Assassinio di un americano di Anna Zafesova

Assassinio di un americano Assassinio di un americano Nel metrò: era un noto uomo d'affari MOSCA NOSTRO. SERVIZIO Era nato nell'Oklahoma, nell'America più vera, ed è venuto a morire sui gradini viscidi di pioggia e sputi della stazione della metropolitana Kievskaja, tra mendicanti, venditori ambulanti e moscoviti che tornavano dalle dacie con le borse piene di patate. Edward Paul Tatum, uno dei più noti im- prenditori americani nel Far East russo, è stato ammazzato domenica pomeriggio nel pieno centro di Mosca, conquistando il triste primato del primo occidentale caduto vittima della mafia russa. Un omicidio commesso con un'audacia incredibile, in pieno giorno, alle 18,10, e in uno dei luoghi più vivaci della capitale, tra la stazione ferroviaria Kievskaja, il mercato e l'albergo di lusso Radis- son-Slavianskaja. Tatum stava scendendo nel sottopassaggio del metrò quando un uomo alle sue spalle gli ha sparato una raffica di mitra. Le due guardie del corpo, rimaste anch'esse ferite insieme con qualche passante, non hanno fatto in tempo a reagire. Un'ora dopo Tatum è morto. Sulle circostanze del delitto per ora c'è poca chiarezza. Le numerose testimonianze sono incerte e contraddittorie. Pare che il killer sia fuggito su una Zhigulì bianca, ma nessuno ne ha visto la targa. L'unica prova in mano alla polizia è il Kalashnikov buttato per terra dall'assassino in fuga: il numero di matricola cancellato, l'arma era anche avvolta in una busta di plastica per evitare di lasciare impronte. Sui motivi per cui qualcuno poteva voler Tatum morto la polizia dice che con il suo caratteraccio irlandese, si era fatto tanti nemici da avere soltanto l'imbarazzo della scelta. Ma la causa evidente dell'omicidio stava alle sue spalle, e Tatum è morto alla sua ombra: 10 Slavianskaja, l'albergo dove va a dormire Bui Clinton quando è a Mosca, con le sue 430 stanze da 300 dollari a notte, con la piscina, i ristoranti, casinò, boutique e i suoi avventori ambigui, dai businessman americani ai mafiosi ceceni. Era in quel cubo di cemento e vetro che l'imprenditore americano - uno dei primi a sbarcare a Mosca nel 1989 in cerca dell'Eldorado - aveva gli uffici del suo «Americom Business Centre», che a sua volta possedeva il 40% delle azioni della società che gestiva l'hotel. Gli altri azionisti sono la catena americana «Radisson», con 11 10%, e il comune di Mosca, con il 50%. Ed era proprio con il maggiore azionista che Tatum aveva ingaggiato una guerra che durava ormai da due anni a colpi di processi, controprocessi e minacce. Sosteneva che i suoi nemici erano non solo gli ex partner russi, ma anche la mafia cecena: il direttore generale dello Slavianskaja, Umar Dzhabrailov, è ceceno, e Tatum disse una volta che aveva trasformato l'albergo ùi una «piccola Grozny». Tatum viveva barricato nella sua camera numero 740 e usciva solo con la scorta. Non si separava mai dal giubbotto antiproiettile e il killer lo sapeva: la tv ha mostrato il corpo all'obitorio, con il cranio devastato e il volto irriconoscibile. Ma nonostante tutto Tatum voleva vincere in modo pulito. Aveva coinvolto l'opinione pubblica americana, attirato l'attenzione dei maggiori giornali Usa. Quando Clinton venne a Mosca aveva inondato l'albergo di volantini che raccontavano la sua battaglia legale e umana. Ieri nel suo ufficio ne è stato trovato uno. Sopra c'era scritto con una matita rossa: «Certificato di morte». Anna Zafesova

Persone citate: Bui Clinton, Clinton, Edward Paul Tatum

Luoghi citati: America, Grozny, Mosca, Oklahoma, Usa