Il giudice Crivelli resta

Il giudice Crivelli resta Il giudice Crivelli resta No alla richiesta di Berlusconi IL MAGISTRATO RICUSATO MILANO. Resta al suo posto Carlo Crivelli, il presidente del tribunale che sta processando Silvio Berlusconi: la corte d'appello ha respinto l'istanza di ricusazione. Resta al suo posto, ma dalle quindici pagine dell'ordinanza la sua immagine di magistrato esce a pezzi. Scrivono i giudici: «Il presidente Crivelli ha perso molto di quel prestigio che l'alta e delicata "Funzione giudicante" dovrebbe sempre conservare... Perso prestigio il Crivelli avrebbe fatto bene, per ridare la dovuta serenità alla vicenda processuale, ad "astenersi", consapevole del fatto che comunque il germe del dubbio era stato ormai da lui stesso diffuso e che egli ormai era divenuto soggetto passivo di ben quattro istanze di ricusazione». «Un giudice dimezzato, perché ormai ha perso credibilità»: così lo definisce Ennio Amodio, avvocato di Silvio Berlusconi che, assieme ai difensori di altri tre imputati (Paolo Berlusconi, Massimo Maria Berruti e Alfredo Zuccotti) aveva presentato l'istanza di ricusazione. Istanza - preannuncia - che adesso riproporrà in Cassazione, «dove confidiamo che i giudici compiano quel passo definitivo (cioè l'allontanamento del presidente Crivelli) che la corte d'appello non ha avuto il coraggio di fare». Amodio parla anche di «una specie di assoluzione per insufficienza di prove». Ed effettivamente i giudici scrivono: «Se è consentito per un momento assimilare, in astratto e per assurdo, la condotta del ricusando ad un illecito penale la sentenza non poteva che essere di assoluzione con formula dubitativa». La prova che manca, per i giudici della corte d'appello, è che con l'uso «di un'espressione di ripugnante memoria storica» (la definizione si legge nella sentenza) il presidente Crivelli abbia voluto preannunciare un giudizio colpevolista. La frase mcriminata era la seguente: <:E, dobbiamo dirla, è la tecnica del bastone e della carotasi cerca di utilizzarla al massimo», pronunciata da Crivelli alla fine dell'udienza del 18 settembre scor¬ so nel dialogo con il pm Gherardo Colombo. Ma l'argomento del colloquio era specifico: il calendario delle udienze, e il presidente aveva appena accettato una richiesta della difesa. «Non sembra molto credibile osservano i giudici - che un presidente di sezione del tribunale, alle prese con un delicatissimo processo, abbia potuto rivelare in modo tanto maldestro e puerile la propria intenzione di mascherare con la blandizie della "carota" in ambito ordinatorio (riguardante l'organzzazione del dibattimento) l'intenzione di poi adoperare il bastone in campo decisorio» (cioè per la sentenza). Ma allora cosa significava, secondo i giudici, quella frase di Crivelli? La loro interpretazione è tutt'altro che benevola. Scrivono che quel colloquio con Colombo, rivelando «una grave caduta di stile del Presidente», sembra «una sorta di assoluzione morale chiesta a un pubblico ministero prestigioso». Un colloquio «tanto più sgradevole in quanto rivelatore di una parti¬ colare confidenza cercata proprio dal presidente nei confronti del rappresentante della pubblica accusa». I giudici si chiedono poi se il caso contrario (simile confidenza a un avvocato) sarebbe potuto accadere: «E' difficile dare una risposta affermativa. Con tutta evidenza il Crivelli si è sentito idealmente più vicino al pm che al difensore di qualche imputato». Intanto ieri al processo, i grandi manager del gruppo hanno ribadito la loro piena autonomia nella gestione. La difesa sostiene che Berlusconi non sapeva nulla dei 300 milioni che sarebbero stati pagati alla Guardia di Finanza. La prossima udienza è stata fissata per l'I 1 novembre con le testimonianze, tra gli altri, di Galli ani, Confalonieri e DeU'Utri. [s. mr.j li giudice Carlo Crivelli

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