Firenze, il Gico fa quadrato di Giovanni Bianconi

DETECTIVES SOTTO TIRO Firenze, il Gico fa quadrato «Troppo lavoro per polemizzare» DETECTIVES SOTTO TIRO FROMA IGURIAMOCI se andiamo dietro alle polemiche dei gior::nali....Noi..qiu' abbiamo da lavorare, e tempo da perdere non,ce n'è». L'ufficiale del Gico di Firenze è n sbrigativo, nel liquidare Jo scontro con Di Pietro e il pool di Mani pulite. E' uno dei sei o sette uomini che partecipano direttamente all'inchiesta della Spezia su Pierfrancesco Pacini Battaglia, e da quasi due mesi lui e i suoi colleghi sono nell'occhio del ciclone. Ma le polemiche con la Procura di Milano, dice l'ufficiale, non lo interessano: «Siccome sappiamo che quello che si dice non è vero, che abbiamo fatto tutto nel più assoluto rispetto delle regole e della legalità, siamo non tranquilli, ma tranquillissimi». Gico vuol dire Gruppo interprovinciale di investigazione sulla criminalità organizzata. E quello di Firenze è uno dei 14 sparsi nelle varie regioni, alle dipendenze dello Scico, il Servizio centrale di investigazione sulla criminalità diretto, a Roma, dal generale Iannelli. In Toscana gli uomini del Gico sono ventotto, lavorano al secondo piano del comando della Finanza, nel centro di Firenze, agli ordini del colonnello Giuseppe Autuori. In quelle stanze sono state ascoltate le centinaia di ore di registrazione dei colloqui di Pacini Battaglia; e sempre lì sono stati redatti i rapporti con le frasi su Mani pulite che non avrebbe scalfito il sistema della corruzione, che avrebbe trattato alcuni indagati meglio di altri. «Quello che abbiamo scritto sono solo constatazioni oggettive e obiettive», insiste l'ufficiale. Nel frattempo escono nuovi scampoli di rapporti, dove si parla delle «coperture» della maxi-tangente Enimont da 5 miliardi in favore di Lorenzo Necci, finito in carcere sulla base di quelle stesse pagine. E la risposta che si ottiene dai detectives delle Fiamme gialle toscane è sempre la stezza: «Constatazioni oggettive». Da Roma invece, il generale Iannelli è disposto ad una ammissione: «Forse certe considerazioni su Mani pulite si potevano evitare». Ma subito dopo precisa: «Non si voleva dire che Mani pulite ha favorito qualcuno, ma che nonostante l'opera meritoria del pool abbia inciso in maniera così rilevante, purtroppo, il fenomeno della corruzione è ancora presente. Il giudizio negativo non è su Mani pulite, ma sulla corruzione che continua». Nonostante rilievi e precisazioni, comunque, gli ufficiali e sottufficiali del Gico fiorentino lavorano in piena sintonia col comando di Roma. E in assoluta segretezza. Per l'indagine su Pacini, nata dalla costola dell'inchiesta su un traffico di auto rubate che ha portato all'arresto di ventotto persone e al sequestro di 15.000 chili di tabacchi lavorati esteri, il riserbo è stato più forte del solito. Per qualche giorno, alla vigilia degli arresti del 15 settembre, il «cordone sanitario» ha riguardato perfino il generale Iannel- li, che fino a quel momento era stato informato degli sviluppi dell'indagine. «Sapevamo - racconta il comandante dello Scico -, dal tenore di alcune intercettazioni, che Pacini aveva rapporti con molti personaggi, anche di livello istituzionale, e chissà dove si andava a parare. Ma per noi sono tutti uguali, non è che ci possiamo fermare davanti a qualcuno. E abbiamo continuato». Le regole ribadite pure dal ministro delle Finanze impongono che delle operazioni di polizia giudiziaria svolte alle dipendenze dei magistrati non venga informato nemme¬ no il comando generale. «Io avevo l'obbligo di non riferire», dice Iannelli. Finché la bomba non è scoppiata. Ma tra gli investigatori del Gico sembra che non sia scoppiato proprio niente. Loro continuano a lavorare sulle intercettazioni ambientali e telefoniche, a sfornare rapporti. Come quel migliaio di pagine dedicate alle «coperture giudiziarie» di Pacini Battaglia, consegnate alla Spezia la scorsa settimana. Tutto lavoro di quella mezza dozzina di uomini che cominciarono ad ascoltare i discorsi del ban¬ chiere italo-svizzero quasi uri anno fa. Prima dell'inchiesta sulle auto rubate ci fu quella sull'ormai famoso Autoparco milanese, che creò più di un problema, sempre con la Procura guidata da Borrelli, che oggi dice di non voler esprimere valutazioni su Gico e Scico. Ma allora il Gico fiorentino era diretto da un altro colonnello. Qualche investigatore dell'epoca, invece, oggi si ritrova nella «squadretta» che scava nei segreti di Pacini e della sua lobby. «Nessuna ruggine e nessuna vendetta per quella vicenda», dicono i finanzieri toscani, ma a difendere l'inchiesta sull'Autoparco ci pensa ancora ima volta il loro comandante centrale, Iannelli: «Quell'operazione è stata ima delle più importanti mai fatte in Italia contro la criminalità organizzata; se problemi ci furono con i magistrati di Milano furono per le dichiarazioni di un pentito che i nostri ufficiali non potevano non raccogliere e riferire ad altri magistrati, anche se a me per primo sembravano infondate. Noi siamo benemeriti nei confronti dello Stato, altro che storie». Giovanni Bianconi

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