La «scuola torinese» il diritto e la politica di Gad Lerner
La «scuola torinese» il diritto e la politica La «scuola torinese» il diritto e la politica DAL CSM ALL'ANTIMAFIA CON Guido Neppi Modona che oggi fa ingresso per nomina del Presidente della Repubblica nella Corte Costituzionale insieme a Fernanda Contri e Alberto Capotosti, si rinforza ulteriormente il drappello dei piemontesi impegnati ai più alti livelli nel campo dell'amministrazione della Giustizia italiana. Questa osservazione in apparenza banale e mediocremente campanilistica, assume contorni più direttamente politici se diamo retta alla polemica scatenata da Silvio Berlusconi e proviamo a mettere in fila dei nomi. Sarà pure una forzatura cominciare dal magistrato novarese Oscar Luigi Scalfaro, deputato fin dai tempi della Costituente, ma non è certo un segreto per nessuno che molti dei nomi successivi dell'elenco possono considerarsi assai vicini a quello del Capo dello Stato. E a quello di un altro ex magistrato torinese, Luciano Violante, che oggi regge la presidenza della Camera col piglio sicuro di chi vuole ripristinare il primato della politica sul potere giudiziario, ma che può permetterselo anche per la credibilità di cui gode tra i magistrati pili impegnati. Primo fra tutti, Giancarlo Caselli, torinese alla guida della Procura di Palermo, candidato ad altri incarichi-chiave tra Roma e Milano, ma soprattutto artefice di una proposta di conciliazione tra giudici e politici nel segno di una legalità ripristinata e di una lotta comune alla criminalità e alla corruzione. Non ci si stupisca se a questo punto inseriamo pure il nome di un sacerdote come Luigi Ciotti, fondatore a Torino del Gruppo Abele, quale protagonista in forte sintonia con Violante e Caselli di una generosa battaglia culturale contro la mafia. Il passo successivo è prendere in considerazione il ruolo di due fratelli torinesi, Vladimiro e Gustavo Zagrebelsky. Il primo, magistrato, è oggi membro del Consiglio superiore della magistratura. Il secondo, docente universitario nonché saggista [Il diritto mite, Il crucifige e la democrazia, Einaudi) e editorialista della «Stampa», siede da un anno nella Corte Costituzionale. Dove lo raggiunge adesso Guido Neppi Modona, un altro professore torinese che dovrà sacrificare per nove anni alla tradizionale riservatezza cui sono vincolati i membri della suprema Corte la ben nota, intensa attività pubblicistica e di impegno civile. E' impossibile dimenticare, infatti, che fino a ieri Neppi Modona presiedeva il Comitato per la Costituzione «Cittadini, non sudditi», sorto dopo un appello lanciato il 25 aprile del '94 da don Giuseppe Dossetti. Si trattava di un vero e proprio allarme conseguente alla vittoria elettorale di Berlusconi e Fini: il sacerdote, ma con lui anche i fondatori dei Comitati cui fino a ieri Neppi Modona aderiva, paventava uno stravolgimento della nostra carta costituzionale in senso autoritario. Ecco allora la strenua opposizione al presidenzialismo, e l'impegno comune a divulgare la conoscenza della Costituzione come patto di unità nazionale che deve legare tutti i cittadini. Ultima filiazione del Comitato: la Scuola di formazione civile e politica diretta da Nicola Tranfaglia, cinquanta pubblici amministratori iscritti col numero chiuso, corsi di quest'anno inaugurati da Eugenio Scalfari e chiusi da Carlo Donolo. Riproponiamo allora la domanda. Esiste una «scuola torinese» che oggi arriva ad as- sumere un ruolo cruciale nell'amministrazione della Giustizia italiana? Dal versante conservatore dello schieramento politico e culturale, gli strali polemici sono da tempo puntati contro il «potere legittimante» in campo accademico, politico, istituzionale, della cultura azionista piemontese, i cui avi vanno rintracciati nel liberalismo di sinistra di Piero Gobetti, la cui influenza si riverbera sull'oggi grazie a grandi vecchi come Norberto Bobbio e Alessandro Galante Garrone. Possibile che, per estensione, la medesima polemica s'inoltri nel campo della Giustizia? Come gli Zagrebelsky, anche i Galante Garrone sono due fratelli, Alessan¬ dro e Carlo, impegnati da decenni per l'autonomia e la laicità dell'amministrazione giudiziaria. E il «mite giacobino» Alessandro, di cui sono noti l'amicizia con il presidente Scalfaro e il rapporto quasi paterno con molti magistrati impegnati contro la corruzione e la mafia, oggi replica con orgoglio: «Chi parla di lobby non ha capito niente, perché qui c'è un filo comune che precede e oltrepassa le appartenenze politiche. Certo, conta il legame con la tradizione antifascista, ma nell'ambito di un'apertura ai problemi della società e di una tradizionale, combattiva autonomia nei confronti delle sopraffazioni governative». Ecco venir fuori i padri spirituali di tale tradizione. Si va dal suocero di Galante Garrone, Domenico Riccardo Peretti Griva, che riuscì a evitare il giuramento di fedeltà alla Repubblica di Salò per sé e per gli altri magistrati a lui sottoposti; fino a Mario Carassi, il consigliere istruttore che guidava i primi passi di Violante e Caselli; e a Bruno Caccia, il Procuratore assassinato dalla mafia. Toghe Rosse? Magistratura politicizzata? Il caso torinese è decisamente più complesso: basta esaminare la funzione che stanno assumendo oggi, dentro la crisi aperta tra potere politico e potere giudiziario, gli uomini più in vista del¬ la «scuola torinese», pur con forti differenze al loro interno. Rispetto a una tradizione milanese di più marcata rottura e contrapposizione col mondo politico, e rispetto viceversa alla subalternità più volta rivelata dai giudici romani nei confronti del Palazzo, qui si assiste a un tentativo di sintesi: l'azione prevede la compresenza del diritto" e della democrazia, protagonisti di un unico disegno di trasformazione. Politica e Giustizia a braccetto, ma distinguendo bene ruoli e poteri. Chissà che i «torinesi» non siano davvero gli uomini della possibile mediazione. Gad Lerner Galante Garrone: chi parla di lobby non sa nulla c'è un filo comune che oltrepassa la politica aperto alla società, combattivo col governo Sopra: Luciano Violante con Giancarlo Caselli e Alessandro Galante Garrone con Norberto Bobbio Qui accanto, da sinistra: Vladimiro e Gustavo Zagrebelsky
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