglianza fra poesia e pubblicità, anche Bertolt Brecht cedette alla lusinga di prestare il suo genio fertile e ribelle alla sfida mercantile. Con risultati forse discutibili, che all'epoca (1928) furono tuttavia molto apprezzati e celebrati dal committente, la fabbrica d'automobili Steyr. La stessa che l'autore di Arturo Ui acclamò - più tardi - come fortunata produttrice di «vetture canore». Quello di Brecht non è il solo esempio di sovrapposizione fra scrittori di professione e pubblicitari, come documenta un saggio di Robert Kuhn appena uscito in Germania [Quando i poeti saivono, Die Stem Bibliothek, Amburgo). Prima - e dopo - di lui si sono cimentati in tanti, nomi illustri alla ricerca di uno sfogo e di una dissimulazione, forse; di una divagazione da una professione qualche volta ingrata; o di una sostanziosa, concreta voluttà. Erich Maria Remarque, per esempio, il celebrato autore di Niente di nuovo sul fronte occidentale, prestò i suoi talenti alla fabbrica di pneumatici Continental: «Hai appena messo i Conti / Ed ecco che la Fortuna si è ben disposta; / quando giocate al tennis, perciò / non rinunciate mai e per niente alle palline Conti». Il più «professionale» - e prolifico - mediatore fra pubblicità e poesia è stato tuttavia Frank Wedekind. E' grazie a lui anzi, e alla disponibilità di Julius Maggi, che - nel 1886 - la reclame si fa sceneggiatura, teatro: «Chiede Frida: "Mamma, anche gli uomini devono imparare a cucinare?". Frau Schulze: "No cara bambina, gli uomini vanno in guerra". Frida: "Allora preferisco essere un uomo". Frau Schulze: "Ma Frida, se vai in guerra ti sparano e ti uccidono". Frida: "Non importa, è così noioso imparare a cucinare!". La madre: "Senti tesoro, quando sarai grande comprerai le minestre pronte Maggi. Non dovrai studiare sui libri di cucina e non dovrai stare ai fornelli"». Negli otto mesi passati al servizio della fabbrica di minestre e dadi da brodo, il futuro autore del Vaso di Pandora - allora poco più che ventenne - scrisse oltre 100 testi, fra pièce in miniatura, rime, inizi di romanzo e riflessioni filosofiche sulle minestre e sulla vita a metà fra parodia ed effetto. Per esempio questo «pensiero in prosa»: «Che cos'è mai l'uomo? La domanda ha avuto le risposte più varie. Platone ritiene che sia un animale a due zampe e senza piume. Ma una differenza fondamentale fra gli animali e l'uomo è che l'uomo si cuoce il cibo. Nei secoli, l'arte di cucinare è diven¬ tata una pratica scientifica: e il frutto più perfetto sono le minestre Maggi». «Eccellente» fu il giudizio personale con il quale Julius Maggi decretò il successo - pubblicitario e commerciale - di questa nota sull'evoluzione gastronomica che, per anni, accompagnò l'azienda svizzera e ne propiziò l'immagine. Minor fortuna ha avuto, più di recente, Hans Magnus Enzensberger: «La corona del volante è imbottita. La sua ampia superficie, così come la leva del cambio reclinata, protegge dai danni di un incidente», diceva il testo scritto per un nuovo modello di Bmw. Ma la rivista per la quale era stato preparato, Transatlantik, ha interrotto le pubblicazioni dopo tre numeri, e dell'inserzione - impreziosita dalla prosa professionale di un poeta - non si è servito più nessuno. Emanuele Novazio Cultura i archivi pot aggi tto oni tra, erò tini Qui sotto Luca Goldoni e, a destra, Carlo Frutterò e Franco Lucentini

Luoghi citati: Amburgo, Germania